Inquinamento da petrolio in Tunisia: e meno male che le trivelle sono sicure!

22 marzo 2016

I media italiani e tunisini stanno ignorando una catastrofe ecologica che ha colpito le isole Kerkennah, in Tunisia. Mare nero dappertutto e blocco delle attività di pesca. Un disastro ambientale ignorato dai media tunisini e italiani. I petrolieri che condizionano la malapolitica del nostro Paese temono che gl’italiani si sveglino e, il prossimo 17 Aprile, si rechino in masse alle urne per votare al referendum contro le trivelle

 

Mentre in Italia si combatte una battaglia durissima, con la politica italiana al soldo dei petrolieri che sta provando a far fallire il referendum del prossimo 17 Aprile che punta a bloccare le trivelle, un ‘pezzo’ di mare Mediterraneo, lungo le coste della Tunisia, è stato invaso da una marea nera. Ne dà notizia il quotidiano on line per un economia ecologica, greenreport.it (come potete leggere qui).

Il 14 Marzo – scrive greenreport.it – una marea nera si è riversata sulle coste delle isole Kerkennah, in Tunisia“. Notizia ignorata dai media tunisini e anche italiani.

“Eppure – si legge sempre nell’articolo – l’arcipelago delle Kerkenah è a soli 120 km a sud di Lampedusa, ed è noto a molti italiani sia per le sue magnifiche spiagge, sia per la sua economia basata in gran parte ancora sulla pesca”. Da qui le proteste dei pescatori della zona, che sono praticamente bloccati dal mare inquinato.

“La pesca – si legge sempre su greenreport.it – è l’attività principale dell’arcipelago. Da quando hanno iniziato a trivellare nel Golfo di Gabes sono iniziati i problemi, perché l’inquinamento collegato alle attività estrattive ha fatto diminuire drasticamente il numero delle spugne e anche il pescato ha subito un calo. I kerkenni sono isolani pacifici e accoglienti e tengono tantissimo al loro mare e alla qualità dell’ambiente; già in passato sono state fatte battaglie contro le compagnie petrolifere e si sono opposti con successo alla costruzione di un aeroporto che avrebbe cambiato il loro stile di vita, senza farsi convincere da promesse di lavoro e ricchezza”.

 

Umberto Segni, di IsolaMondo, profondo conoscitore di questi luoghi della Tunisia, sempre su greenreport.it, racconta che “lo sversamento viene da una piattaforma a 7 km dalla costa. Gli organi di informazione ufficiale e le compagnie petrolifere minimizzano, ma il problema è serio e la gente dell’isola è arrabbiata e preoccupata”.

Su Kerkennah Islands, Alain Langar scrive sconsolato: “Non so da che parte devo cominciare. Da anni ho sollevato questi problemi. Una completa ignoranza e un’incompetenza dei responsabili nazionali e regionali: silenzi radio. Sfortunatamente i Paesi in via di sviluppo adorano le catastrofi! So bene di cosa parlo perché sono del mestiere e peso le mie parole. Non pensano che al profitto finanziario, ecco i risultati. Nessuna lezione dal passato, prima c’era stata la Npk a Sfax e oggi Bp! Non vi resta che bussare alle porte delle assicurazioni, ancora!”.

“La sola e unica responsabile di questa catastrofe della marea nera è il responsabile della municipalità – sottolinea sempre Alain Langar -: perché ha dato l’autorizzazione all’esplorazione di questo giacimento sotto il treno dittatoriale del vecchio regime! Ora deve rendere conto agli sfortunati Kerkéniens. Come si dice, il denaro fa marcire le persone. Nessun rispetto per la persona umana e per il suo ambiente. La natura non vi perdona. Sono molto triste per la negligenza dei responsabili che ci ha fatto arrivare a questa orribile catastrofe. Le nostre isole non meritano questo destino maledetto”.

Quello che sta succedendo dovrebbe far risvegliare tutti gli italiani che il 17 Aprile – chi perché convinto che le trivelle non costituiscono pericolo per il Mediterraneo (per fortuna un’esigua minoranza), chi perché non informato – potrebbero non andare a votare. Quello che è successo lungo le coste tunisine potrebbe succedere nel mare di Lampedusa, di Linosa, di Pantelleria, nel Canale di Sicilia, nel mare di Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Sciacca, Licata, Gela, nel mare di Ragusa e nel mare di Siracusa. E, ancora, nell’Adriatico e in tutti i tratti di mare interessati dalle trivelle.

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