Storia & Controstoria

1860: Palermo ‘conquistata’ dai picciotti di mafia in combutta con gli inglesi, altro che Garibaldi!

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  • A Palermo, quando Garibaldi entrò a Palermo protetto dagli inglesi con al seguito i picciotti di mafia (assoldati dagli stessi inglesi), nin ci su alcuna rivoluzione
  • I palermitani prendono le distanze da Garibaldi
  • Garibaldi, d’accordo con gli inglesi, libera i detenuti dell’Ucciardone che si danno al saccheggio della città per dare modo ai giornali dell’epoca di scrivere che “a Palermo c’era una rivoluzione”. Tutto falso: erano i mafiosi e gli ex detenuti che saccheggiavano la città
  • Nella ‘presa’ di Palermo ci sono solo schermaglie, mai un grande combattimento, anche perché i generalo corrotti Duosiciliani tengono bloccati 18 mila soldati borbonici impedendogli di prendere a calci nel sedere garibaldini e picciotti di mafia
  • La tattica del generale Landi che deve fare vincere i garibaldini e i picciotti di mafia 
  • Bloccati dai generali borbonici corrotti gli ufficiali borbonici non corrotti – in testa il maggiore Sforza – che a Calatafimi avevano sconfitto Garibaldi

A Palermo, quando Garibaldi entrò a Palermo protetto dagli inglesi con al seguito i picciotti di mafia (assoldati dagli stessi inglesi), nin ci su alcuna rivoluzione

Alle truppe garibaldine ed ai picciotti di mafia era apparso subito chiaro che la completa conquista di Palermo non sarebbe stata affatto trionfale, né così popolare, né così facile come qualcuno aveva promesso. Nonostante il fatto che il comportamento spregiudicato del Luogotenente Lanza e dei suoi complici avesse già dato buoni frutti. E nonostante la sapiente opera di George Rodney Mundy, che trasformerà l’ammiraglia Hannibal in una prestigiosa, per quanto atipica, sede diplomatica. Oltre che, ovviamente, in una centrale operativa di supporto al Generale-Dittatore. Mancava infatti ogni segno di vera rivoluzione… e di partecipazione di popolo. Niente potrà impedire che il deserto, che sarà incontrato da Garibaldi alla Fiera Vecchia, diventi, oltre che un fatto deludente, la dimostrazione della mancanza di condivisione popolare. E non basta! Più andrà avanti l’occupazione della città e più si concretizzerà una specie di resistenza passiva dei palermitani, che consideriamo comunque coraggiosi. Si pensi infatti ai pericoli che corrono i cittadini ed al clima di violenza e di sopraffazione, all’interno del quale i picciotti danno manforte (con i sistemi e le finalità che ben conosciamo) ai Garibaldini.

I palermitani prendono le distanze da Garibaldi

Le tante bandiere britanniche ed i cartelli con la indicazione «DOMICILIO INGLESE», che molte famiglie palermitane collocano alle porte, alle finestre ed ai balconi delle rispettive abitazioni, dimostrano che i cittadini di Palermo non collaborano con i liberatori Garibaldini e che, anzi, ne prendono le distanze. Tali bandiere, soprattutto l’Union Jack britannica ed i cartelli – ai quali abbiamo fatto cenno – sono senza dubbio segni di paura e di non partecipazione. Queste bandiere, questi cartelli e questa resistenza passiva li abbiamo già notati a Marsala. Li ritroveremo in altre città della Sicilia. Ma sono anche gesti offensivi per gli occupatori della città, i quali, ufficialmente, hanno come bandiera il tricolore italiano. Neppure gli storiografi di parte risorgimentale osano smentire questa realtà. Anzi, spesso sono costretti ad ammettere, fingendo sorpresa, che nei cartelli posti sugli usci e sulle finestre delle abitazioni campeggia la sola dicitura: «DOMICILIO INGLESE». Nessun cartello con la scritta «VIVA L’ITALIA», o «VIVA GARIBALDI», o «VIVA VITTORIO EMANUELE». Gli Inglesi non vi hanno pensato né messo mano per non esasperare ulteriormente i Siciliani.

