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Che fine ha fatto il fiume di soldi che Ue e Italia hanno dato alla Tunisia? L’inchiesta sugli scafisti siciliani/ MATTINALE 844

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  • Ora abbiamo anche gli scafisti siciliani. Perché, visto che viene considerato giusto che i migranti arrivino in Europa, non si organizza un ponte aereo tagliando le gambe ai criminali che fanno pagare ad ogni migrante 5 mila euro per arrivare in Italia via mare?
  • Che fine ha fatto il fiume di denaro che Unione europea e Italia hanno erogato alla Tunisia negli ultimi 15 anni? 
  • Dalla Tunisia, in Italia e in Europa, non arrivano solo migranti. C’è anche il fiume di olio d’oliva tunisino. Che fine fa dal momento che non si è mai vista una bottiglia di olio d’oliva con il marchio “olio d’oliva tunisino”? E che pesticidi utilizzano in Tunisia per coltivare gli olivi?  
  • Con la metà della popolazione circa di cittadini della Tunisia che vivono al di sotto della soglia di povertà è pensabile che l’emigrazione verso l’Europa si fermerà? 

Ora abbiamo anche gli scafisti siciliani. Perché, visto che viene considerato giusto che i migranti arrivino in Europa, non si organizza un ponte aereo tagliando le gambe ai criminali che fanno pagare ad ogni migrante 5 mila euro per arrivare in Italia via mare?

Ieri giornali e blog siciliani e non solo siciliani hanno raccontato la storia degli scafisti siciliani finiti nella rete di un’inchiesta della Magistratura. Così si è scoperto che non ci sono solo le bande di criminali in Libia e in Tunisia che fanno pagare 4-5 mila euro ad ogni migrante che, dal Nord Africa, si vuole trasferire in Europa, passando dall’Italia e, segnatamente, dalla Sicilia (anche se non mancano sbarchi in Calabria). La stessa cosa fanno bande di siciliani che partono con i motoscafi dalla nostra Isola, arrivano in Tunisia, caricano i migranti e li portano in Sicilia. Il prezzo del ‘biglietto’ verso l’Europa, a quanto pare, è lo stesso: 4-5 mila euro per ogni migrante. Si potrebbe sottolineare una cosa banale: e cioè che per evitare a queste persone di avventurarsi in mare, in alcuni casi rischiando la vita – ora con le barche che vengono intercettate dalle navi delle ONG che ‘salvano’ i migranti, ora con il servizio delle navi-madri che li accompagnano nei pressi di Lampedusa, ora con il ‘servizio’ messo a disposizione dagli scafisti siciliani – basterebbe organizzare un servizio aereo, pagato dalla ‘solidale’ Unione europea, dall’Africa verso le capitali d’Europa, attuando alla fonte un piano per la ripartizione dei migrati. Così facendo verrebbero meno i 4-5 mila euro che ogni migrante paga per arrivare dall’Africa all’Europa e finirebbe il grande affare dei criminali chi gestiscono questo traffico di esseri umani. Finirebbe anche il grande affare di chi trasporta i migranti da Lampedusa a Porto Empedocle (biglietto delle nave pagato dallo Stato italiano, 40 euro per ogni passeggero); finirebbe il servizio di fornitura di pasti ai migranti a Lampedusa (altri soldi pagati dello Stato italiano); si ridurrebbero drasticamente i Centri di accoglienza migranti in Italia (altri soldi dello Stato italiano). E, soprattutto, si toglierebbe dalla mani dei criminali un grande business cha va avanti da oltre venti anni. Ecco il punto: siamo sicuri che a gestire il danaroso traffico umano dall’Africa in Europa siano solo i criminali presenti in Libia e in Tunisia? Ma c’è un altro aspetto di questa vicenda che non è molto gettonato dal mondo dell’informazione: i soldi spesi da quindici anni a questa parte in Tunisia da Unione europea e Italia per bloccare i viaggi di migranti tunisini verso l’Europa per sostenere lo sviluppo economico della Tunisia rimasto sulla carta. Un fiume di denaro che nessuno sa che fine abbia fatto.

 

Che fine ha fatto il fiume di denaro che Unione europea e Italia hanno erogato alla Tunisia negli ultimi 15 anni? 

Per evitare che i migranti provenienti dall’Africa invadano l’Europa – si dice da anni – bisogna aiutare i Paesi africani a far crescere le proprie economie. Tesi giustissima. Il problema si riassume in una domanda: come? I migranti che arrivano a fiumi dalla Tunisia dimostrano inequivocabilmente che dei copiosi aiuti finanziari che Unione europea e Italia hanno erogato proprio alla Tunisia qualcosa non ha funzionato. Altrimenti i migranti tunisini non si catapulterebbero in Italia attraverso la Sicilia. Va ricordato che l’emigrazione è uno strumento formidabile per alleggerire in un Paese la pressione della povertà. Se un Paese ha un gran numero di poveri che non sa come e dove far lavorare e, quindi, come sfamare, agevola l’emigrazione dei senza lavoro verso altri Paesi, scaricando il problema altrove, in questo caso in Europa in generale e in Italia in particolare: che è quello che avviene da anni. Con la mediazione dei criminali che – di fatto è così – fanno pagare ad ogni migrante una barca di soldi per attraversare il Mediterraneo. In questa ventennale storia dei migranti che arrivano dall’Africa via mare tutto ruota attorno al denaro: il denaro che criminali che gestiscono il traffico umano incassano da ogni migrante; il denaro che bisogna approntare per mettere in mare le navi delle ONG; il denaro che gira a Lampedusa per la gestione dei migranti che arrivano nell’isola; il denaro per trasportare i migranti da Lampedusa alla Sicilia; il denaro per occuparsi dei migranti che arrivano in Sicilia; il denaro per distribuire i migranti nelle altre Regioni italiane; il denaro per tenere in piedi i Centri di accoglienza; e il denaro che Unione europea e Italia hanno pagato per lo sviluppo economico in Tunisia che non c’è stato (ribadiamo: sarebbe interessante capire dove sono finiti questi soldi).

