Il futuro della Sicilia? Fuori dall’Italia restando in Europa

15 dicembre 2015

La Sicilia è un’Isola strategica. Ma diventa ininfluente quando viene conquistata. E oggi non contiamo nulla perché siamo una ‘colonia’ dell’Italia. Siamo solo un museo. Per tornare ad essere strategici – e quindi per tornare liberi di sceglierci il nostro futuro – dobbiamo essere indipendenti. La prima cosa da fare, oggi, è mandare a casa questi servi e politicanti d’accatto

Per comprendere la posizione e la situazione della Sicilia nel contesto italiano ed europeo ci soccorre una simulazione. Immaginiamo che, nello svolgersi di un’altra Storia, gli Stati rivieraschi dell’Africa del nord, dall’Egitto al Marocco, ricchi, potenti e politicamente stabili, abbiano costituito  un’Unione  del Mediterraneo e che di questa unione faccia parte anche l’Italia, compresa la Sicilia. La Sicilia, posta al confine tra l’Italia e il resto di questa Unione, godrebbe di una eccezionale rendita di posizione che ne avrebbe fatto nel tempo la regione più ricca del Paese in quanto al centro di un libero mercato.

Torniamo alla realtà. Nella realtà la Sicilia della simulazione è rappresentata dal Veneto, che, proprio in ragione della sua posizione privilegiata rispetto all’Unione Europea, negli ultimi trent’anni ha  aumentato il suo PIL in maniera esponenziale.

Purtroppo nella realtà la nostra regione è alla periferia della UE e ne paga tutti i prezzi. Quei prezzi che, nella simulazione,  sarebbe proprio il Veneto a pagare. Vi rendete conto di quanto sono bestie i leghisti e chi ci va appresso, che attaccano la Germania e l’Europa? Che vogliono tornare alla Lira?

Si dimostra che, purtroppo, non è necessario essere intelligenti per essere ricchi. Basta trovarcisi in mezzo e anche l’ultimo dei cretini fa “i sghei”. Quando dicono che vogliono uscire dall’Europa, ah! Dio, come sarebbe bello farglielo provare! Alle prese con dogane e dazi. Bestie!

Torniamo a noi. Noi non dobbiamo più farci illusioni. La Sicilia  può cambiare il suo stato in due modi: per un terremoto che faccia ruotare l’Italia, capovolgendo la sua posizione geografica, o  FACENDOLO LEI ILTERREMOTO! Chi sta in cima e ha una visione ottusa e meschina delle cose non consentirà mai agli altri di arrivarci, a quella cima. Se così non fosse l’Italia sarebbe una nazione e non un desolante accozzo di egoismi.

Ci vuole intelligenza e lungimiranza politica per capire che le debolezze di una parte del Paese sono le debolezze del Paese. Ma in Italia sono troppi gli egoismi inveterati che hanno impedito, impediscono ed impediranno sempre che il Mezzogiorno d’Italia diventi come il resto del Paese.

Siamo assai diversi dai  tedeschi che prima di essere Brandenburghesi o Bavaresi, Renani o  Svevi, del sud, del nord, dell’est o dell’ovest, sono TEDESCHI. Si sono svenati per portare la Germania orientale allo stesso livello dello resto del Paese; hanno speso fino all’ultimo Marco e poi dell’Euro degli aiuti europei e in trent’anni hanno raggiunto l’obbiettivo. Solo cosi potevano diventare la prima nazione d’Europa. Quello che loro non è riuscito con le guerre è riuscito con l’economia!

I nostri statisti invece per 150 anni si sono baloccati e tuttora si baloccano con la questione meridionale prendendosi e prendendoci in giro! Sono stati loro la questione! Sono loro il problema!

Si dica la verità una volta per tutte! Al Nord il Sud sta bene così. Sta bene alla politica, a Confindustria, agli Enti di Stato, e così elencando. Noi non siamo italiani, salvo quando la nostra nazionale vince i mondiali. Noi siamo e resteremo una squallida espressione geografica, come diceva il Metternich, che aveva capito  tutto.

Nessuno verrà mai per aiutarci, nessuno, per esempio, ci libererà dalla mafia, soprattutto da quando è dimostrato scientificamente che, senza la mafia, saremmo uguali al Nord. Noi siamo tributari  del Nord e ci viene concesso soltanto quello che serve per essere un mercato di spesa.

Nel tempo, per mantenerci in questa condizione servile, dopo l’esercito piemontese, dopo i prefetti, il sistema  ha escogitato un meccanismo apparentemente incruento, l’ascarismo. Ci tengono sott’acqua con la politica.

I punti più bassi della nostra storia sono quelli quando la politica del Nord riesce a farsi votare dal Sud. Le persone intelligenti del Nord finora hanno avuto ragione perfettamente nel ritenere che i siciliani sono sempre gli stessi: sono i nipotini di quegli stupidi che nel referendum “monarchia-repubblica” andarono a votare per la monarchia facendosi  largo verso i seggi elettorali tra le macerie che una  guerra voluta dalla monarchia aveva causato.

Tocca  a noi dimostrare che non è più così, che siamo cresciuti. Come siciliano non mi vergognerò mai abbastanza di quel  61 a 0 che per me rappresenta il punto più basso della nostra abiezione e il punto più alto del nostro masochismo.

Abbiamo consegnato la nostra Sicilia a un Giufà (siciliano però, sono i migliori in questo campo!) che l’ha girata a un bauscia arricchitosi con la benevolenza e la complicità di un  farabutto pregiudicato.

Ma gli stupidi per fortuna non fanno fortuna, non a lungo comunque. Prima o poi la loro insipienza viene a galla. E puzza. La strada maestra per la nostra Sicilia è l’Europa, senza l’Italia. Noi dobbiamo lottare per lasciare l’Italia e per restare in Europa, Stato tra gli Stati, nazione non più periferica di quanto non lo sia l’Irlanda .

Ricordiamoci che la Sicilia è strategica solo fino a quando non viene conquistata!  Dopo diventiamo un museo. Ricordiamoci quindi che per restare strategici  dobbiamo diventare indipendenti. Possiamo farcela. Possiamo volare.

Dobbiamo capire e fare capire che  l’indipendenza non è un salto nel vuoto, e che invece restare così è un precipitare nell’abisso. Abbiamo tutte le motivazioni  per avviare questo processo. Abbiamo i mezzi per riuscirci.

La prima mossa, la prima precondizione è mandare a casa questa accolita di servi e di politicanti d’accatto che ci stanno svendendo.

Con gente così non c’è futuro.

 

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