Sul Titanic

La tragica morte della piccola Elena, prima di condannare senza appello la madre proviamo a capire

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  • La nostra società ha dimenticato compassione, comprensione, cura del prossimo e dei più deboli, rispetto degli ultimi e e di coloro che sono svantaggiati

di Enzo Guarnera

Come spesso accade un fatto di cronaca nera viene utilizzato per fidelizzare un popolo di guardoni e fare lettori e ascolti

La tragica vicenda della piccola Elena uccisa dalla madre induce alcune riflessioni.
Come spesso accade un fatto di cronaca nera viene utilizzato per fidelizzare un popolo di guardoni e fare ascolti.
Improbabili commentatori sentenziano e giudicano, senza conoscere.
Quante volte è accaduto e, temo, continuerà ad accadere!
Ma vi è un aspetto che merita di essere approfondito.
In tanti, sui social, hanno ricoperto di insulti, minacce e disprezzo la madre, che pare abbia programmato con lucidità l’assassinio della figlia.
Le hanno augurato di “marcire” in carcere, che è molto più di una condanna.
È una sentenza dettata dall’istinto e dall’odio, senza possibilità di appello, senza voglia di capire.
“Marcire” vuol dire che non è prevista alcuna redenzione.
Ma ci siamo chiesti chi è questa madre di 23 anni, che vita aveva, che cosa capiva della realtà, di sé e di chi le stava attorno?
Certo, riceverà una giusta punizione, ma non va giudicata con ferocia assoluta.
I greci, i latini e i cristiani hanno una parola in comune: PIETAS!
Sintetizza un modo di essere che abbiamo smarrito: compassione, comprensione, cura del prossimo e dei più deboli, rispetto degli ultimi e e di coloro che sono svantaggiati.
In sintesi, AMORE.
Proviamoci prima di giudicare.

Foto tratta da Leggo.it

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