Palermo, la città che invecchia, più povera e che e va indietro come i gamberi

18 giugno 2016

Il Bilancio sociale 2015 del capoluogo dell’Isola ‘disegna’ una città in declino. Dove diseguaglianze, ingiustizie, speculazioni edilizie e malaffare proliferano. Le varianti urbanistiche in caduta libera. La difficoltà di fare impresa. La sanità pubblica che peggiora di giorno in giorno non per responsabilità dei medici, ma a causa di una politica rapace e ignorante. I morti in aumento, sia perché la popolazione invecchia, sia perché mancano i soldi per curarsi. Il calo della natalità. L’aumento del numero dei giovani che lasciano Palermo per mancanza di opportunità di lavoro. La pubblica amministrazione ‘colonizzata’ dai precari-raccomandati

Palermo? Una città in declino. A raccontarlo sono i ‘numeri’ del Bilancio sociale 2015. Popolazione che si riduce. Sia perché il numero dei morti supera quello dei nati, sia perché è aumentato il numero dei cittadini – soprattutto giovani – che vanno via, in altre città italiane e verso altri Paesi del mondo. E mentre la popolazione diminuisce, aumentano le speculazioni edilizie. Con una proliferazione delle varianti urbanistiche, alla faccia del nuovo Piano regolatore generale  che viene sistematicamente ‘insabbiato’ dal Consiglio comunale per dare spazio al cemento.

Insomma, una brutta Palermo, dove tutto invecchia, tranne l’affarismo che si materializza nelle speculazioni edilizie a tutto spiano. Con i centri commerciali che si rincorrono. E dove avviare un’attività economica è sempre più difficile. Infatti, al di là delle parole, la burocrazia comunale rimane kafkiana e sembra faccia a gara per ostacolare le imprese. Penalizzate, tra l’altro, da una pressione fiscale crescente (basti pensare al maldestro tentativo, portato avanti dall’attuale Amministrazione comunale, di fare ‘cassa’ contrabbandando una tassa di circolazione automobilistica abusiva per ZTL: operazione sanzionata e quindi bloccata dalla magistratura amministrativa).

Di fatto, le imposte e le tasse comunali, a Palermo, non servono per dare servizi moderni ed efficienti ai cittadini, ma ad alimentare clientelismo e gli sprechi di denaro pubblico.

Già, gli sprechi. E il malaffare. Che non risparmia la pubblica amministrazione. Incredibile, sotto questo punto di vista, quello che scrive l’Autorità nazionale anticorruzione a proposito di cinque interventi effettuati dall’Amministrazione comunale. Interventi su tre scuole e su due immobili pubblici effettuati all’insegna della ‘somma urgenza’. Con atti amministrativi che l’Anticorruzione sanziona pesantemente inviando tutto alla magistratura penale e alla Corte dei Conti (come potete leggere qui) 

Ma andiamo ai ‘numeri’ del Bilancio sociale. Nel 2014 il capoluogo siciliano registra un inarrestabile aumento dei decessi, mentre si riducono le nascite (con un saldo finale negativo) e invecchia la popolazione. Il perché si muore di più è ormai noto: la povertà è in aumento e la gente, in tanti casi, non ha i soldi per curarsi. In più c’è il servizio sanitario cittadino che, dal 2009 ad oggi, peggiora di giorno in giorno, non per responsabilità dei medici e, in generale, del personale medico, ma per i tagli ai servizi operati dalla politica regionale.

Non è facile decifrare il perché di questi pesanti tagli alla sanità pubblica della città (fenomeno che riguarda tutta la Sicilia). Negli anni passati il Governo regionale – con la connivenza del Parlamento dell’Isola – ha distratto le somme destinate alla sanità per pagare altre branche dell’Amministrazione, come sottolineato nella relazione al Bilancio regionale consuntivo 2014 dalla Corte dei Conti per la Sicilia. Per il 2015 si aspetta di conoscere la relazione al consuntivo 2015 della magistratura contabile.

Un dato comunque emerge incontestabilmente: il servizio sanitario, a Palermo, peggiora di giorno in  giorno per responsabilità della politica.

Interessante il commento al Bilancio sociale 2015 della vice presidente del Consiglio comunale, Nadia Spallitta. Secondo la quale il Comune di Palermo sembra non accorgersi della crisi:

“Non interviene e non cambia le sue scelte politiche, assolutamente anacronistiche e inadeguate”, dice Nadia Spallitta. Che aggiunge: “Anzi si continua a investire tutto quasi esclusivamente nella cementificazione edilizia, per costruire nuove case ed approvare nuove lottizzazioni… Per chi? I dati sono veramente allarmanti. Sono necessari interventi che garantiscano il lavoro, soprattutto nei settori a noi più favorevoli, come turismo, agricoltura, artigianato, cultura, che inspiegabilmente continuano a non essere adeguatamente sfruttati, mentre potrebbero essere importanti fonti di ricchezza e lavoro, consentendo così anche la formazione di nuovi nuclei familiari. E’ necessario restituire nuovamente fiducia e speranza, soprattutto ai più giovani, cosicché anche in questa terra si possano trovare condizioni di vita libere e dignitose”.

Vediamo di riassumere alcuni dati. I residenti di sesso maschile, a Palermo, sono 322.186, in diminuzione di 1.976 unità rispetto al 2014. Mentre i residenti di sesso femminile sono 352.249, in diminuzione di 2.081 unità rispetto all’anno precedente. I residenti maschi costituiscono il 47,8% del totale, contro il 52,2% di sesso femminile.

