Storia & Controstoria

Ogni tanto vincevano i patrioti del Sud: quando Giuseppe Caruso attirò in un tranello i piemontesi e li polverizzò

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  • L’astuzia sostituiva le nozioni militari

Attaccato da una compagnia del 36° fanteria rinforzata da cento uomini della guardia nazionale, Caruso li attirò in una zona fangosa e li massacrò

Gli ufficiali italiani erano impegnati in periodiche cacce all’uomo. Spesso spietate. Si distinguevano per la ferocia i bersaglieri, ma anche la Legione ungherese, con lancieri e ussari. “Quanto più feroci erano i briganti, tanto più violentemente reagiva la truppa, che puniva senza pietà” ricordò Basilide Del Zio. Nei primi due anni, Crocco (Carmine Crocco ndr) rimase ferito quattro volte. Alla fine del 1862, mentre era con gli uomini di Giuseppe Caruso (nella foto), il capo brigante fu attaccato da una compagnia del 36° fanteria rinforzata da cento uomini della guardia nazionale. L’astuzia sostituiva le nozioni militari. L’esperienza e la conoscenza del terreno diventavano vantaggi. Attirarono i soldati in un’area fangosa, dove con stivali e equipaggiamento pesante non si poteva proseguire. Così la truppa si trovò immersa in una specie di pantano, senza potere correre, né muoversi. Bloccati. I briganti piombarono loro addosso, urlando e bestemmiando. I soldati, terrorizzati, non riuscendo a capire da dove sbucassero quelle furie, si divisero e si sbandarono. Furono circondati e massacrati. Un tenente, rimasto vivo, fu legato a un albero e fucilato. Il capitano Giuseppe Rota, ex garibaldino, ferito a un braccio da un colpo di fucile, riuscì a trovare la forza di spararsi un colpo alla tempia con la rivoltella, uccidendosi. I cadaveri furono spogliati e depredati di tutto quello che avevano addosso.

Gigi Di Fiore Briganti, Utet Edizioni, pag. 109, 110.

Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu

Foto tratta da Parco Naturale Regionale del Vulture

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