Accusa choc alla Monterosso: peculato. I pm vogliono il processo

2 marzo 2016

Dopo la condanna della Corte dei Conti, adesso è la Procura di Palermo che vuole processarla. L’ipotesi di reato è pesantissima e parla di appropriazione indebita. Cosa si inventeranno ora per salvare la poltrona  del potente segretario generale della Regione?

La batosta era nell’aria. Ma, forse, Patrizia Monterosso, così pesante non se l’aspettava. Le cose, infatti, per il potente segretario generale della Regione, si sono messe alquanto male. Già condannata dalla Corte dei Conti a restituire alle casse erariale 1, 3 milioni di euro (per il caso dei rimborsi extrabudget agli enti della Formazione professionale), adesso sarà chiamata a rispondere di un’accusa gravissima: peculato. La Procura di Palermo, infatti, si appresta a chiedere il processo. L’indagine è stata condotta dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Luca Battinieri.

Un’accusa gravissima, dicevamo. Per capirlo basta leggere la definizione di peculato:  “Il reato previsto dall’art. 314 del codice penale, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria; detto reato è punito con la reclusione da quattro a dieci anni”. 

Va da sé che, se ad essere sospettato di un tale reato è uno dei più alti burocrati della Regione Siciliana, la vicenda diventa spinosissima.

Come detto, l’indagine ha avuto ad oggetto la vicenda dei rimborsi extrabudget-  le integrazioni concesse negli anni scorsi agli enti di formazione – per cui la Monterosso è stata già condannata dalla magistratura contabile che le ha ritenute illegittime.

La Regione, però, dopo la condanna della Corte dei Conti (e nonostante gli appelli del Movimento 5 Stelle che chiedeva a Palazzo d’Orléans di farsi rimborsare quella somma), aveva provato ad intraprendere la via delle ‘compensazioni’. Ovvero, tentare di recuperare quei soldi dai finanziamenti dei nuovi bandi della Formazione.

Ma poiché questo tentativo di salvare le tasche del segretario generale si è ripercosso su alcuni enti (con il blocco dei bandi), questi si sono opposti costituendosi in giudizio. E proprio questa diffida ha dato ai Pm il la per le indagini che si sono concluse oggi con il rinvio a giudizio. 

C’è da aggiungere che  all’inizio, quando si è appresa la notizia dell’apertura di un fascicolo da parte della Procura, si ipotizzava solo l’abuso d’ufficio. Evidentemente, spulciando tra le carte, i Pm hanno ritenuto che c’è di più.

Vedremo adesso cosa si inventeranno per salvare, ancora una volta, la poltrona della potente donna dello staff di Crocetta (della sua mirabolante carriera vi abbiamo parlato qua). Poiché se è vero che non c’è ancora una condanna (penale) è anche vero che c’è una questione di opportunità e di responsabilità politica che rimane aperta. Il Presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, in visita a Palermo,  proprio parlando della condanna contabile della Monterosso, lo aveva detto senza peli sulla lingua (ve lo abbiamo raccontato qui). 

Chissà che direbbe oggi sapendo che oltre alla condanna della Corte dei Conti c’è anche una ipotesi di peculato….

AGGIORNAMENTO:

QUI SOTTO UN APPROFONDIMENTO SUL CASO CHE è PEGGIO DI QUANTO IMMAGINAVAMO

Il ‘caso’ Monterosso-Corsello: i pm contestano l’irrituale recupero delle somme a carico degli enti di formazione

 

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