Storia & Controstoria

Mentre inglesi, garibaldini e mafiosi si prendono la Sicilia, a Napoli Francesco II viene tradito e ‘pugnalato’ dai suoi più fedeli collaboratori

Condividi
  • A Napoli va in scena il tradimento degli uomini più vicini al giovane Re del Regno delle Due Sicilie
  • Il vento della corruzione inglese e filo-piemontese soffia anche a Napoli 
  • I liberali napoletani al soldo di inglesi a casa Savoia

A Napoli va in scena il tradimento degli uomini più vicini al giovane Re del Regno delle Due Sicilie

Oggi lasciamo la Sicilia ‘liberata’ dal bandito di Garibaldi (quello che ha perso tutte le battaglie in Sicilia nonostante l’aiuto di inglesi e mafiosi) e ci trasferiamo a Napoli. Dove il giovane sovrano del Regno delle Due Sicilia, Francesco II, viene ‘accerchiato’ e tradito da quelli che avrebbero dovuto essere i suoi più fidati collaboratori. E’ solo questione di tempo: inglesi e garibaldini arriveranno anche a Napoli. E se in Sicilia si sono messi d’accordo con i mafiosi, a Napoli si metteranno d’accordo con i camorristi. I traditori di Francesco II finiranno tutti nel Cocito, che è l’unico posto dove questa gente di ‘grandi principi’ meritava di andare. Adesso diamo la parola a Giuseppe Scianò:

Il vento della corruzione inglese e filo-piemontese soffia anche a Napoli 

“Francesco II è circondato dai consiglieri più infedeli e dagli alti vertici militari e politici, corrotti a perfezione dagli agenti Inglesi e da quelli filo-Piemontesi, i quali anziché farlo reagire energicamente, gli hanno consigliato di dialogare con il Re Vittorio Emanuele per trovare assieme una soluzione onorevole. In realtà vogliono fargli perdere tempo per farlo ritrovare, sempre di più, di fronte al fatto compiuto. Da qualche tempo gli hanno suggerito di dare al Regno delle Due Sicilie una Costituzione liberale come quella del Piemonte. Gli fanno capire che questo gesto gli restituirebbe la credibilità e l’affidabilità perdute nei confronti di tutte le potenze europee. Per Francesco personalmente, che nei fatti è più tollerante e più rispettoso dei diritti altrui di quanto non lo siano gli stessi liberali, la concessione della Costituzione non è un problema. Non lo sarebbe stato neppure prima. Ma gli stessi consiglieri, in questi giorni, gli suggeriscono la linea morbida, che a suo tempo lo avevano indotto a non cambiare niente rispetto a quello che era stato l’ordinamento statuale ereditato dal padre Ferdinando II. Evidentemente stanno tendendo una trappola che il giovane Re intuisce, ma che non ha il coraggio di denunziare. Preferisce peraltro sgombrare il campo dall’accusa di assolutismo, dietro la quale l’Inghilterra ha giustificato e giustifica le proprie trame e le vere intenzioni. Avviene così che, da Portici, Francesco emani l’Atto Sovrano datato 25 giugno 1860, con il quale dà l’incarico al liberale Antonio Spinelli di formare un nuovo Ministero e soprattutto di elaborare la proposta di una nuova Costituzione sull’esempio di quanto gli altri Stati hanno fatto in Italia (leggi: Regno Sabaudo).