 

Dalla Tunisia, in Italia e in Europa, non arrivano solo migranti. C’è anche il fiume di olio d’oliva tunisino. Che fine fa dal momento che non si è mai vista una bottiglia di olio d’oliva con il marchio “olio d’oliva tunisino”? E che pesticidi utilizzano in Tunisia per coltivare gli olivi?  

Ma Unione europea e Italia hanno fatto di più. Nel 2016, con un voto del Parlamento europeo, è iniziata quella che non è esagerato definire l’invasione dell’olio d’oliva tunisino in Europa a dazio zero. Il Paese che sembra avere ‘beneficiato’ di più dell’olio d’oliva tunisino venduto a 1 euro massimo 2 euro al Kg è stata l’Italia e, in generale, la Sicilia. Non solo l’Italia ha erogato tanti soldi alla Tunisia per uno sviluppo economico che non c’è stato, per avere in cambio, di fatto, migranti, ma da anni il nostro Paese si ‘sciroppa’ l’olio d’oliva tunisino che non si sa come venga prodotto: che pesticidi utilizzano in Tunisia per coltivare gli olivi? Si sa che in Tunisia sono stati fatti grandi investimenti in agricoltura (con i soldi dell’Unione europea e dell’Italia?) e, segnatamente, nell’olivicoltura da olio. Da anni l’olio d’oliva tunisino arriva soprattutto in Sicilia ma non si capisce che fine faccia. Ci dicono che venga importato dalla Tunisia per essere esportato in altri Paesi del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti d’America. Esportato come olio d’oliva tunisino con tanto di indicazione? Abbiamo interpellato alcuni nostri amici che vivono negli Stati Uniti, che ci hanno detto che non hanno mai visto una bottiglia di olio d’oliva extra vergine o di olio d’oliva con il marchio che indica la provenienza tunisina del prodotto. Che dire? Magari il nostro campione di cittadini americani non è rappresentativo. Però notiamo che in Sicilia e in Italia si vendono tante bottiglie di olio d’oliva extra vergine a 5 euro, a 4 euro, a 3 euro a bottiglia, pur sapendo che una bottiglia di olio d’oliva extra vergine italiano non può costare meno di 7-8 euro! Chissà da dove arriva questo olio d’oliva… Come potete notare, dal grande giro di soldi che ruota attorno alla gestione dei migranti che arrivano dal mare si affianca un grande giro di affari che ruota attorno all’olio d’oliva tunisino. Soldi, soldi, soldi…

 

Con la metà della popolazione circa di cittadini della Tunisia che vivono al di sotto della soglia di povertà è pensabile che l’emigrazione verso l’Europa si fermerà? 

Se a pagare di più nella gestione dei migranti è la Sicilia che, alla fine, deve tenere ‘botta’ al grande flusso di migranti, migranti che arrivano nella nostra Isola ormai per quasi 12 mesi all’anno, chi paga il conto del caos che si è determinato nel mondo dell’olio d’oliva sono le tre Regioni del Sud dove si produce il 90% dell’olio extra vergine di oliva italiano: Puglia, Calabria e Sicilia. Se tutto l’olio d’oliva che arriva in Italia dalla Tunisia viene esportato all’estero, il prezzo dell’olio d’oliva extravergine italiano dovrebbe essere remunerativo. Invece, nonostante l’aumento spropositato dei costi di produzione – aumento causato dall’incremento dei costi dell’energia, dei fertilizzanti e, in generale, di tutti i costi di produzione – il prezzo dell’olio d’oliva extravergine si mantiene basso: quanto meno, per essere precisi, va detto che il prezzo riconosciuto agli agricoltori siciliani è basso. E’ questo è un controsenso non soltanto per il citato aumento dei costi di produzione, ma anche perché quest’anno si stima una riduzione media della produzione del 30% e, di conseguenza, il prezzo dovrebbe aumentare. Questa digressione sull’olio d’oliva extra vergine italiano, che piaccia o no subisce la concorrenza dell’olio d’oliva tunisino e di altri oli d’oliva, ci dice che i rapporti economici impostati dall’Italia con la Tunisia sono sbagliati. La Tunisia – spiace dirlo ma è così – si libera di manodopera che non saprebbe come impiegare. Gli serve per organizzare meglio la propria economia? Non si direbbe, se è vero che questo Paese deve fronteggiare i cambiamenti climatici (leggere siccità), la mancanza di grano, gli strascichi della pandemia: tre fattori che si sono inseriti in un contesto in cui l’economia tunisina era già stagnate da anni. A differenza dell’Algeria, che ha già chiesto di entrare nel BRICS, la Tunisia si rivolge ancora all’Occidente, a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale che, in cambio degli aiuti, neanche a dirlo, chiede le solite riforme: taglio della spesa pubblica, taglio dei dipendenti pubblici e via continuando con i crismi dell’economia ultra-liberista e globalista. La situazione economica della Tunisia resta difficile, con quasi 6 milioni di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà in un Paese di 12 milioni di abitanti. Ci sono dubbi sul fatto che l’emigrazione di tunisini verso l’Europa passando dalla Sicilia continuerà?

Foto tratta da Avvenire                        

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