La legge Madia è incostituzionale: quindi anche il ‘Patto scellerato’ Renzi-Crocetta del giugno scorso è nullo

27 novembre 2016

L’accordo firmato dal ‘genio’ della Sicilia, al secolo Rosario Crocetta, è nullo perché recepisce la legge nazionale di riforma della pubblica amministrazione che è stata dichiarata incostituzionale. Dunque anche la riscrittura truffaldina delle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto è nulla. Il Governo Renzi poteva legiferare sulla scorta di una legge sulla quale si sarebbe dovuta pronunciare la Corte Costituzionale? No. E la prima istituzione che avrebbe dovuto impedire uno scempio del genere avrebbe dovuto essere la Presidenza della Repubblica, rimasta silente. Renzi e i suoi hanno dimostrato di essere dei dilettanti allo sbaraglio. Personaggi del genere, con in testa Renzi, dovrebbero cambiare la Costituzione del nostro Paese? Ma finiamola! 

Quod null est, nullum producit effectum! Ciò che è nullo non produce alcun effetto!

E’ mai possibile che il Governo nazionale, i suoi uffici legali, i suoi consulenti non conoscano questa grande verità? Leggete e saprete che è proprio così!

La riforma della pubblica amministrazione che porta il nome della ministra Marianna Madia è incostituzionale. Motivo: lede l’autonomia delle Regioni. Così ha stabilito la Corte Costituzionale. I quattro punti della riforma ‘cassati’ dalla Consulta riguardano la dirigenza, le società partecipate, i servizi pubblici locali e l’organizzazione del lavoro. Resta da capire – e questo è veramente un mistero – come mai il Governo Renzi è andato avanti – producendo una serie di Decreti attuativi della stessa legge Madia, senza prima attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale. Interrogativo che non risparmia nemmeno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, docente universitario di materie giuridiche e già giudice costituzionale.

Come mai il capo dello Stato non ha fermato il Governo Renzi, imponendogli di attendere il pronunciamento della Consulta? 

Insomma, in questa incredibile storia, di bon ton istituzionale non ce n’è stato tanto. Anzi. Ricordiamo che la legge Madia è stata subito oggetto di polemiche. Le perplessità non sono mancate sin dai giorni subito successivi all’approvazione di questo discusso provvedimento. Che è stato impugnato dal Governatore della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. In effetti, a volerla dire tutta, ci si aspettavano impugnative anche da parte di altre Regioni del nostro Paese. Ma non sono arrivate. Poco male, perché a far saltare tutto l’impianto è bastato il ricorso della Regione Veneto. Con effetti devastati anche in Sicilia, di cui diremo in seguito.

Con la sentenza numero 251 fresca di qualche giorno la Corte Costituzionale, come già ricordato, ha ‘cassato’ la legge delega Madia (la numero 124 del 2015), creando un terremoto istituzionale e politico. Perché a cadere come birilli, con un effetto domino, sono adesso tutti i Decreti attuativi della legge adottati inopinatamente dal Governo con l’avallo di tante, forse troppo ‘autorità’ silenti.

Il presidente del Consiglio, che ha più volte dimostrato di non andare tanto per il sottile, fino a sembrare un prepotente, avrebbe voluto riformare l’assetto pubblico solo “previo parere” e non “previa intesa” con le Regioni, calpestando il titolo V della Costituzione che, non a caso, lo stesso Renzi vorrebbe stravolgere con la riforma costituzionale che sarà oggetto – anche su questo versante – del referendum del 4 dicembre.

Per dirla in breve, in materie come dirigenti della sanità, gestione delle società partecipate dei Comuni, servizi locali, trasporti, gestione dei rifiuti e illuminazione le Regioni e lo Stato debbono procedere di concerto.

Di fatto, decadono tre dei quattro decreti delegati varati dal Governo. Dal marasma si salva solo il testo unico del pubblico impiego: e si salva solo perché il provvedimento non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri (c’è tempo fino a febbraio del prossimo anno). Niente da fare, invece, per i provvedimenti che riguardano i dirigenti, le società partecipate e i servizi pubblici, che dovranno essere riscritti con il concerto delle Regioni.

