Sul Titanic

Vaccino anti-Covid: casi di allergie in aumento, il ruolo del glicole polietilenico

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Sono sempre pochissimi casi, per la precisione dello 0,0016%. Ma il dato è statisticamente rilevante per il mondo scientifico perché, mediamente, con i vaccini si ha 𝟏 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐚𝐟𝐢𝐥𝐚𝐬𝐬𝐢 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐚𝐜𝐜𝐢𝐧𝐚𝐭𝐢. Mentre con vaccino anti-Covid il dato è aumentato: 𝟏𝟔 𝐜𝐚𝐬𝐢 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐞

di Fonso Genchi

Fino al 23 dicembre erano state vaccinate 614.117 persone negli USA col vaccino della Pfizer/BioNTech e si erano avuti 𝟏𝟎 𝐜𝐚𝐬𝐢 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐚𝐟𝐢𝐥𝐚𝐬𝐬𝐢 (grave reazione allergica immediata). Tanto per cominciare, 𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐧𝐪𝐮𝐢𝐥𝐥𝐢𝐳𝐳𝐢𝐧𝐨 le persone che stanno leggendo e che hanno deciso di farsi inoculare prossimamente il vaccino: stiamo parlando di pochissimi casi, per la precisione dello 0,0016%. Ma questo dato è statisticamente rilevante per il mondo scientifico perché, mediamente, con i vaccini si ha 𝟏 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐚𝐟𝐢𝐥𝐚𝐬𝐬𝐢 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐚𝐜𝐜𝐢𝐧𝐚𝐭𝐢. Col vaccino anti-covid della Pfizer il dato è 𝟏𝟔 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐞 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨; appunto, 𝟏𝟔 𝐜𝐚𝐬𝐢 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐞.

Questo dato ha allarmato il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) che ha convocato d’urgenza più di una riunione con i rappresentanti di Pfizer e Moderna, scienziati e medici indipendenti, e la Food and Drug Administration, per approfondire la questione e valutare possibili soluzioni.

Ma perché il vaccino anti-covid della Pfizer provoca così tante reazioni anafilattiche in più rispetto a quanto accade con gli altri vaccini? Sarà perché è un vaccino di tipologia completamente nuova, con il quale si inocula non il virus, o parte di esso, attenuato o inattivato (come accade per gli altri vaccini finora utilizzati), bensì l’RNA messaggero che porterà l’informazione atta a far produrre ai nostri ribosomi la proteina Spike del SARS-CoV-2?

Dare una risposta a queste domande non è facile ma già si avanzano delle ipotesi. Il principale indiziato per queste reazioni anafilattiche – potenzialmente fatali – sembra essere una sostanza contenuta nel vaccino della Pfizer (ma anche in quello di Moderna) il cui nome è 𝐠𝐥𝐢𝐜𝐨𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐞𝐭𝐢𝐥𝐞𝐧𝐢𝐜𝐨 (abbreviato in “PEG”), un polimero che ‘copre’ e migliora la stabilità e la durata delle nanoparticelle lipidiche che trasporteranno l’m-RNA alle cellule del soggetto vaccinato. Il PEG non è mai stato usato nel passato in altri vaccini (salvo essere stato segnalato come possibile contaminante, in indagini indipendenti promosse nel 2018 dall’associazione CORVELVA, nel vaccino esavalente Infanrix Hexa della GlaxosmithKline) ma è contenuto in alcuni farmaci che occasionalmente hanno provocato reazioni anafilattiche.

Questa sostanza è contenuta anche in svariati prodotti di uso quotidiano come dentifrici, shampoo, ammorbidenti, solventi etc. e viene usata anche come lassativo. Prima si pensava che fosse una sostanza biologicamente inerte ma non sembra essere così. Secondo uno studio, il 72% delle persone ha sviluppato anticorpi contro il PEG e, in particolare, il 7% presenta un livello talmente alto di questi anticorpi da renderli potenzialmente predisposti a reazioni anafilattiche. Sembrerebbe che le reazioni anafilattiche avutesi col vaccino anti-covid della Pfizer abbiano riguardato proprio una piccola parte delle persone con anticorpi contro il PEG particolarmente alti.

Ma come mai durante i trial di sperimentazione non si erano registrate tali reazioni? Per il semplice fatto che i soggetti partecipanti ai trial sono stati scelti escludendo quelli con un passato di reazioni allergiche.

Ripetiamo: questa notizia non va a incidere molto nella valutazione dei rischi/benefici che ognuno di noi può calcolare per scegliere se vaccinarsi o meno, ma è interessante conoscerla perché ci dà l’idea di come le sperimentazioni sui vaccini (e questa in particolare sul vaccino anti-covid, attuata con procedura d’emergenza) 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐞𝐬𝐚𝐮𝐬𝐭𝐢𝐯𝐞 come, invece, forse, si è orientati a credere.

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