Ars, il 24 Maggio si parla di riforma dello Statuto. E di come governare in caso di sconfitta

18 maggio 2016

La prossima settimana al via la discussione generale in vista della riforma costituzionale e dei suoi effetti sulla Sicilia. Intanto, si sa per certo che i partiti tradizionali stanno studiando il modo di mantenere il potere anche se perderanno le elezioni…. Il 26 la Sala Gialla e la Sala Rossa saranno intitolate a Piersanti Mattarella e Pio La Torre

Quali trappole nasconde la riforma costituzionale del Governo Renzi per lo Statuto siciliano? Cosa cambierebbe- qualora vincessero i sì al referendum di Ottobre – nei rapporti tra Roma e Palermo? E, a prescindere dall’esito referendario, è necessaria una riforma della ‘Magna Charta siciliana’?

Domande che potrebbero trovare risposta nella seduta dell’Assemblea regionale siciliana prevista per martedì 24 Maggio, alle 16. In quell’occasione, infatti, prenderà il via formalmente, come si legge nell’ordine del giorno, “la discussione in ordine alla riforma dello Statuto Speciale in occasione dell’anniversario della prima seduta dell’Assemblea regionale siciliana”. Un momento di confronto molto atteso nel corso del quale i deputati saranno chiamati a dire la loro su un tema particolarmente delicato che va ad intrecciarsi con una battaglia politica nazionale che si preannuncia feroce e che ad Ottobre, comunque vadano le cose, lascerà sul campo morti e feriti.

A che tipo di riforma dello Statuto, dunque, stanno pensando i 90 ‘califfi’ di Sala d’Ercole? Quello che è certo, al momento, è che quasi tutte le ipotesi mireranno, innanzitutto, a separare le sorti del Presidente della Regione da quella dell’Assemblea regionale siciliana come avveniva prima della riforma del 2001. Ma in che modo? Eliminando anche l’elezione diretta del governatore? Il passaggio non è chiaro. Si parla, infatti, di dare al Parlamento siciliano il potere di nominare un nuovo Presidente della Regione qualora quello eletto dal popolo venisse sfiduciato. Se così fosse, ci troveremmo dinnanzi ad un pasticcio: che senso avrebbe sostituire un governatore eletto direttamente dai cittadini con uno scelto dal Parlamento? O si elimina tout court anche l’elezione diretta del Presidente, tornando dunque, a prima del 2001, oppure finiamo direttamente nel romanzo di Joseph Roth “Il peso falso”, in uno stato, cioè, di decadenza politica, morale e istituzionale da fine impero.

Il rischio c’è. A volerla dire tutta, infatti, una strategia simile potrebbe essere utile ai partiti tradizionali che, nel caso non improbabile di una sconfitta elettorale, alleandosi tra loro, potrebbero comunque continuare a tenere al guado la Regione: una volta sbarazzatisi con una mozione di sfiducia di un Presidente della Regione ‘scomodo’, ne sceglierebbero uno loro e governerebbero senza avere vinto le elezioni. Un ottimo modo per preservare lo status quo, alla faccia della democrazia.

Vedremo cosa arriverà in Aula.

Sulle altre proposte di modifica dello Statuto – a prescindere dall’esito del referendum- non sappiamo ancora nulla di preciso. Probabile che si torni a parlare di cancellare l’articolo 29 – l’Alta Corte per la Sicilia – perché, per l’attuale classe politica dominata dall’ascarismo, è più facile sbarazzarsene che battere i pugni sui tavoli romani per una sua riesumazione (come si ricorderà, il Presidente Giuseppe Alessi, diceva che “l’Alta Corte è stata sepolta viva”).

Un tema questo, sfiorato indirettamente ieri in Aula dalla mozione firmata dai deputati Fazio, Foti, Cordaro e altri, con la quale si vuole impegnare il Presidente della Regione a reagire (con apposito ricorso) alle impugnative delle leggi siciliane da parte del Governo nazionale. Nell’illustrare la mozione, Fazio ha sottolineato lo squilibrio di poteri tra Roma che impugna le leggi dell’Ars e Palermo che non ha nessun diritto di esprimere le sue valutazioni in merito (l’Alta Corte serviva proprio a questo, a bilanciare i poteri dello Stato, a dare voce alla Sicilia nelle querelle giuridiche con Roma). Non solo. Con una scorrettezza istituzionale cui questo Governo ci sta abituando, delle impugnative romane si viene a conoscenza a mezzo stampa. “L’Assemblea – ha detto ieri Fazio in Aula- viene completamente defenestrata, viene messa da parte e non ha alcuna possibilità di partecipare alle fasi successive del controllo e poi, ovviamente, dell’efficacia con la pubblicità”.

