Terza pagina

Il mistero di Caltabellotta: misticismo? erotismo? esoterismo? Il dipinto che ci riporta a Santa Caterina da Siena

Condividi
  • Uno straordinario affresco nella grotta del Bene nell’eremo di San Pellegrino
  • La millenaria storia di Caltabellotta è anche legata all’occultismo, da Aleister Crowley alle ricerche del generale Patton
  • Caltabellotta e la Santa che beve il sangue di Cristo… dal suo costato. La metafora spiegata da Niccolò Tommaseo
  • Sono le Sante che ” trovano l’estasi… e provano piacere fisico”, o gli artisti che le rappresentano così?
  • Le sculture sensuali di Gian Lorenzo Bernini. Perché?
  • Santa Teresa d’Avila scolpita dal Bernini: una sensualità che indusse Mascagni a comporre una lirica! 
  • L’appello alla Soprintendenza ed alla Curia di Agrigento a preservare questo dipinto 

di Domenico Macaluso*

Uno straordinario affresco nella grotta del Bene nell’eremo di San Pellegrino

“Bagnatevi, bagnatevi nel sangue di Cristo Crocifisso; andate leccando el Sangue di Cristo Crocifisso per cotesti Perdoni, che altro non fa la Creatura, quando va per li Perdoni, se non ricogliendo el sangue”. Di cosa si tratta? Cos’è mai questo invito all’abluzione ed alla libagione ematica? Di chi sono queste fortissime parole? Tutto ha origine percorrendo gli oscuri meandri di una grotta, a ridosso della quale venne eretto da San Pellegrino un eremo, in una città misteriosa come la stessa grotta e mèta in passato di cultori di esoterismo. Siamo a Caltabellotta, provincia di Agrigento, considerata da chi crede nell’esistenza di una dimensione parallela a quella reale, una

dav

stargate per accedere alla dimensione esoterica. Caltabellotta, una cittadina straordinariamente bella, dove le rocce che la compongono secernono storia: ovunque, nei suoi dintorni, megaliti astronomici realizzati da antichi uomini appena emersi alla civiltà, resti di insediamenti punici e di villaggi romani; Caltabellotta teatro delle guerre servili, residenza araba, castello delle querce celebrato da Boccaccio nel suo Decamerone, rifugio della regina normanna Sibilla e del figlioletto Guglielmo III. Caltabellotta, che ha legato il suo nome alla pace tra svevi ed angioini, dopo la sanguinosa guerra dei Vespri … Caltabellotta, patria di astronomi e medici ebraici e scrigno di misteriosi tesori: cosa è venuto a fare il conte di Fiandra Guy de Dampierre a Caltabellotta, al ritorno di una crociata, forse a far modificare agli orafi ebrei una preziosa reliquia legata alla passione di Cristo?

La millenaria storia di Caltabellotta è anche legata all’occultismo, da Aleister Crowley alle ricerche del generale Patton

Che rituali veniva a celebrarvi ser Aleister Crowley, lo scrittore esoterico inglese, che praticava nella sua villa di Cefalù delle cerimonie orgiastiche, che lo portarono ad essere espulso dall’Italia per oscenità e perversione? Cos’è venuto a cercarvi il generale Patton, appassionato di occultismo, nel luglio del ’43, immediatamente dopo lo sbarco in Sicilia, forse la lancia del destino? Per quale motivo le due grotte che si dipartono dall’eremo di San Pellegrino, si chiamano del Bene e del Male? Perché mai monsignore Mangiapane parla di Caltabellotta, come città fatta di luci ma anche di molte ombre? Chi è la donna mantellata e stigmatizzata, raffigurata in un affresco nella grotta del Bene, che in ginocchio beve il sangue che sgorga dal costato di Gesù Cristo? Sono domande che meritano una risposta, a cominciare dall’ultima: chi rappresenta la donna che appoggia le labbra al costato di Cristo? Una rapida ricerca sul web alla voce “iconografia sacra” ed il mistero si dipana: si tratta di Santa Caterina da Siena, che in una epistola del 1377 indirizzata al suo confessore Tommaso della Fonte, gli manifesta “… il desiderio di vederlo trasformato e affocato nell’abbondantissimo sangue del Figliolo di Dio … così prego il nostro Salvatore, che egli ci guidi a sbranare, e a macellare li nostri corpi.” L’immagine è chiaramente metaforica, ma risulta oltremodo forte, tanto da portare Niccolò Tommaseo, commentatore ottocentesco della raccolta di queste epistole, a giustificare le crude parole di Caterina, assimilandole ad analoghe allegorie, riportate in un inno cristiano: “I martiri si danno al fuoco ed ai denti delle bestie. Sono impassibili al selvaggio zoccolo, alle mani del folle torturatore. Non un mormorio, generato dall’animale selvaggio o dal terrore della verga”.

