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La mondializzazione dell’economia ‘mondializza’ le mutazioni del virus: perché non ridurre la libera circolazione delle persone?/ MATTINALE 543

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Quando si è diffusa la notizia della mutazione del virus nel Regno Unito mezzo mondo ha interrotto i collegamenti con lo stesso Regno Unito. Ma era già tardi. Siccome ci saranno altre mutazioni e siccome il vaccino potrebbe risultare inefficace, non sarebbe il caso, in questa fase storica, di ridurre drasticamente la libera circolazione delle persone per circoscrivere eventuali mutazioni pericolose invece di ‘mondializzarle’? 

Natale all’insegna del virus e dei vaccini. Con tante domande alle quali non è sempre facile rispondere. A cominciare dalla variante studiata nel Regno Unito, ma che non è presente solo nel Regno Unito. Le mutazioni che affetti avranno sui vaccini? Andrea Crisanti, uno scienziato di grande onestà intellettuale, su Rai News dice:

“Non si sa se la risposta immunitaria prodotta dai vaccini copra anche la variante inglese del Coronavirus Covid-19, è un interrogativo al quale ancora non c’è risposta”.

Ricordiamo che un mese fa Crisanti, docente universitario di Microbiologia, che in Veneto ha fatto un ottimo lavoro, circa un mese fa è finito nell’occhio del ciclone per aver detto ciò che in quel momento pensava:

Col primo vaccino a Gennaio, senza dati, non mi vaccinerei”.

Un mese dopo – e siamo ai nostri giorni – cosa dice il professore Crisanti? Si vaccinerà? Noi siamo proprio curiosi di saperlo: conoscendo la sua onestà intellettuale, questa notizia diventa importante.

Leggiamo sempre su Rai News sempre a proposito della mutazione studiata nel Regno Unito:

“Un mese fa la mutazione rappresentava un quarto delle infezioni a Londra. Qualche giorno fa il 62%. Il virus corre sempre, questo sembra correre ancora più veloce2, ha dichiarato Alberto Mantovani, Direttore scientifico di Humanitas.

Aggiunge Crisanti: “L’Inghilterra è il Paese in cui si fanno più sequenziamenti al mondo e purtroppo più si cerca più si trova”.

Sempre Rai News sulla variante britannica del virus, ancora il professore Mantovani:

“Nel dettaglio, la mutazione è stata registrata la prima volta nel Sud est dell’Inghilterra. La variante include una mutazione nella proteina ‘spike’, che il virus utilizza per legarsi al recettore ACE2. I cambiamenti in questa parte della proteina spike possono far sì che il virus diventi più contagioso e si diffonda più facilmente tra le persone. Ciò implica una maggiore accortezza nel lavarsi le mani, il viso e mantenere le distanze oltre che a limitare il numero di contatti”.

“C’è stata una variante più infettiva, D614G – dice sempre Mantovani – che comporta 17 mutazioni, ce n’è una nell’aminoacido 501y. Tutti gli algoritmi suggeriscono che questa variante non cambi il riconoscimento da parte del sistema immunitario, ma rende il virus più contagioso”.

Ancora Crisanti:

“La variante inglese del Covid ha un indice R0 maggiore e questo non è una buona notizia. Sarebbe stata una pessima notizia se avesse avuto anche un’alta virulenza. La versione britannica è apparsa in Spagna quest’estate e da lì, probabilmente a causa dei flussi turistici, si è spostata in Gran Bretagna. Non è chiaro perché si sia diffusa in modo diversa. Ma c’è un fatto da considerare: l’Inghilterra è il Paese in cui si fanno più sequenziamenti al mondo e purtroppo più si cerca più si trova”.

E il rischio di un invalidamento dei vaccini? Sempre Crisanti:

In base alle informazioni che si hanno ora è assai probabile che ciò non accadrà. Ovviamente bisognerà verificare che le persone vaccinate non si infettino di nuovo”.

