Storia & Controstoria

Nel 1862 a Siculiana un contadino fucilato dai piemontesi perché andava a caccia

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  • Settant’anni dopo i nazisti avrebbero fattole stesse e sarebbero passati alla storia come criminali. I piemontesi del 1860 ancora oggi, nei libri di storia, sono considerati gli eroi che hanno ‘unificato’ l’Italia (nel sangue)  

Anche se ha mostrato la cacciagione è stato fucilato lo stesso perché i conquistatori piemontesi avevano deciso che la popolazione non doveva possedere armi. Con molta probabilità il contadino non lo sapeva: ma è stato fucilato lo stesso

Nella tornata del Parlamento di Torino de’ 25 novembre, il deputato Nicotera, tra le altre cose dice: … “A Canicattì (Ag), non essendo riuscito a quel prefetto di arrestare il Sindaco, creduto garibaldino, fa arrestare il padre di 74 anni. A Noto (Sr), l’egregio giovane Mariano Salvo la Rosa, direttore del Democratico, un giorno scrisse un articolo contro il prefetto; ebbene, è reputato così grave questo fatto, che l’infelice giovane è posto in una prigione così orribile, che dopo qualche giorno, ha uno sbocco di sangue, e muore. A’ 2 ottobre un tal Vincenzo Caferro, di Siculiana (Ag) pensa di andare a caccia, e tira la fucilata ad un uccello, indi si accorge che si avanza la truppa, ed allora questo disgraziato temendo che la truppa per aver inteso il colpo di fucile lo arrestasse, si rifugia nella casetta vicina d’un contadino cui narra il fatto. Questi risponde: che hai da temere? Se viene la truppa io mostrerò l’uccello ucciso, e si persuaderanno; lascia a me il fucile, ci penserò io. L’altro acconsente. La truppa arriva, e fa il suo dovere. Dal momento che v’è il bando di proibizione per le armi, arresta il contadino, lo porta a Siculiana: si telegrafa al prefetto; e il prefetto ordina la fucilazione. In questo io domando la testimonianza del deputato Cognata”. Quest’ultimo parla, ed aggiunge: “L’onorevole Nicotera ha chiamato a testimonianza il mio nome: io sento il dovere di dichiarare che il fatto da lui narrato, in gran parte vero, merita rettifiche; le quali però aggravano l’orrore che deve inspirare nell’animo degli onesti la fucilazione d’un innocente, e per conseguenza aumentano la responsabilità del ministero. Parve a me, o signori, che in quel fatto, sostituto l’arbitrio delle leggi, la giustizia fosse un nome vano per la mia Sicilia. Sotto l’incubo di questa fatale impressione, io, deputato al Parlamento e rappresentante di qual corpo elettorale, scrissi una lettera al presidente del Consiglio, che non si degnò rispondermi: da quell’altezza que’ signori stentano a vedere questi piccoli insetti, che si chiamano rappresentanti del popolo”.

Francesco Durelli  Colpo d’occhio su le condizioni del Reame delle Due Sicilie nel corso dell’anno 1862, Ripostes Edizioni, pag. 92, 93

Foto tratta da Alta Terra di Lavoro

Articolo tratto da Regno delle Due Sicilie.eu

 

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