Vale la pena ricordare che si parla di equilibri istituzionali di fondamentale importanza che prescindono dalle persone che attualmente rappresentano le nostre istituzioni. Comunque, anche di questa mozione (la numero 552 che potete leggere qui) si dovrebbe tornare a parlare il 24.

Sempre ieri, il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha invitato tutti i deputati a ‘studiare’ in vista della prossima seduta: “Io mi auguro che ci sia tutta una serie di interventi sul significato storico dello Statuto, ma che possano accennare alla riforma che c’è in atto; su questo in primo luogo inviterei, per il 24 maggio 2016, proprio il Presidente della Commissione D’Asero a riferire sul percorso  che si è intrapreso ma, anche, per presentarci noi già con un’idea che chiaramente è in itinere perché dipendiamo, anche, dall’esito del referendum, ma è chiaro che dovremmo dire la nostra perché abbiamo alcune certezze su questa riforma se andrà in atto, ma abbiamo anche tante incertezze”.
“Si dibatterà – ha aggiunto Ardizzone- se lo Statuto è stato attuato o meno, per molti, in primo luogo, era Pier Santi Mattarella a dire che, senza riforma, senza autonomia finanziaria, non possiamo avere un’autonomia piena dello Statuto, mi sembra più che evidente. Si è ottenuta l’autonomia finanziaria? A mio avviso no, ma è una semplice opinione e, quindi, mi auguro che ci possa essere un dibattito”.

In realtà, al di là della diplomazia ‘gesuitica’ di Ardizzone, tutti sappiamo con certezza (altro che opinione) che la parte finanziaria dello Statuto non è mai stata applicata. Bisognerà vedere se la maggioranza- troppo attenta a compiacere Renzi- avrà la coscienza di dirlo e di affrontare, in maniera obiettiva, la questione della riforma costituzionale e dei suoi effetti sullo Statuto.

Per inciso, va ricordato che il tentativo di svolta centralista del Governo Renzi non è un mistero per nessuno. E che la sua aspirazione a ‘distruggere’ del tutto le Autonomie speciali si è schiantata contro il muro di proteste di regioni come il Friuli e il Trentino (anche in questo caso la Sicilia ha smarrito i suoi ‘attributi’). Non solo. Giampiero d’Alia, Presidente dell’Udc, si è ritrovato a presiedere una commissione bicamerale d’inchiesta sulle Regioni a Statuto speciale che ha ascoltato numerosi esperti sul tema. Con probabile delusione del PD renziano, pur evidenziando non poche criticità (decreti attuativi e commissioni paritetiche, ad esempio) la maggior parte degli ‘auditi’ non le ha affatto bocciate. Anzi. In tanti hanno ribadito che mantenere la specialità delle regioni è “un riconoscimento della peculiarità di alcuni territori per note ragioni di ordine storico, politico e culturale che conservano tutt’oggi una loro validità”. 

Resta da capire cosa si inventerà il Governo Renzi per superare anche il parere degli esperti e accentrare tutto il potere (e tutti gli asset regionali) nelle sue mani.

Per concludere, ricordiamo che l’Ars ha deciso di intitolare la sala Gialla e la sala Rossa di Palazzo Reale, sede – per l’appunto-  dell’Assemblea regionale siciliana, a Piersanti Mattarella e Pio La Torre. La cerimonia è  in programma il prossimo 26 maggio alle 17.30 e  interverrà anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Si inaugurerà anche la mostra organizzata per ricordare il 70esimo anniversario dello Statuto siciliano (che cadeva lo scorso 15 Maggio).

Inevitabile chiedersi cosa abbiano a che fare gli attuali politici siciliani con Mattarella e La Torre. Cosa pensava il primo dell’Autonomia, lo ha ricordato lo stesso Ardizzone nel già citato discorso di ieri.

Il secondo, lo ricordiamo, fu strenuo difensore dello Statuto:“La svolta drammatica che vive oggi l’Autonomia siciliana – scriveva La Torre- non è che il risultato più evidente della volontà del Governo di mortificare gli istituti democratici del nostro Paese,  per fare passare le linee di sviluppo del capitalismo monopolistico”. Questa una delle sue tante prese di posizione sul tema.

Intitolare le più belle sale di Palazzo Reale a due giganti della politica siciliana, convinti sostenitori dell’Autonomia e della necessità di una sua reale applicazione, servirà a fare ritrovare un po’ di coraggio ai nostri deputati dinnanzi alle tentazioni centraliste e autoritarie di Roma?

Lo scopriremo solo vivendo. Finora, questo è certo, hanno solo deluso. Tutti, nessuno escluso.

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