Sempre su Rai News, Andrea Cossarizza, immunologo all’università di Modena e Reggio Emilia:

“Più persone si infettano, più copie del virus vengono generate, più è alta la probabilità di mutazione. È un virus e per quanto sia preciso il suo sistema di controllo della replicazione, non può essere perfetto. Le mutazioni, per quanto relativamente rare, sono inevitabili. L’importante è che non lo faccia troppo spesso, come l’Hiv”.

Cossarizza che fa un esempio sull’eventuale possibilità di inefficacia dei vaccini:

“Immaginiamo di avere una mano aperta ornata da molti anelli, che rappresenta il virus. Gli anticorpi potrebbero legare la base delle dita. In questo caso, se un anello cambia, l’anticorpo non riesce più a legare. Ma se l’anticorpo lega la punta delle dita e uno degli anelli cambia alla base, non abbiamo problemi. Gli anelli possono cambiare a volontà. Per capire esattamente cosa accade nella nostra mano, però, servirebbero più dati scientifici. Al momento siamo fermi alle ipotesi”.

Il rischio che i vaccini non funzionino c’è, ma tornando all’esempio della mano Cossarizza rassicura:

“Si possono formare anticorpi che riconoscono la base delle dita, la parte intermedia con o senza anelli, la parte superiore, la punta. Mi sembra improbabile che una sola mutazione impedisca a tutti gli anticorpi indotti da un vaccino di funzionare”.

Mentre si cerca di capire di più sulla mutazione studiata nel Regno Unito è arrivata un’altra mutazione del Sars Cov 2:

“L’allarme – leggiamo sul Corriere della Sera – viene in modo indiretto dal Regno Unito, che ha deciso «restrizioni immediate» per gli arrivi dal Sudafrica dopo aver rilevato due casi di persone con la «seconda variante» giudicata «altamente preoccupante». Le autorità sanitarie africane in realtà avevano già informato gli organi competenti rispetto alla mutazione, identificata per la prima volta nella Nelson Mandela Bay e rapidamente diffusasi nel resto del Paese. Si chiama 501.V2: è stata identificata in quasi 200 campioni raccolti da oltre 50 diverse strutture sanitarie e negli effetti è del tutto simile a quella britannica: sembra essere più contagiosa rispetto al virus originale presente in Sudafrica e sta dominando i contagi della seconda ondata”.

Che cosa di deve fare in presenza di queste mutazioni del virus? “Dopo l’allarme lanciato dalla Gran Bretagna – leggiamo sempre sul Corriere della Sera –  tutti i Paesi stanno moltiplicando gli sforzi per i sequenziamenti e così si moltiplicano anche le segnalazioni di mutazioni. Ricordiamo che le mutazioni del SARS-CoV-2 mappate sono già più di 12mila, ma solo pochissime sono state giudicate significative: tra queste la «D614G», che è comparsa tra febbraio e marzo (anche in Italia) e a giugno è diventata dominante in tutto il mondo, rendendo più veloce la trasmissione fino a 10 volte tanto”.

Noi non siamo scienziati. Ma ci chiediamo: non sarebbe il caso, in questa fase storica, di ridurre drasticamente la libera circolazione delle persone? L’esempio lo fornisce proprio la mutazione studiata nel Regno Unito: appena la notizia si è diffusa, mezzo mondo ha bloccato i collegamenti con lo stesso Regno Unito!

Ma è superfluo ricordare che quando i collegamenti sono stati bloccati la mutazione si era già diffusa in altre parti del mondo! E siccome le mutazioni già mappate di questo virus sono più di 12 mila, e siccome il virus muterà ancora e alcune di queste mutazioni potrebbero risultare pericolose, non sarebbe il caso – lo ribadiamo – di ridurre drasticamente la libera circolazione delle persone? 

Sappiamo che questo non piace ai ‘sacerdoti dell’economia liberista’ che oggi domina il mondo: ma siccome dell’evoluzione di questo virus sappiamo poco e da tale evoluzione ci si può aspettare di tutto, non sarebbe il caso di circoscrivere le nuove mutazioni – che ci saranno – nei luoghi del mondo dove si verificheranno, evitando di ‘mondializzarle’ con la libera circolazione delle persone e, perché no?, anche con la libera circolazione delle merci?

Foto tratta da MasterX – Iulm

 

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