Il saldo nati-morti e il saldo migratorio risultano entrambi negativi. Il saldo naturale, per la quarta volta consecutiva negativo, è risultato negativo, pari a -358 unità (lo scorso anno era pari a -182 unità). Il saldo migratorio è risultato pari a -3.699 unità (lo scorso anno era pari a -2.252 unità). Insomma, tra i giovani, chi può permetterselo va via da Palermo, città che, in buona parte, offre opportunità solo ai raccomandati. Ne sanno qualcosa i genitori che vedono i propri figli costretti ad andare via.

A Palermo non serve studiare bene, fare bene il Liceo e l’Università. Perché l’economia langue e nella pubblica amministrazione non si entra per concorso, come previsto dalla Costituzione, ma per cooptazione. Comanda il precariato al quale si accede secondo ‘riti tribali’ legati ai momenti elettorali. Tutta la pubblica amministrazione funziona così. Anzi, per essere precisi, Palermo è la ‘Capitale’ di questo sistema che ha trasformato la pubblica amministrazione, a tutti i livelli (anche con riferimento alle società a partecipazione pubblica), in un terreno di caccia per politici in cerca di voti.

C’è anche il dubbio – ma di questo dovrebbe darne contezza, tra qualche settimana, la Corte dei Conti nella relazione al consuntivo regionale 2015 – che il precariato abbia invaso anche la sanità: questo spiegherebbe il perché dei servizi sanitari sempre più scadenti.

Insomma, una proliferazione di personale amministrativo a scapito del personale medico. Ovviamente, tutti cooptati senza concorsi, per chiamate dirette da questo o quel politico. Fenomeno che non riguarda solo l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo e le Aziende ospedaliere del capoluogo dell’Isola, ma tutta la sanità della Sicilia, dove più, dove meno.

Per pagare il proliferare del personale amministrativo della sanità che sostiene elettoralmente la vecchia politica si forniscono ai cittadini servizi sanitari sempre più scadenti e si mettono sotto stress medici e infermieri, costretti a turni massacranti.

La cosa incredibile è che la stessa politica regionale e cittadina è cosciente dello sfascio che ha creato nella sanità pubblica. Da qui il potenziamento dell’ISMETT, il centro trapiantologico che opera nell’area dell’ospedale Civico di Palermo in collaborazione con gli americani di Pittsburg.

Da centro trapiantologico, l’ISMETT ha ampliato il proprio raggio di azione e oggi si occupa di varie patologie. Un centro sanitario efficiente, molto utilizzato da quei politici che hanno sfasciato la sanità pubblica, ma che per se stessi, per i propri familiari e per i propri sodali hanno creato un polo sanitario molto diverso da quello che viene riservato ai cittadini comuni.

E guai a chi tocca i soldi pubbliche che vanno all’ISMETT (il cui importo annuale non è noto nemmeno alla commissione legislativa sanità dell’Assemblea regionale siciliana!): se questo fiume di denaro pubblico viene messo in discussione insorgono sindaci, sottosegretari e ministri.

Le nascite. I nati nel 2015 sono stati 6.213, in aumento dell’1,3% rispetto ai nati del 2014. Nel complesso, il numero dei nati, a Palermo, sembra ormai essersi stabilizzato poco sopra il livello di 6 mila l’anno: un dato che rimane ai minimi storici rispetto agli ultimi 50 anni. Basti pensare che negli anni ’60 del secolo passato si registravano oltre 13 mila nati l’anno. Negli anni ’80 il numero dei nati superava ancora le 10 mila unità l’anno. Mentre a partire dal 2000 la riduzione diventa sempre più sensibile: poco più di 8 mila nati l’anno fino al 2007 per poi scendere ulteriormente a quota 7 mila.

I decessi. Il numero dei decessi nel 2015, come già accennato, ha fatto registrare un sensibile incremento (+4,1%) rispetto all’anno precedente, attestandosi a 6.571 unità (ai massimi livelli degli ultimi 50 anni). C’è l’invecchiamento della popolazione, ma c’è anche – come già ricordato – un peggioramento dello stato di salute che, ovviamente, interessa i ceti meno abbienti.

A Palermo muoiono quasi 7 mila persone l’anno, ne nascono circa 6 mila.

Nel 2015 sono andate via da Palermo circa 12.800 persone. Nel 2014 l’emigrazione verso l’estero ha avuto un aumento del 173% (aumentata ulteriormente del 7% nel 2015). Emigrano in 13 mila ogni anno, di cui quasi 3 mila verso i Paesi esteri.

Si riduce anche  il numero degli immigrati stranieri (-10% rispetto al 2014). Un dato che riguarda gli immigrati messi in regola. Perché quello che succede con gli immigrati non in regola, ormai, lo sa solo Nostro Signore Iddio.

Oggi, a Palermo, gli stranieri censiti sono circa 27 mila, di cui circa 5 mila bambini.

E l’economia? Gli occupati sono il 41% della popolazione. Un numero che sembra sovrastimato, alla luce della pesante crisi economica. Più vicino alla realtà il tasso di disoccupazione, che sfiora il 16%: da 41 mila del 2014 a 48 mila nel 2015. Per la cronaca, lo scorso anno il tasso di disoccupazione ha raggiunto il valore più alto dell’ultimo decennio, pari al 21% circa (nel Centro Nord si attesta sul 6%).

Ovviamente, la disoccupazione penalizza soprattutto i giovani.

 

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