Caltabellotta e la Santa che beve il sangue di Cristo… dal suo costato. La metafora spiegata da Niccolò Tommaseo

Ma è nella lettera indirizzata a monna Bartolomea di Domenico, che Santa Caterina manifesta un misticismo che travalica la metafora. La Santa rivolta alla nobildonna romana, le dice che il cammino della vita bisogna percorrerlo tenendo in mano un bastone, col quale difendersi dagli animali bruti, cioè il bastone della Santissima Croce “… il quale ci difende dal nimico della nostra sensualità.” E di seguito, all’apice della sua esaltazione epistolare, in una estasi che la Santa sembra raggiungere anche mediante la scrittura, dice: “Bagnatevi, bagnatevi nel sangue di cristo crocifisso; andate leccando il sangue di Gesù Crocifisso per cotesti perdoni; che altro non fa la creatura quando va per li Perdoni, se non ricogliendo il sangue”. Wow… al cospetto di questa ematica sublimazione, si resta attoniti! “È una metafora!”, si affretta ancora una volta a precisare Niccolò Tommaseo per giustificare le forti parole della Santa ed a dirimere pensieri che potrebbero turbare un pio lettore: “Leccare il sangue – spiega Tommaseo – esprime quel ch’ella altrove denota con le locuzioni di FAME e GUSTO”. E invece no: Caterina non ricorre alla metafora, ma ad una nitida visione che ha avuto durante una Messa celebrata il giorno di San Lorenzo, quando ecco “… apparirgli il glorioso sposo (secondo la tradizione, Caterina ricevette l’anello nuziale da Gesù Cristo) con il costato aperto, dissegli: bevi di qui tanto sangue quanto tu stessa vuoi. Et essa sitibonda accostandosi, netraheva tanto largamente.”

Sono le Sante che ” trovano l’estasi… e provano piacere fisico”, o gli artisti che le rappresentano così?

Cerco quindi di documentarmi sulla vita e sulle opere di questa Santa, ma nella prima biografia della mantellata di Siena, riportata sul quotidiano di cultura Stilearte.it, leggo che questa terziaria domenicana era dotata di un misticismo così ardente da apparire blasfemo … Blasfemo? Santa Caterina? Continuo la ricerca e mi imbatto in uno scritto di Renato Pierri che nel suo articolo “Quando le sante trovano l’estasi… e provano piacere fisico” pone Santa Caterina assieme alla spagnola Teresa d’Avila ed alla beata Gemma Galgani come esempio di Sante che, al culmine delle loro esperienze estatiche, raggiungono il piacere fisico. Ma analizzando meglio queste argomentazioni, mi rendo conto che più che nelle Sante in questione, la morbosità sembra manifestarsi in chi le venera o in chi procede alla rappresentazione artistica delle loro estasi: la beata Gemma Galgani muore nel 1903 e le sue volontà sono che il suo corpo venga seppellito in modo discreto; ma un passionista, padre Germano, dopo 13 giorni dal decesso, si premura di disseppellire la bara, per fare effettuare sul cadavere della beata una autopsia “… per vedere se nel cuore di Gemma si fosse trovato qualche segno straordinario” un esame necroscopico effettuato in modo strettamente riservato “… presenti due medici, tre suore, padre Germano, il Cav. Matteo Giannini con il figlio maggiore Giuseppe, un Padre Cappuccino ed un becchino addetto al cimitero”. E non soddisfatto, il padre passionista fa estrarre il cuore dal torace e lo pone in una teca da mostrare ai fedeli; come se non bastasse, farà seguito una seconda riesumazione del cadavere dopo 6 anni! Questa è morbosità!

Le sculture sensuali di Gian Lorenzo Bernini. Perché?

