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La Commissione europea ha deciso di massacrare carni rosse, salumi e vini (cioè il Made in Italy alimentare)/ MATTINALE 536

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  • Deve fare riflettere la decisione della Commissione che ha deciso di penalizzare questi settori nel piano della crisi pandemica e dell’inflazione. E’ chiaro che vogliono assestare il colpo di grazia, soprattutto agli allevamenti intensivi
  • Di quanto sta succedendo se ne sono accorti anche dalle parti dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari. Le responsabilità dei Governi italiani che, con la speculazione della soccida, hanno sempre agevolato gli allevamenti di carne intensivi del Nord penalizzando Sud e Sicilia  
  • A pagare il conto agli ambientalisti-fondamentalisti dell’Unione europea saranno anche i vini, assimilati impropriamente ai superalcolici

Deve fare riflettere la decisione della Commissione che ha deciso di penalizzare questi settori nel piano della crisi pandemica e dell’inflazione. E’ chiaro che vogliono assestare il colpo di grazia, soprattutto agli allevamenti intensivi

Mentre l’agricoltura è alle prese con una crisi epocale provocata dall’inflazione incontrollata e, a quanto pare, incontrollabile, bisogna anche fare i conti con un’Unione europea che ha deciso di penalizzare la produzione di carni rosse e di vini. Questi ultimi vengono assimilati ai superalcolici e, di conseguenza, demonizzati da un’andata di ambientalismo fondamentalista. I Nuovi Vespri, da quando è in rete, manifesta perplessità sull’attuale Unione europea; e non abbiamo mai nascosto il nostro giudizio positivo sull’uscita dal Regno Unito dalla Ue. All’inizio i nostri lettori non erano molto d’accordo con noi; oggi l’invito a riflettere sui guasti che l’Europa ha provocato in Sicilia e nel Sud Italia, soprattutto nel settore agricolo, compresi, ovviamente, gli allevamenti di animali comincia a trovare finalmente il giusto spazio. Abbiamo più volte scritto sul Nutriscore, una follia che punta a stravolgere i consumi alimentari europei e, di conseguenza, le agricolture, penalizzando il mondo agricolo dell’Europa mediterranea. Oggi – ed era ora – anche grandi e importanti nomi del mondo agricolo e agro-industriale italiano cominciano a pendere le distanze dall’Unione europea. E quando parliamo di Italia non ci riferiamo soltanto al Sud e alla Sicilia (già penalizzate dal grande imbroglio del CETA, il trattato commerciale tra Ue e Canada mai approvato da tutti i Parlamenti dei 27 Paesi europei e applicato lo stesso: L’imbroglio del CETA: favorisce i prodotti del Nord Italia e penalizza il Sud e la Sicilia), ma anche la Nord Italia. Perché i vini – oggi penalizzati dalla Ue – si producono nel Nord, nel Centro e nel Sud Italia; mentre la carne rossa e gli insaccati – ultra-demonizzati dalla Ue – colpiscono soprattutto allevamenti e industrie presenti nel Nord Italia.

Di quanto sta succedendo se ne sono accorti anche dalle parti dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari. Le responsabilità dei Governi italiani che, con la speculazione della soccida, hanno sempre agevolato gli allevamenti di carne intensivi del Nord penalizzando Sud e Sicilia  

Oggi l’Alleanza Cooperative Agroalimentari è molto critica con le scelte che la commissione europea si appresta ad adottare in questo 2022 in materia di politiche alimentari. Solo ora hanno capito che, nonostante la crisi pandemica – e soprattutto nonostante l’inflazione che sta facendo lievitare in modo esponenziale i costi di produzione in agricoltura e nell’agro-industria – l’Europa ‘quasi’ unita si appresta ad assestare colpi durissimi alle carni rosse fresche e trasformate, ai superalcolici e ai vini – ribadiamo – assimilati impropriamente ai superalcolici. Già con l’aumento del costo dell’energia e con l’ormai imminente aumento delle bollette della luce e del gas migliaia di imprese italiane si troveranno in grande difficoltà; con i tagli al programma di promozione da parte della Ue, molto aziende che producono carni rosse, salumi, superalcolici e vini potrebbero anche chiudere. Attenzione: una parte di quanto sta accadendo è frutto di scelte valute dal nuovo ambientalismo che contraddistingue l’attuale Unione europea; ma c’è anche la responsabilità italiana per ciò che riguarda gli allevamenti intensivi di animali che, nella stragrande maggiorana dei casi, hanno sede nel Nord Italia. Noi abbiamo più volte segnalato l’assurdità tutta italiana di un antico contratto agrario, che prevede importanti agevolazioni fiscali, utilizzato da aziende che, con l’agricoltura, hanno poco o punto in comune. E’ inutile che ci giriamo attorno: la soccida – contratto agrario ancora oggi utilizzato negli allevamenti intensivi del Nord Italia – è una ‘furbata’ fuori dalle elementari regole ecologiche, perché si tratta di allevamenti che provocano enormi sofferenze agli animali e un grande inquinamento ambientale.

A pagare il conto agli ambientalisti-fondamentalisti dell’Unione europea saranno anche i vini, assimilati impropriamente ai superalcolici

Insomma, non c’è da stupirsi se, oggi, anche in piana crisi pandemica ed economica i nuovi ambientalisti europei iniziano la resa dei conti con chi, in Italia, in materia di carni rosse, ha fatto il bello e il cattivo tempo, scippando fette di mercato agli allevamenti di animali di Sud e Sicilia, inquinando l’ambiente e provocando sofferenza immani agli animali. Quello che non hanno fatto negli ultimi vent’anni i Governi italiani – supini agli interessi del Nord Italia – si accinge a farlo l’Unione europea. E questo è solo l’inizio, perché i fondamentalisti dell’ecologismo europeo andranno fino in fondo fino a quando non avranno fatto piazza pulita degli allevamenti intensivi. Si mettano il cuore in pace i nostri amici del Nord. Il problema è che, oltre agli allevamenti intensivi (di carni rosse, ma non soltanto di carni rosse, come si accorgeranno nei prossimi anni le imprese italiane, ammesso che la Eu resista), gli ambientalisti fondamentalisti se la stanno prendendo pure con i superalcolici e con i vini, accusati di provocare il cancro. Nel caso dei vini sono accuse infondate, che possono acquisire una certa validità per le persone che mandano giù, per anni, tre o quattro litri di vino al giorno. Ma ormai il messaggio è passato e andranno avanti. Anche perché in questa storia si sono inseriti gli interessi di chi produce bevande alternative.

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