Crocetta & Gucciardi, il gatto & la volpe della sanità siciliana e i tagli dei posti letto imposti da Roma

24 aprile 2016

Roma ha rifatto i conti tra Siciliani che si curano in Sicilia e Siciliani che si curano in altre Regioni italiane e all’estero. E ha stabilito che la nostra Isola deve eliminare altri posti letto. Ha tenuto conto dei migranti che arrivano ogni giorno? Le responsabilità del Governo Crocetta nella mancata attivazione della medicina del territorio, che dovrebbe ridurre la presenza di malati negli ospedali pubblici. il ‘buco nero’ dell’ISMETT. I tagli alla sanità siciliana e le agevolazioni alle strutture sanitarie non siciliane. Le assunzioni elettorali. L’inghippo del nuovo reparto di Ginecologia Oncologica di Palermo nato dal nulla (forse ‘partorito’ dalle massonerie classiche e cattoliche…)

Nella sanità siciliana l’unico dato certo è la confusione. E il tentativo, portato avanti dal Governo nazionale di Matteo Renzi, di effettuare altri tagli ai posti letto degli ospedali dell’Isola. Con un ulteriore aumento del caos e dei disservizi. Il tutto con un Governo regionale che, da cinque-sei anni a questa parte, amministra in modo pedestre un settore sempre più boccheggiante. Ma andiamo per ordine.

Cominciamo con il taglio di altri 550-600 posti letto deciso dal Ministero della Salute. Già andrebbe discusso il perché lo Stato mette il naso nella sanità siciliana. La Sicilia è una Regione autonoma e l’organizzazione di questo servizio spetta alla Regione e non allo Stato.

Non è Roma che deve decidere come organizzare il servizio in Sicilia. L’organizzazione della sanità in Sicilia spetta alla Regione, ammesso che il Governo regionale sia nelle condizioni di assolvere a questo compito.   

Di più: la Sicilia è l’unica Regione italiana che paga, con i propri soldi – cioè con le proprie tasse – la fetta più consistente della propria sanità. In teoria, infatti, i 9,2 miliardi di Euro – a tanto, sulla carta, dovrebbe ammontare il costo del servizio sanitario nella nostra Isola ogni anno – lo Stato e la Regione dovrebbero corrispondere il 50% a testa di questo costo.

In realtà non è così. Perché dal 50% della quota statale va sottratta l’IRAP pagata dalle imprese siciliane.

Fino a qualche anno fa – e ora illustreremo perché fino a qualche anno fa – lo Stato erogava alla Sicilia non 4,6 miliardi di Euro all’anno, come Roma provava a fare credere, ma solo 2,2 miliardi di Euro.

Da qualche anno a questa parte i conti della sanità regionale non sono più ‘trasparenti’. Il Governo di centrosinistra di Rosario Crocetta – e i massoni siciliani che ‘trafficano’ da sempre in questo settore – hanno rimescolato le carte e non è facile districarsi nella bolgia dei numeri. Anche perché, in Assemblea regionale siciliana, non c’è una sola forza politica che ha chiesto di fare chiarezza sui reali conti economici e finanziari di questo settore.

Tre elementi su tutti.

Primo elemento: fino a qualche tempo fa la commissione Sanità dell’Ars non è riuscita a sapere a quanto ammonta, quest’anno, il costo dell’ISMETT. Le ultime notizie parlano di un costo pari a 94 milioni di Euro all’anno. Lo scorso anno il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e il presidente della commissione Sanità dell’Ars, Pippo Di Giacomo, hanno provato a fare chiarezza sull’ISMETT che, com’è noto, come il MUOS e come la base militare di Sigonella, fa capo agli Stati Uniti d’America.

Alle fine sono intervenuti il Ministro Graziano Delrio e il sottosegretario Davide Faraone, che di fatto hanno messo a tacere Crocetta e e Di Giacomo. La dimostrazione che, sulla sanità – cioè sui soldi che i Siciliani pagano all’ISMETT – Delrio e Faraone hanno più voce in capitolo di Crocetta e dell’Assemblea regionale siciliana (non una sola protesta si è levata dall’Ars su questa vicenda).

(La precisazione sull’ISMETT è importante perché la Regione, per ‘risparmiare’, sta ‘stringendo’ solo sui privati siciliani: soprattutto sui Laboratori di analisi. Mentre i privati che arrivano da fuori – l’ISMETT ma non soltanto l’ISMETT – non starebbero subendo grandi penalizzazioni: anzi).

Secondo elemento: i ‘giochi di prestigio’ sui bilanci delle Aziende sanitarie siciliane. Due anni fa, dopo che il Piano di rientro dal deficit sanitario siciliano è stato completato, si è scoperto che le Aziende sanitarie siciliane presentavano dei ‘buchi’.

In realtà, i ‘buchi’ finanziari c’erano, ma non erano stati provocati da una cattiva gestione dei manager (che altrimenti avrebbero dovuto essere sostituiti), ma da una riduzione dei trasferimenti della Regione effettuata in barba alla legge.

