L’Ars approva la legge elettorale: la strategia del PD e il ‘suicidio’ di UDC e Nuovo Centrodestra

9 agosto 2016

La legge elettorale per i Comuni approvata segna una profonda spaccatura tra maggioranza di centrosinistra e opposizioni. Non è una legge di tutti, ma di alcuni. E’, soprattutto, la legge del PD siciliano, che ormai gioca in difesa e, cosciente di andare incontro a disastri elettorali, cerca quanto meno di ‘stringere’ sui sindaci. Non si riesce a capire che cosa ci guadagneranno UDC e alfaniani

I deputati del PD e dell’UDC – più i parlamentari di Sala d’Ercole che in questi anni si sono avvicinati al Governo in cambio di benefici e prebende – hanno approvato la legge elettorale dei Comuni. Contrariamente a quanto dovrebbe avvenire quando si parla di argomenti che riguardano tutti – quando c’era la politica si chiamavano questioni istituzionali – la legge elettorale varata stasera dal Parlamento siciliano è stata approvata con il consenso di una sola parte politica: guarda caso, quella parte politica – il centrosinistra – che in Italia e in Sicilia hanno perso di recente le elezioni comunali.

Questa legge, che è esagerato definire riforma, rappresenta il tentativo, messo in campo da uno schieramento politico perdente su tutta la linea – dai disastri del Governo Renzi, grande sconfitto alle ultime elezioni, ai disastri del Governo regionale di Rosario Crocetta – di provare a contenere le prossime sconfitte elettorali.

Insomma, il PD e l’UDC della Sicilia, sempre meno seguiti dagli elettori, giocano in difesa. Danno per scontato che perderanno alle elezioni regionali del prossimo anno. E stanno provando a limitare i danni, riducendo la libertà di azione dei sindaci nelle città dove il centrosinistra è ancora presente e potrebbe vincere.

Un esempio su tutti: il Comune di Palermo. Il PD sa che l’unico candidato che può tornare a vincere il prossimo anno è il sindaco uscente, Leoluca Orlando: da qui le azioni, messe in campo con questa legge, per limitarne la libertà e condizionarne le scelte.

Al di là del nervosismo dei vari Orlando, Enzo Bianco (sindaco di Catania), Renato Accorinti (sindaco di Messina), la mossa, vista dal punto di vista del PD, non è sbagliata. In questo momento la stragrande maggioranza dei Comuni della Sicilia è amministrata dal centrosinistra. Le elezioni comunali non sono sovrapponibili a quelle regionali.

Insomma, nei Comuni il centrosinistra conta di conservare almeno il 50-40% dei sindaci: e siccome i sindaci saranno il frutto di fatti locali che, spesso, poco o punto hanno a che vedere con la linea politica regionale, il PD siciliano sta provando a ‘stringere’ sui futuri sindaci del centrosinistra, per controllarsi e condizionali: e quindi per gestire con loro il potere che molti sindaci, fino ad oggi, hanno gestito senza dividerlo con nessuno.

Su questa legge pesa l’incognita finanziaria: 350 Comuni della nostra Isola rischiano il fallimento. Non perché hanno utilizzato male le risorse finanziarie, ma perché il Governo Renzi e il Governo Crocetta hanno bloccato i trasferimenti finanziari.

Senza soldi per approvare i Bilanci 2016, senza la possibilità di fornire ai cittadini molti dei servizi – compresi alcuni servizi essenziali – i sindaci siciliani saranno costretti ad aumentare la pressione fiscale. Ma questo farà perdere ulteriori voti al centrosinistra.

Ma se la strategia del PD siciliano, bene o male, ha una logica, la scelta politica di UDC non sembra chiara. Cosa sperano di ottenere da questa legge ‘difensiva’ Giampiero D’Alia e compagni? Pensano che la ‘macedonia’ centrista che stanno costituendo insieme con il Nuovo Centrodestra Democratico e con i vari parlamentari sparsi qua e là gli consentirà di superare il 5%? A nostro modesto avviso, si sbagliano.

Queste formazioni politiche di estrazione democristiana o post democristiana, in Sicilia, prendono i voti grazie alla spesa pubblica. L’unico ex democristiano che prendeva voti anche in forza del suo carisma era Totò Cuffaro. Gli altri esponenti dell’UDC – tutti – o vivevano (elettoralmente parlando) della luce riflessa di Cuffaro, o vivevano delle piccole ‘eredità’ (è il cado del citato D’Alia, figlio d’arte), o – nel caso degli esponenti del Nuovo Centrodestra – dal 1996 ad oggi hanno sempre gestito potere e soldi.

Cuffaro è fuori gioco (o almeno così sembra). Mentre le ‘eredità’, il potere e, soprattutto, i soldi sono finiti. Cosa pensano di andare a raccontare agli elettori siciliani gli ex democristiani, compresi quelli finiti prima in Forza Italia e poi tra gli alfaniani? Ricordiamoci che gli elettori di queste forze politiche, per tradizione, come si usa dire dalle nostre parti, vonnu viriri ‘a spisa: e la vogliono vedere prima, non dopo.

(E anche sul ‘dopo’, con alcuni degli elettori di queste forze politica è importante non babbiare: a ‘questi’ non si possono promettere cose che poi non si manterranno…).

Per dirla in breve, con i tagli di Bilancio degli ultimi anni – e quindi senza nulla da offrire – la ‘macedonia’ post democristiana rischia di scomparire: nella futura Assemblea regionale siciliana e in molti dei Comuni.

La doppia preferenza di genere, infine. Ovvero l’obbligo, per gli elettori, di dare un secondo voto – nelle elezioni dei Consigli comunali – ad una donna, pena la nullità della seconda preferenza.

E’ inutile che ci giriamo attorno: con la doppia preferenza di genere – piaccia o no – il voto nei Consigli comunali diventa controllato e, soprattutto, riconoscibile. E questo favorirà chi chiede ‘chiarezza’ nello ‘shopping’ dei voti…

 

 

 

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