Riforma delle Province: presidente Ardizzone, a decidere è la Consulta, non lei e Renzi!

28 aprile 2016

Ormai il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, va a briglia sciolta. Adesso ha deciso che sul futuro delle Province siciliane non serve più l’articolo 15 dello Statuto. Davanti a un’impugnativa del Governo Renzi non c’è nemmeno bisogno di andare di fronte la Corte Costituzionale: decidono Renzi e lo stesso Ardizzone. Ma perché i deputati di Sala d’Ercole non presentano una bella mozione di censura per questo presidente dell’Ars tutto-fare?

 

Quello che sta succedendo in Assemblea regionale siciliana con la legge sulla ‘presunta’ riforma delle Province ha dell’incredibile. Ma ancora più incredibile è l’atteggiamento del presidente del Parlamento dell’Isola, Giovanni Ardizzone, che invece di difendere le prerogative autonomistiche della nostra Regione su una materia delicatissima – e cioè l’articolo 15 dello Statuto siciliano – adesso difende il Governo Renzi e improbabili Paesi europei ai quali la Sicilia dovrebbe allinearsi. Ma andiamo con ordine.

La riforma delle province siciliane approvata dall’Ars è un disastro totale: hanno ‘abolito’ le Province (che ci sono ancora), le hanno lasciate senza soldi (con responsabilità che si dividono equamente tra Governo Renzi e Regione gestita dal presidente Crocetta, dal PD e da altri partiti di centrosinistra), on sanno come pagare i 6 mila e 500 dipendenti circa delle stesse Province e hanno creato Consorzi di Comuni senza soldi che, in quanto tali, esistono solo sulla carta.

In più hanno istituito tre ridicole Città metropolitane – Palermo, Catania e Messina – con la finalità di intercettare i fondi europei che dovrebbero servire per lo sviluppo per sanare i bilanci dei Comuni di Palermo, Catania e Messina. Un imbroglio politico, amministrativo e contabile ai sensi di legge.

A questo punto è venuto fuori l’inghippo. La legge nazionale sulla riforma delle Province voluta da quel ‘genio’ del Ministro Graziano Delrio – una legge che si sta dimostrando fallimentare – prevede che i sindaci delle grandi città diventino, automaticamente, ‘sindaci metropolitani’ (la definizione di ‘sindaci metropolitani’ è contenuta nella legge nazionale n. 142 del 1990). Mentre l’Ars – nel rispetto della propria autonomia legislativa – ha stabilito che i sindaci metropolitani verranno eletti non dal popolo – come dovrebbe essere in democrazia – ma dagli stessi amministratori dei Comuni che fanno parte delle tre città metropolitane.

Tutto sommato è un passo avanti rispetto alla legge ‘sovietica’ voluta da Delrio e approvata dal Parlamento nazionale di ‘nominati’.

Adesso il Governo nazionale vorrebbe impugnare il passaggio della legge regionale che non si è adeguato alle legge Delrio. Impugnativa che non avrebbe nulla di giuridico e che avrebbe, invece, tanto di politico. Una vergogna di un Paese senza più vergogna.  

Il fatto che il Parlamento siciliano non si sia adeguato alla volontà del Governo nazionale non piace al presidente Ardizzone. Che in un comunicato scrive:

“Non mi meraviglia l’ulteriore e scontata impugnativa del Governo nazionale sulla disciplina delle Città metropolitane. Come avevo già evidenziato in Aula, durante l’esame del disegno di legge, non si è percepita l’importanza della norma, anzi si è insistito, per ben due volte, a non allinearci ai Paesi europei e al resto d’Italia”.

“Martedì – continua Ardizzone – convocherò la conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari per decidere quando l’Aula possa occuparsi della modifica della norma che, indipendentemente dal volere del Governo regionale, questa volta dovrà essere coerente con il quadro normativo nazionale ed europeo. E’ ormai chiaro ed evidente, comunque, che d’ora in avanti che i rapporti con il Governo nazionale non potranno più essere lasciati alla discrezionalità del governo regionale”.

Scusi, presidente Ardizzone: per quale motivo la legge regionale sulla riforma delle Province, nella parte che riguarda la governabilità delle Città metropolitane, dovrebbe “essere coerente con il quadro normativo nazionale ed europeo”? Dove l’ha letta questa bufala?

Le leggi della nostra Regione, che le piaccia o no, debbono essere coerenti, in primo luogo, con il nostro Statuto. A questo serviva l’Alta Corte per la Sicilia, istituita proprio per verificare la coerenza delle leggi dello Stato con lo Statuto siciliano e, in seconda battuta, per verificare la coerenza delle leggi approvate dall’Ars con i principi della Costituzione italiana.

L’Alta Corte non c’è più – e purtroppo, in forza di una discutibile ordinanza della Corte Costituzionale della quale dobbiamo essere ‘grati’ all’allora giudice costituzionale, Sergio Mattarella – è stato di fatto abolito anche l’Ufficio del Commissario dello Stato per la Regione siciliana.

Ma se per caso le fosse sfuggito, egregio presidente Ardizzone, le ricordiamo che le ‘riforme’ costituzionali del Governo Renzi non hanno ancora eliminato la Corte Costituzionale.

Se non le dispiace, presidente Ardizzone, a decidere se una legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana va bene o no, non deve essere né lei (che è solo un temporaneo presidente del Parlamento dell’Isola), né il Governo nazionale.

A deciderlo deve essere la stessa Corte Costituzionale.

Certo, di mezzo c’è il solito presidente Crocetta, che potrebbe non presentare ricorso alla Consulta in presenza di un’impugnativa della legge regionale da parte del Governo nazionale. Ma noi ci auguriamo che, almeno questa volta, il presidente Crocetta faccia valere le ragioni dell’Autonomia sulla sua appartenenza al PD.

Insomma, presidente Ardizzone: già è discutibile la sua gestione dell’Aula, con i regolamenti che si applicano a convenienza; già è da censurare il fatto che lei abbia consentito al Parlamento siciliano di approvare una manovra economica e finanziaria 2016 con 500 milioni di Euro di accantonamenti negativi: cosa, questa, non prevista dal Decreto n. 118 del 2011 (e il fatto che ciò sia avvenuto con la connivenza del Governo nazionale non è una giustificazione: anzi).

Adesso di mette pure lei ad affossare lo Statuto: beh, presidente, non le sembra di esagerare?

A nostro avviso, egregio presidente Ardizzone, ce ne sarebbe abbastanza, intanto, per formalizzare una bella mozione di censura nei suoi riguardi: ma questo compito spetta ai parlamentari di Sala d’Ercole che hanno a cuore le sorti dello Statuto. Ce ne sono ancora nell’attuale Parlamento siciliano?

Ultima notazione: gira voce, presidente Ardizzone, che lei potrebbe essere candidato a sindaco di Messina.

Noi non ci vogliamo credere. Perché, se fosse vero, lei, oltre ad essersi messo sotto i piedi l’articolo 15 dello Statuto, avrebbe provato anche a predeterminarsi il futuro politico utilizzando in modo non esattamente elegante il suo ruolo di presidente dell’Ars.

Se così fosse, sarebbe una caduta di stile. Ma noi non ci crediamo. Noi siamo certi – lo ribadiamo – che lei non sarà candidato a sindaco di Messina.

 

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