Di fatto, la Regione, ogni anno, in barba alla legge, trasferiva meno risorse finanziarie alle Aziende sanitarie dell’Isola. Da qui i ‘buchi’ nelle Aziende sanitarie siciliane. Che sono stati coperti con due mutui di quasi un miliardo e 600 milioni di Euro.

In pratica, la Regione, per fronteggiare i tagli del Governo nazionale, ha costruito artatamente i ‘buchi’ nelle Aziende sanitarie siciliane per giustificare l’accensione di due mutui. Il tutto per aggirare la legge che vieta alle pubbliche amministrazioni del nostro Paese di contrarre mutui per pagare la spesa corrente.

Con la scusa che si trattava di ‘buchi’ della sanità siciliana, lo Stato ha autorizzato la Regione a contrarre i due mutui.crocetta gucciardi

Di fatto, si tratta di un raggiro ai danni dei cittadini Siciliani che, alla fine, sono quelli che pagano gli interessi sui mutui con le maggiorazioni delle aliquote IRPEF e IRAP, che in Sicilia sono infatti ai massimi livelli.

In questo scenario di conti ‘ballerini’ si inserisce lo Stato, che adesso vorrebbe tagliare, come già ricordato, da 550 a 600 posti letto. Sulla base di conti che sono in parte giusti e in parte sbagliati.

Ma lo Stato dovrebbe in primo luogo chiarire quanto trasferisce alla Sicilia: perché dai nostri conti, da qualche anno a questa parte, trasferisce meno di 2,2 miliardi di Euro ogni anno. 

Roma dà per scontato che in Sicilia sia stata realizzata la cosiddetta medicina del territorio, per la quale ha ‘sganciato’ anche soldi (che nessuno sa che fine abbiano fatto): e qui ha ragione da vendere.

Poi, però, Roma commette un errore, là dove rifà i conti della popolazione sanitaria siciliana. Decurtando dal computo i Siciliani che decidono di farsi curare fuori dalla Sicilia. Così, eliminando dal conto i Siciliani che si fanno curare in altre Regioni italiane e all’estero, il numero di Siciliani che usufruiscono di servizi sanitari – stando ai conti fatti da Roma – si attesterebbe su 4 milioni 866 mila abitanti.

Numeri, quelli romani, che non tengono conto dei migranti che arrivano in Sicilia e che vengono assistiti dalle Aziende Sanitarie Provinciali e dalle Aziende ospedaliere.

Quando nei porti siciliani arrivano i migranti ad assisterli ci sono i medici siciliani che operano nelle strutture pubbliche. I Pronto soccorso e i reparti degli ospedali pubblici curano gli immigrati. Il Ministero ha tenuto conto di questi pazienti?

Roma vuole tagliare posti letto. Ma lo sanno a Roma che nei Pronto soccorso della Sicilia la situazione è ormai al limite? Lo sanno che, proprio per mancanza di posti letto – quei posti letto che il Ministero vorrebbe addirittura ridurre – i Pronto Soccorso nella Sicilia sono nel caos?

Lo sanno, a Roma, che alcuni Pronto Soccorso della Sicilia, lungi dallo smistare i malati nei vari reparti della sanità pubblica, proprio per mancanza di posti letto, sono diventati, di fatto, dei reparti che ‘ospitano’, per giorni e giorni malati?

Lo sanno a Roma che molti pazienti dei Pronto Soccorso della Sicilia, prima di finire nei reparti, aspettano quattro-cinque giorni negli stessi Pronto Soccorso?

Detto così potrebbe sembrare che il Ministero vessi la Sicilia. Ma la realtà presenta un’altra lettura che inchioda la Regione siciliana alle proprie responsabilità. La Regione, dal 2009 ad oggi, avrebbe dovuto istituire la già citata medicina del territorio che dovrebbe filtrare i pazienti, evitando la ressa nei Pronto Soccorsi e riducendo il ricorso ai posti letto.

La Sicilia, dal 2009 ad oggi, ha ridotto i posti letto, ma non ha istituito dei presidi di medicina del territorio degni di questo nome. Ci sono, è vero, sia alcuni PTA (Punti Territoriali di Assistenza) e PTE (Punti Territoriali di Emergenza). Ma sono pochi e con poco personale.

Risultato: non filtrano affatto i cittadini siciliani che hanno bisogno di cure, i quali, in assenza di queste strutture sanitarie intermedie, si riversano nei Pronto Soccorsi. Da qui le attese infinite negli stessi Pronto Soccorsi e la saturazione dei posti letto nei vari reparti degli ospedali pubblici dell’Isola.

In altre parole, i posti letto negli ospedali siciliani non sono tanti (checché ne dicano al Ministero che, come abbiamo accennato, non tengono conto dei migranti): ma diventano ancora meno a causa dell’assenza delle strutture sanitarie intermedie, cioè a causa della carente della medicina del territorio.