E Santa Teresa d’Avila? Alla scultura che la rappresenta, realizzata da Gian Lorenzo Bernini, è stato attribuito un primato poco appropriato, trattandosi di una Santa, quello della “…. bocca più sensuale mai fatta da mani d’uomo.” Per non parlare del dipinto di Santa Caterina che beve il sangue dal costato di Gesù, opera di Francesco Vanni: qualche malizioso ha criticato il pittore per avere posto una mano della santa troppo vicina alla regione inguinale di Gesù! Ma il top di queste rappresentazioni è una scultura che effettivamente sembra cogliere il momento culminante di un piacere tutt’altro che spirituale: si tratta dell’estasi della beata Ludovica Albertoni, realizzata anche in questo caso da Gian Lorenzo Bernini, dove la Santa, all’apice della sua estasi, spinge una mano sull’addome, mentre l’altra indugia sul seno, per non parlare dell’espressione del suo volto… Meglio uscire in fretta dalla chiesa romana di San Francesco a Ripa, per evitare pensieri malsani! Ecco perché il dubbio è più che giustificato: siamo sicuri che la sensualità espressa attraverso la religione, più che delle Sante, sia degli artisti che le rappresentano? Avete visto la “Maddalena penitente” di Guido Cagnacci (nella foto)? Ebbene, il teschio che Maddalena spinge tra le sue gambe, non sembra rappresentare affatto un memento mori, ma un necrofilo strumento di autoerotismo, che sortisce il suo effetto, tradito dalla postura assunta dalla penitente e dall’espressione del suo viso! Erano questi i momenti di pentimento della Maddalena, oppure è così che li ha rappresentati la morbosa fantasia del Cagnacci?

Santa Teresa d’Avila scolpita dal Bernini: una sensualità che indusse Mascagni a comporre una lirica! 

L’espressione del volto che Bernini ha dato a Santa Teresa (nella foto sotto), nella scultura conservata a Santa Maria della Vittoria è quasi imbarazzante e personalmente dubito che questa Santa potesse avere un’espressione così sensuale, neppure al culmine della più profonda esperienza estatica: è Bernini che l’ha voluta così ed ha centrato il suo obiettivo, tant’è che psicologi e critici d’arte si sono affannati nell’interpretazione psicoanalitica della scultura; sembra persino che Pietro Mascagni, dopo avere osservato estasiato la scultura, abbia raggiunto di fretta il suo alloggio, per comporre una lirica della durata di 5 minuti, intitolata Guardando la Teresa del Bernini! Il francese storico delle religioni e filosofo Joseph Ernest Renan, soffermandosi ad osservare a lungo il gruppo statuario di Bernini, sembra avere esclamato: “Se è questa l’estasi mistica, conosco molte donne che l’hanno provata!” In queste opere gli artisti travalicano volutamente il limite della spiritualità, per esondare nel sensuale: mi sembra di riascoltare la frase divenuta virale pronunziata nel film d’animazione “Chi ha incastrato Roger Rabbit” dalla formosa Jessica Rabbit, mentre si muove sinuosamente: “Io non sono cattiva: è che mi disegnano così!”.

L’appello alla Soprintendenza ed alla Curia di Agrigento a preservare questo dipinto 

Indagare sull’affresco di Caltabellotta è stato per il sottoscritto un momento di arricchimento e di riflessione sul personaggio Caterina da Siena e sul contesto storico in cui ha operato: in quel tenebroso trecento, alla vigilia della peste che uccise un terzo della popolazione europea, in un Medioevo in cui la donna godeva della stessa dignità di una animale domestico, la bambina Caterina iniziò le sue battaglie contro la sua famiglia, che poco meno che adolescente voleva già maritare; la ragazza Caterina entrata tra le terziarie domenicane, surclassa l’atteggiamento di astio delle consorelle mantellate, mal vista per il suo integralismo cristiano che la portavano a praticare digiuni estremi e punizioni corporali! La donna Caterina non si cura delle critiche e delle accuse di protagonismo ed in una fitta corrispondenza fatta di oltre 300 epistole si confronta con le più alte personalità politiche e religiose dell’epoca; mediatrice tra la repubblica di Firenze e la Santa sede, Caterina è la donna che raggiunge in Francia Avignone, sede papale e riesce a convincere Gregorio XI a rientrare a Roma: ecco perché di fronte a figure come Giovanna D’Arco o Caterina da Siena dobbiamo inchinarci! Prima di imbattermi a Caltabellotta nella raffigurazione di una donna china a bere il sangue di Cristo, sapevo soltanto che Caterina da Siena era la Santa patrona d’Italia, ma non sapevo che lo era anche dell’Europa e che fosse dottore della Chiesa, ma soprattutto non sapevo dell’altissima considerazione e venerazione di cui godeva: ecco chi è raffigurato nella grotta del Bene di Caltabellotta; ecco il mio appello alla Soprintendenza ed alla Curia di Agrigento a preservare questo dipinto. Ed ecco perché affermare che la spiritualità di Santa Caterina rasenta la blasfemia è semplicemente blasfemo!

* Accademico Onorario – Accademia di belle Arti Kandinskij – Trapani.

Pubblicato da