Opposizione all’attacco anche in Sicilia: “Crocetta si dimetta”. Ma Baccei dovrebbe farlo prima…

5 dicembre 2016

Si chiedono a gran voce le dimissioni del Presidente della Regione. Giusto: servo di Renzi, gli ha consentito tutto contro la Sicilia. Ma a lui penseranno i Siciliani che ieri hanno mandato un segnale preciso. Intanto, dovrebbe dimettersi l’assessore-commissario che è diretta espressione del Governo Renzi e che alla Sicilia ha dedicato una macelleria sociale in stile Grecia…

The day after: all’indomani della bomba del voto che in Sicilia ha travolto la riforma costituzionale e il PD di Renzi, i partiti dell’opposizione cantano vittoria e chiedono anche la testa del Presidente della Regione, Rosario Crocetta:

“Il risultato del referendum in Sicilia non è solo la bocciatura del governo Renzi, ma, soprattutto, del suo maggiore sponsor nell’isola: il governo del Pd e di Rosario Crocetta. Adesso dimissioni e parola ai cittadini, c’è da rimettere una Sicilia al lavoro e non può farlo chi ha perso in maniera così sonora” dice il gruppo del M5s all’Assemblea regionale siciliana.

Ma non è il solo: “Chi ha esposto le istituzioni e ha perso ne tragga le conseguenze. Vale anche per Crocetta” dichiara Nello Musumeci, leader del movimento #diventeràbellissima. Che aggiunge: “Se a Roma si terranno elezioni anticipate, anche qui dovremmo fare lo stesso”.

Interviene anche Alessandro Pagano, il deputato della Lega dei Popoli- Salvini: “Il fallimentare governatore Crocetta, che ricordo fu eletto con il voto di un siciliano su sei e che si è speso a favore del referendum, dovrebbe prendere atto di questo giudizio netto e politico del popolo e rassegnare le dimissioni, così come da parte sua ha annunciato Renzi. Anche il Pd renziano, da Faraone a Raciti, ha fallito su tutta la linea. Palermo e il governo regionale meritano subito un cambio di marcia per ripartire”.

Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars afferma: “Il voto del referendum ci consegna un profondo desiderio di cambiamento, che va nella direzione contraria da quella indicataci da una riforma rabberciata. Inoltre, il plebiscito del No nella nostra terra, non indica soltanto l’insostenibilità della proposta riformatrice, ma evidenzia anche la scarsissima qualità dell’azione di governo sull’Isola, del Partito Democratico, dell’NCD e dei centristi di D’Alia”.

Per Massimo Fundarò di Sinistra italiana, sul banco degli imputati c’è il trasformismo: ” Gli Italiani, con questo straordinario voto popolare, hanno dato due segnali precisi: hanno bocciato, in maniera inequivocabile, la riforma costituzionale di Renzi, difendendo la Costituzione nata dalla Resistenza, e hanno detto no al partito della Nazione: il progetto politico di Renzi di costituire un partito centrista, neodemocristiano, filo-banche e Confindustria. Un’ operazione da novello “gattopardo” che parlando, fintamente, di rottamazione, aveva imbarcato gli Alfano, i Verdini e gli eredi di Cuffaro”. “In Sicilia- continua il deputato di Sinistra Italiana-  questo trasformismo ha avuto la sua plastica rappresentazione nel parterre che ha acclamato Renzi al Politeama nella giornata di chiusura della campagna elettorale.I siciliani hanno compreso, più degli altri, questa mistificazione e lo hanno testimoniato con una delle percentuali più alte d’Italia. Noi di Sinistra Italiana ripartiamo da questo straordinario risultato per costruire un’ alternativa di governo anche in Sicilia”.

E, il governatore, come al solito si arrampica sugli specchi: “Dimettermi? Chi lo chiede strumentalizza il voto. – dice Crocetta – Credo che in Italia se c’è qualcuno che non viene scalfito dall’esito del referendum sia proprio io. Non ho mai attaccato il fronte del ‘No’, sono stato leale nei confronti del segretario del mio partito ma non penso di essere stato tra i falchi del Sì”. Ma ha dichiarato apertamente che avrebbe votato Sì, è stato sempre in prima fila nell’accogliere Renzi, lo ha sempre accontentato in tutto, anche contro l’interesse dei Siciliani. Basti ricordare il vergognoso accordo Stato-regione che vi abbiamo ricordato in questo articolo in cui vi parliamo dell’assoluta e paradossale solitudine di una Sicilia che a Roma è ampiamente rappresentata.

Ma su una cosa, Crocetta non ha torto: “Paradossalmente – dice il governatore a la Sicilia- il mio governo sarebbe stato messo in discussione da pezzi della maggioranza se avesse vinto il Sì. Penso a cosa avrebbero urlato i renziani di Sicilia. Ma io rispetto sempre tutti, non cerco vendette con i renziani di Sicilia, anche se ci sono stati problemi. In questo momento non mi faccio prendere la mano”. Nel Governo Crocetta gli esponenti renziani sono tre: Alessandro Baccei all’Economia, Baldo Gucciardi alla Sanità e Vania Contraffatto all’Energia. La responsabilità dello sfascio in cui versa la Sicilia va equamente divisa e Crocetta, a prescindere da quello che dice, non è dispensato.

Ma, a nostro modesto avviso, chi dovrebbe dimettersi ancora prima di Crocetta – che comunque farà i conti con i Siciliani alle prossime elezioni e non può certo illudersi di non pagare la sua sudditanza a Renzi- è Alessandro Baccei, diretta espressione del Governo Renzi in Sicilia, responsabile della politica economica di macelleria sociale che ha portato la Sicilia a livello della Grecia, promotore di mutui che strozzeranno i Siciliani per i prossimi 40 anni, complice del Governo nazionale nello smantellamento dei diritti finanziari sanciti dallo Statuto (leggasi tributi che spetterebbero alla Sicilia e che trattiene Roma), promotore della chiusura di partecipate regionali che saranno soppiantate, con ogni probabilità, dai privati (ci saranno anche i suoi ex soci della Ernst &Young?), regista, insieme con Faraone e con il Ministero dell’Economia, del famigerato accordo Stato-regione che ha portato la nostra Regione a rinunciare ai contenziosi con lo Stato, alias soldi che la Sicilia poteva incassare dai pronunciamenti favorevoli della Corte Costituzionale sulle controversie con lo Stato. In una parola, rappresentante in Sicilia di quelle politiche liberiste e di austerity sperimentate dai suoi mandanti a livello nazionale ed europeo.

Prima lui, agli altri penseranno i Siciliani alle urne. Manca poco. E il segnale che è arrivato ieri è chiarissimo.

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