In Sicilia, di fatto, sono molto carenti le strutture per la riabilitazione.

Non sono ancora state istituite le Case della salute, che pure sono state finanziate (sarebbe interessante capire dove sono finiti questi soldi).

Non esiste, allo stato attuale, alcun collegamento tra la rete della carente medicina del territorio e i cosiddetti medici di famiglia. Che in Sicilia visitano i malati nei propri studi medici, ma non operano e non interagiscono con una medicina del territorio che, di fatto, non c’è o, se c’è, come già accennato, è carente.

Così, tanti pazienti che potrebbero essere curati in queste strutture intermedie – anche grazie alla sinergia con i medici di famiglia – si riversano nei Pronto Soccorso. E il caos aumenta.

Anche in questo caso, siamo davanti a pesanti responsabilità della politica regionale, che scarica le proprie inefficienze sui medici pubblici e sugli infermieri che operano negli ospedali pubblici della Sicilia. Questo è un motivo in più per madare subito a casa il Governo Crocetta che, anche nella sanità, ha prodotto danni enormi. 

Tra carenze e confusione non c’è da restare stupiti se le varie rimodulazioni della rete ospedaliera siciliana siano state rimesse in discussione da Roma.

In questo scenario caotico il Governo regionale pensa già alla campagna elettorale del 2018, tra elezioni nazionali e regionali.

Crocetta e compagni hanno già annunciato assunzioni senza capo, né coda. Non miglioramenti della medicina del territorio, ma assunzioni ‘tanto al chilo’ nel nome del consenso.

In questa frenesia elettorale rientra l’ultima clientela del Governo regionale di Rosario Crocetta, con la partecipazione dell’assessore alla Salute, Baldo Gucciardi:

il nuovo reparto di Ginecologia Oncologica dell’ospedale Civico di Palermo.

Questa è l’ultima invenzione dell’Azienda ospedaliera ‘Civico’ e del Policlinico universitario di Palermo.

I maligni sussurrano di una sintesi ‘virtuosa’ tra le massoneria classiche e le massoneria cattoliche. Un papocchio, a giudicare da quello che dicono i sindacati.

Politica, ‘Civico’ e Policlinico (e massonerie) hanno chiamato al vertice di questa nuova struttura il il professore universitario Vito Chiantera.

Ma i sindacati non ci stanno:

“Siamo di fronte a una nomina dall’alto, senza alcun concorso”, dicono i vertici di Aaroi-Emac, Anaao-Assomed, Cimo, Cgil Medici e Cisl Medici. I sindacalisti hanno presentato un esposto alla Regione e alla Corte dei Conti.

“Come è possibile – scrivono i sindacati del medici – che, in assenza di qualsiasi forma concorsuale espletata, venga presentato pubblicamente un nuovo direttore della struttura complessa di Ginecologia Oncologica proveniente da altra regione? Come se l’Arnas (cioè il ‘Civico’ di Palermo ndr) non esprimesse indiscusse professionalità nel campo e come se l’espletamento di un concorso per direttore di struttura complessa fosse diventata una mera opzione”.

I vertici dell’Azienda ospedaliera ‘Civico’ di Palermo replicano che nella “convenzione con l’Università è previsto che la direzione del professore Chiantera sarà limitata al periodo che ci separa dall’espletamento del concorso, esplicitamente previsto nella stessa convenzione”.

Insomma, il professore Chiantera sarebbe una sorta di ‘intermezzo’ in attesa del concorso.

Domanda: la legge lo prevede?

Risposta: nella sanità siciliana tutto è possibile. Ci sono manager senza titoli ancora in sella e la politica si dovrebbe creare problemi per un ‘intermezzo’?

Ma le polemiche non si fermano. I sindacati contestano la stessa struttura sanitaria:

“Un fatto poco comprensibile – sottolineano sempre i sindacati – visto che l’offerta garantita dalla già esistente struttura di Ginecologia e Ostetricia è rispondente alla domanda”.

Sorge un dubbio: ma non è che dietro questa nuova struttura ci sono, per caso, i renziani? Crocetta è ostaggio di Renzi, l’assessore Gucciardi è renziano. Non è che i sindacati stanno mettendo in discussione il ‘verbo’ del capo del Governo nazionale?

Ma i sindacati insistono: la nuova struttura “è il frutto di un atto aziendale totalmente sganciato da criteri che tengano conto delle reali necessità e della domanda di salute, ma anche dai criteri del cosiddetto Regolamento Balduzzi”.
Nel decreto ministeriale del 2015, fanno notare sempre i sindacati, la “disciplina di Ginecologia Oncologica non è contemplata”.
Il Cimo ha già impugnato l’intero atto aziendale dell’Azienda ospedaliera ‘Civico’ con una relazione di oltre 30 pagine inviata ai giudici del TAR Sicilia.
Foto tratta da lanazionesiciliana.eu

 

 

 

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