La proposta: come proteggere i prodotti agricoli siciliani tutelando o consumatori

24 agosto 2016

Qualità e genuinità dei prodotti. Marchio con la scritta “Prodotto in Sicilia”. Controlli su tutti i prodotti che arrivano nella nostra Isola. Rispedendo al mittente grano, ortofrutta e altri prodotto agricoli con alte percentuali di pesticidi. E una corretta informazione. Non ci vuole molto per difendere i nostri prodotti. I Siciliani, se correttamente informati, sarebbero disposti a pagare di più i prodotti siciliani

Una volta chiarito che la difesa dei nostri prodotti è un dovere che nasce dallo Statuto siciliano (come vi abbiamo illustrato qui) tutto  diventa  solo questione di volontà. Meglio, di volontà sinergiche, tese allo stesso fine. La volontà  dei  produttori e dei commercianti in primo luogo. Una volontà che deve indicare la strada da percorrere, suggerire rimedi e soluzioni; e la volontà politica che, dopo avere ascoltato e valutato, deve approntare gli strumenti necessari per tradurre in azioni coerenti quelle indicazioni.

Il primo problema che si presenta è la perifericità della Sicilia rispetto ai circuiti commerciali, una perifericità sempre considerata un handicap. Bisogna fare in modo che, nel  caso dei prodotti alimentari (affronteremo più avanti le altre questioni legate agli altri fattori della produzione), questa perifericità si trasformi in  rendita di posizione e quindi in opportunità. Dobbiamo ragionare in modo che la seguente affermazione, piena di  logica: ”Non può  esserci concorrenza tra un prodotto fatto in Sicilia e uno che viene  da Bolzano”, diventi il motore di un nuovo modo di pensare e agire.

Perché però la perifericità diventi un vantaggio, occorre che si verifichino più condizioni.

Prima condizione: i nostri prodotti devono essere  migliori di quelli prodotti fuori dalla Sicilia.

Siamo in grado di farlo? Io dico di sì. In molti settori siamo già più avanti. Che cosa occorre dunque perché si riesca pienamente nell’impresa?

Il concetto di miglior prodotto si sviluppa attraverso due processi comparativi, il primo tra qualità intrinseche dei prodotti (proprietà nutritive e organolettiche), il secondo sulla genuinità dei prodotti.

Fin qui la parte degli attori della produzione.

Veniamo ai doveri della politica e alla seconda condizione.

La difesa del prodotto sta nella definizione normativa e regolamentare degli elementi di qualità e genuinità dei prodotti, che devono essere più elevati rispetto ai parametri europei. Occorre quindi apprestare elementi scientifici e oggettivi di valutazione, comparazione e controlli dei prodotti siciliani e non siciliani.

Terza condizione: il prezzo dei prodotti. ll consumatore siciliano deve essere informato e potere scegliere consapevolmente tra un prodotto non siciliano venduto a basso prezzo, ma di scarsa qualità, ed un prodotto venduto ad un prezzo che sia il risultato di un rapporto economico corretto.

Insomma il marchio “Prodotto in Sicilia” deve diventare un richiamo irresistibile.

Chi potrebbe contestare agli organi regionali il potere di indagine, ad esempio, sul grano proveniente da Stati esteri? E  così sull’olio extra vergine di oliva, sugli agrumi e su tutto quanto costituisce storicamente l’essenza della produzione agricola siciliana?

Chi potrebbe parlare di violazione del divieto di concorrenza se venisse rispedito al mittente un grano pieno di glifosato o di micotossine?

Dirò di più: chi avrebbe un interesse commerciale a fare viaggiare per migliaia di chilometri i propri prodotti, sapendo che, grazie ad una nostra politica onesta, intelligente e lungimirante saranno fuori mercato?

Come si vede, per difendere la nostra agricoltura ci sono strumenti più efficaci che andare in giro promuovendo  bandi e interventi come fossero i santini del parroco e promettendo e ammiccando a destra e a manca.

 

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