I liberali napoletani al soldo di inglesi a casa Savoia

Viene altresì adottato il tricolore italiano con l’aggiunta, sulla parte bianca, dello stemma della Casa di Borbone-Due Sicilie. Anche questa disposizione si muove in analogia a ciò che lo Stato Piemontese (Regno di Sardegna) ha già fatto con la dinastia sabauda. Una scelta infelice e tardiva, dal nostro punto di vista e da quello dei Popoli del Regno delle Due Sicilie. Ma si tratta di una scelta che i liberali e gli unitari non possono dire di non accettare o di non gradire… Ai consiglieri, ai liberali, ai voltagabbana, nonostante la possibilità di nominare un Capo di Governo di loro fiducia e nonostante l’elasticità dei contenuti, questo atto sovrano non basta. Anzi pretendono – con lo Spinelli in testa – che, anziché emanare un nuovo Statuto, il Re proceda a riesumare lo Statuto del 1848. Ufficialmente adducono il pretesto che la redazione di una nuova Costituzione richiederebbe tempi molto lunghi, incompatibili con il precipitare degli eventi. Nei fatti, però, richiamando in vita ex-tunc (dal 1848, cioè) l’antico Statuto, lo stesso Re legittimerebbe l’operato di quanti hanno remato e continuano a remare contro l’esistenza dello Stato Duosiciliano. Non solo: la riesumazione dello Statuto di dodici anni prima impedirebbe al Re e al Popolo delle Due Sicilie di avere un ordinamento istituzionale adeguato ai tempi, del tutto cambiati rispetto alla situazione del 1848. Quando, ad esempio, si gridava al pericolo di un’invasione da parte dell’Impero Austro-Ungarico. Un Impero, quello Asburgico, che nel 1860 è ormai ridimensionato.

Spinelli il manovratore

Francesco, per la verità, avrebbe altre alternative, come quella di conciliare l’una e l’altra esigenza, chiarendo che avrebbe potuto richiamare in vita il testo dello Statuto del 1848 facendone, però, decorrere gli effetti e la validità dal 1° luglio del 1860 (ex nunc, per usare termini squisitamente giuridici. E non ex tunc). Non sarebbe stato molto, ma avrebbe impedito tutta una serie di abusi e di trucchi che lo Spinelli avrebbe messo in moto spietatamente, giocando sulla decorrenza retroattiva. Ma Francesco, si sa, è troppo buono e preferisce cedere alle pressioni dello Spinelli, piuttosto che fare pesare la propria autorità ed il proprio acume. Spera, probabilmente, di dare un segnale di una buona volontà e di acquisire la fiducia dei liberali. Spera, inoltre, che l’amore per la Patria Duosiciliana possa prevalere sulle pregiudiziali ideologiche e politiche. Errore imperdonabile! Francesco sottovaluta, infatti, che quei liberali Napoletani, a prescindere dal fatto che possano essere o no nel libro-paga del Governo di Londra, non possono più scegliere; devono accettare ormai i dictat degli Inglesi, dei Piemontesi e dei Savoia. Il destino ed il futuro del Regno del Sud, a sua volta, dovranno essere quelli che gli Inglesi vogliono che siano.

Liborio Romano e il Generale Giuseppe Pianell (o Pianelli): due ‘eroi’ del banditismo risorgimentale italiano

D’altronde i Borbone delle Due Sicilie hanno sempre insistito sullo Stato dinastico e non sullo Stato nazionale. Viene difficile sollevare, ora, le questioni nazionali. Nonostante il fatto che, sia per i Siciliani, sia per i popoli della parte continentale del Regno delle Due Sicilie, le rispettive identità nazionali erano fortemente sentite. L’eventuale appello ad una resistenza popolare e nazionale contro l’invasore straniero avrebbe avuto un effetto positivo e forse travolgente. Francesco II se ne accorgerà quando ormai tutto sarà perduto. E quando l’eroica resistenza popolare sarà irrimediabilmente accerchiata, perché partita con troppo ritardo. Ad occupazione avvenuta. A stragi e genocidi culturali e politici già compiuti. O ancora in corso… Nel luglio 1860 nuova Costituzione, quindi, a Napoli e nuovo Governo costituzionale. Il primo Ministro Antonio Spinelli avrà nel suo Gabinetto la collaborazione, fra gli altri, di due grossi personaggi particolarmente esperti nel doppiogiochismo, nei tradimenti, nel carrierismo politico: l’avvocato Liborio Romano e il Generale Giuseppe Pianell (o Pianelli). A questi la storiografia risorgimentalista avrebbe avuto il dovere di dedicare molto più spazio. Anche perché senza personaggi spregiudicati e cinici come loro la conquista del Sud e della Sicilia e la conseguente Unità d’Italia non avrebbero mai avuto luogo.

Giuseppe Scianò E nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia!

 

Pubblicato da