Garibaldi, d’accordo con gli inglesi, libera i detenuti dell’Ucciardone che si danno al saccheggio della città per dare modo ai giornali dell’epoca di scrivere che “a Palermo c’era una rivoluzione”. Tutto falso: erano i mafiosi e gli ex detenuti che saccheggiavano la città

L’intervento della malavita organizzata o quello dei singoli manigoldi ed anche quello degli ex detenuti dell’Ucciardone e degli altri penitenziari, liberati e contrabbandati per perseguitati politici (anche se utili sul piano della propaganda politica, soprattutto all’estero), in concreto, danneggiano, esasperano ed atterriscono la popolazione di Palermo che continuamente viene sottoposta a violenze e a saccheggi. Ma non riescono affatto a convertirla veramente alla causa unitaria… Ottengono l’effetto contrario. Altro fatto incontestabile, e volutamente sottovalutato, è costituito dalla ferma determinazione di fare il proprio dovere e di combattere – anche a costo di rischi e di sacrifici inimmaginabili – dimostrata dalla totalità dei soldati Duosiciliani e dalla maggioranza degli ufficiali più giovani, che rimangono fedeli al loro ideale di Patria Duosiciliana ed al loro Re, respingendo i numerosi tentativi di corruzione e le istigazioni a cambiare casacca, messi in moto dagli anglo-Piemontesi…

Nella ‘presa’ di Palermo ci sono solo schermaglie, mai un grande combattimento, anche perché i generalo corrotti Duosiciliani tengono bloccati 18 mila soldati borbonici impedendogli di prendere a calci nel sedere garibaldini e picciotti di mafia

Seguiamo un po’ le vicende di quella che la storiografia definisce la battaglia di Palermo. E che sarebbe più esatto definire la mancata battaglia di Palermo. O meglio ancora l’occupazione di Palermo. Combattimenti ve ne saranno molti, ma la vera, grande battaglia… non avrà luogo, perché verrà evitata con la consueta tempestività dal Luogotenente Lanza che continua, intanto, a fare ritirare e a tenere le proprie truppe letteralmente immobilizzate ed ammassate nel quadrilatero creato attorno al Palazzo Reale. Migliaia di ottimi soldati sono pertanto costretti a bivaccare, inoperosi, indignati, disperati, nel Piano di Santa Teresa (oggi Piazza Indipendenza) e nella vasta area antistante il Palazzo Reale, Piano di Palazzo (oggi Piazza Vittoria, dove, fra l’altro, oggi ha sede la Villa Bonanno). La tattica del Lanza non cambia: «Un passo avanti… e due indietro». Il Lanza continua con la tattica già collaudata: autorizza soltanto l’uscita di piccoli contingenti che vengono mandati qua e là senza una precisa strategia di combattimento. Anzi, sembra proprio che questi vengano destinati di volta in volta ad una sicura sconfitta per meglio accreditare la versione della superiorità numerica e militare dei Garibaldini e dei picciotti di mafia.

La tattica del generale Landi che deve fare vincere i garibaldini e i picciotti di mafia 

Non costituisce eccezione il trattamento riservato al Generale Landi, al quale – come già detto – viene consentito di muovere verso il nemico con un consistente contingente di soldati. Ma a ragion veduta. Il Landi, che ben conosciamo, è stato già l’artefice della incredibile vittoria di Garibaldi a Calatafimi. Non costituirà quindi nessun ostacolo effettivo per gli invasori. A maggior ragione a Palermo. Conosce fin troppo bene la via della ritirata… Combattimenti, particolarmente chiassosi, disordinati ed appariscenti, si svolgono, comunque, a Piazza Bologni, nei pressi del Palazzo Arcivescovile, a Porta Maqueda, al Giardino Inglese, nei dintorni immediati della Chiesa e del Convento di San Francesco di Paola, a ridosso dei Conventi dell’Annunziata e dei Benedettini, al Bastione Montalto ed in quasi tutto il quartiere di San Giacomo. I Garibaldini ed i picciotti di mafia tuttavia non sfondano. Ma sono destinati comunque a vincere. È scandaloso ma è così.

Bloccati dai generali borbonici corrotti gli ufficiali borbonici non corrotti – in testa il maggiore Sforza – che a Calatafimi avevano sconfitto Garibaldi

Diversamente, lo scrittore e letterato garibaldino Ippolito Nievo non avrebbe parlato di miracolo, alludendo alla conquista di Palermo, nella lettera inviata alla cugina Bice. E non crede ai propri occhi quando diventa partecipe di una conquista miracolosa… a sua insaputa! Una vera e propria offensiva bellica finale di ampie dimensioni viene iniziata dai Garibaldini che cercano di sfondare il quadrilatero Duo-siciliano dalla parte del Papireto. Una vittoria sul campo OPORTET… Vengono però respinti con fermezza dai soliti soldati Duosiciliani che vogliono continuare a fare il loro dovere. Anche in questo caso tuttavia i Garibaldini vinceranno ugualmente, grazie agli ordini del Lanza. Alcuni buoni successi, che pure non mancano ai soldati Duosiciliani, vengono prontamente vanificati dai soliti ordini di ritirata emanati dal comando borbonico. Il Lanza non si limita a questo. Cerca di non lasciare in circolazione alcuna unità in grado di mettersi a combattere veramente. Il precedente del maggiore Sforza, che a Calatafimi aveva rischiato di… sconfiggere Garibaldi, non dovrà più ripetersi.

Giuseppe Scianò E nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia!

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