Ribadiamo: sono tanti gli interrogativi che pesano su una storia che definire incredibile è poco. Per esempio: perché impegnare, per quasi un anno, risorse, uffici e professionalità per ottenere, alla fine, un nulla di fatto? Quanto è costato tutto questo sforzo alla collettività? Domande legittime per un Governo che vorrebbe ‘risparmiare’ riducendo le società collegate dei Comuni. Un esecutivo che, invece, ha perso tempo e risorse. Con la prospettiva, come già ricordato, di ricominciare tutto dall’inizio, nel rispetto dettato costituzionale che fino ad oggi ha ignorato.

Come mai il Governo non ha atteso il pronunciamento della Corte Costituzionale? Lungi da noi l’idea che a palazzo Chigi pensavano che, alla fine, la legge Madia sarebbe passata indenne dal giudizio della Consulta: un’ipotesi del genere lascerebbe configurare un pronunciamento ‘addomesticato’: cosa impossibile, sia perché la Corte Costituzionale non si piegherebbe mai a un tale disegno, sia perché un tale disegno sarebbe fuori dalla grazia di Dio: e noi, pur non pensando bene di questo Governo, non riusciamo nemmeno a immaginare che Renzi possa anche lontanamente pensare a un’ipotesi del genere.

Molto più verosimilmente, si tratta di uno scivolone legato al fatto che Renzi, al di là di quello che vorrebbe far credere, è, in realtà, un dilettante allo sbaraglio circondato da dilettanti allo sbaraglio. Perché, diciamolo con chiarezza: soltanto dei dilettanti allo sbaraglio possono offendere la Corte Costituzionale legiferando – peraltro su temi cruciali per il nostro Paese – sulla base di una legge che deve ancora passare dal vaglio della stessa Consulta.

Non è una leggerezza: è un errore tipico di chi non conosce – o conosce poco e male – la ‘macchina’ dello Stato.

Il problema serio è che il Governo Renzi ha trascinato in questa storia poco edificante anche altre autorità dello Stato: a cominciare, come già ricordato, dalla Presidenza della Repubblica.

Andiamo alla Sicilia. Il ‘genio’ della Sicilia odierna, al secolo Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, lo scorso 20 giugno ha firmato con Renzi il secondo ‘Patto scellerato’ con dentro il recepimento della legge Madia.

Certo, il Parlamento siciliano avrebbe dovuto insorgere, perché il recepimento di una legge nazionale, in Sicilia – Regione a Statuto speciale – non spetta al Governo, ma al Parlamento dell’Isola. Ma l’Assemblea regionale siciliana, gestita da ascari a 24 carati, non ha ‘pipitiato’. Anzi, la commissione Bilancio e Finanze dell’Ars ha approvato il secondo ‘Patto scellerato’ Renzi-Crocetta; che è stato poi approvato dalla maggioranza della stessa Sala d’Ercole.

Sulla scorta dell’approvazione del Parlamento siciliano a maggioranza ascara, il Parlamento nazionale ha ‘infilato’ il ‘Patto scellerato’ atto II in una legge nazionale. E lo sta codificando anche nella legge nazionale di stabilità che andrà in discussione al Senato la prossima settimana.

Peccato che, nonostante gli ascari del Governo e del Parlamento siciliano, il ‘Patto scellerato’ Renzi-Crocetta sia da considerarsi nullo perché imperniato su una legge dichiarata incostituzionale.

Quindi è tutto nullo: compresa la riscrittura truffaldina delle norme di attuazione relative all’articolo 36 dello Statuto.

A questo punto ci sembra importante che, la prossima settimana, tutti i senatori eletti in Sicilia – a prescindere dal colore politico – proprio alla luce dell’incostituzionalità della legge Madia, blocchino il ‘Patto’ Renzi-Crocetta ormai nullo.

Detto questo la considerazione finale. E ci rivolgiamo non soltanto ai nostri lettori, ma a tutti gli italiani. Renzi e i suoi ministri hanno dimostrato di essere dei dilettanti allo sbaraglio, coinvolgendo in questo scivolone anche alte autorità, con in testa il Quirinale: possono, personaggi del genere, dopo aver dimostrato tale incapacità istituzionale e politica, cambiare la Costituzione del nostro Paese?

La risposta è No. Ed è anche per questo che, il 4 dicembre, dobbiamo votare tutti No.

 

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