J'Accuse

Torna il Coronavirus? Problemi anche in tre quartieri di Palmi, in Calabria. E il professor Ricolfi…

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Il fenomeno, fa notare il professore Luca Ricolfi, che insegna Analisi dei dati, riguarda una quindicina di provincie del Centro Nord Italia. A cui si sommano i casi di Palmi, in Calabria. Che sta succedendo? Il problema, secondo Ricolfi, sono gli spostamenti e la riapertura delle attività turistiche. Perché deve fare riflettere il fatto che il virus sia tornato anche in una Regione del Sud 

Coronavirus: è di queste ore la notizia che a Palmi, in Calabria, tre quartieri sono stati messi in quarantena. Le autorità della Regione hanno fatto sapere che i contagi sono arrivati da altre parti d’Italia.

“L’evolversi della situazione epidemiologica, legata al cosiddetto ‘contagio di ritorno‘ – avverte la  Regione Calabria – può peggiorare rapidamente, dando luogo ad altri focolai, non diversamente contenibili”.

Noi de I Nuovi Vespri, come scriviamo spesso, rispetto ai problemi del Coronavirus o COVID-19, facciamo parte della categoria dei cauti. E appunto perché invitiamo sempre alla cautela, la notizia che in Calabria ci siano già zone in quarantena non può che preoccuparci.

Né è tranquillizzante sapere che i contagi siano arrivati da altre Regioni italiane: la Calabria ha puntato sul turismo e non è detto che i turisti che affollano i luoghi di vacanza di questa bellissima Regione debbano essere calabresi: è probabile che ci siano anche turisti che arrivano da altre parti d’Italia e anche dall’estero.

L’aspetto preoccupante di questa storia dei contagi in Calabria è che siano avvenuti in questo periodo. Certo, non sono ancora state raggiunte le temperature di 35-40 gradi, ma siamo sempre in presenza di temperature alte che non dovrebbero facilitare la diffusione del virus. Invece…

Due giorni prima abbiamo letto un’intervista pubblicata da UFFPOST al professore Luca Ricolfi, un sociologo che insegna Analisi dei dati all’università di Torino. Ebbene, due giorni fa il professore Ricolfi segnalava un ritorno del Coronavirus in quindici province italiane.

“Quel che posso dire io, che non sono un virologo e mi occupo di analisi dei dati – diceva Ricolfi due giorni fa – è che i segnali delle ultime due settimane non sono per niente rassicuranti. Se guardiamo quel che succede a livello nazionale, possiamo anche non accorgerci di quel che sta accadendo, perché il dato nazionale è una media, in cui le curve epidemiche dei vari territori si mescolano e giocano a rimpiattino fra loro, nascondendo quel che succede nei territori critici. Ma se si scende al livello più basso consentito dai dati della Protezione Civile, ossia a livello provinciale, si riesce a vedere quel che a livello nazionale si intravede appena, e cioè che sono una quindicina le province in cui la curva epidemica, anziché continuare a scendere, ha invertito la sua corsa e ha iniziato a risalire”.

Insomma, i contagi sono in risalita, anche se sono in alcune aree italiane.

Il professore Ricolfi, dati alla mano, ha precisato che otto di queste zone dove c’è una ripresa dell’infezione si trovano in Lombardia, a cominciare da Milano. E fin qui nulla di nuovo. Ma a queste si aggiungono altre Regioni del Nord e del Centro Italia: Alessandria, Vercelli, Bologna, Arezzo, Rieti, Roma, Macerata.

“Se poi consideriamo anche un secondo gruppo di province, in cui i segnali di ripresa dell’epidemia ci sono ma sono meno nitidi – dice sempre il sociologo – se ne devono aggiungere altre sette, fra cui Padova, Firenze e persino una provincia del Sud (Chieti). In tutto fa ben 22 province (su 107) in cui dovrebbero scattare piani per evitare che il contagio torni a dilagare”.

Due giorni fa non si sapeva ancora dei quartieri di Palmi, in Calabria. Che si vano assommare alle aree del nostro Paese dove si registra una ripresa dei contagi.

Il problema, chiede il giornalista, risiede negli spostamenti della popolazione, e quindi nel turismo? “Ha toccato il punto chiave – risponde il professore Ricolfi – non solo della situazione attuale, ma di tutta la storia del COVID-19. Il turismo, o meglio la pretesa della politica di proteggere il turismo a qualsiasi prezzo, ci è costato prima (nelle 2 settimane a cavallo fra Febbraio e Marzo) un imperdonabile ritardo nelle chiusure, a partire dalla tragica vicenda di Nembro e Alzano. E rischia di costarci ora una ripartenza dell’epidemia, perché nessuno vuole vedere che il famigerato parametro Rt (che dovrebbe stare sotto 1) potrà pure essere ancora sotto 1 a livello nazionale, ma quasi certamente è tornato sopra a 1 in molti territori: i nostri grafici provinciali lo mostrano chiaramente, ma sono convinto che se avessero la benevolenza di farci accedere ai dati comunali, scopriremmo delle curve di risalita ancora più ripide, anche se più circoscritte”.

“Quel che stiamo scoprendo, in queste settimane – dice Ricolfi – è che la riapertura delle attività economiche, avvenuta essenzialmente a Maggio, ha provocato conseguenze molto meno gravi di quelle che sta producendo la riapertura delle attività ‘ricreative’, che è in corso in questo mese di Giugno”.

Il ritorno al lavoro di tanti italiani non ho creato problemi, le vacanze, invece qualche problema potrebbero crearlo.

“Anche grazie all’arrivo della bella stagione – diceva due giorni fa Ricolfi – i tavolini dei bar, i parchi cittadini, i locali della movida, le spiagge (specie nei weekend) si sono improvvisamente animati. Finite le scuole, i giovani hanno cominciato a sciamare per le città, le mamme hanno cominciato a portare al mare e nei centri vacanze i loro pargoli, i tifosi hanno finalmente potuto riprendersi il calcio e gli altri sport più popolari, e l’Italia tutta è tornata – quasi di colpo – ad essere luogo di attrazione turistica, sia dall’interno che dall’estero. Insomma, dopo il 2 giugno siamo tornati ad essere il gigantesco luccicante lunapark che da qualche decennio siamo sempre stati. Il COVID ringrazia”.

Molto pessimista, il professore Ricolfi. E molto critico con il capo del Governo, Giuseppe Conte:

“Difficile essere nella testa del premier – dice il sociologo -. Una persona che, dopo aver commesso errori tragici, dalle mancate o tardive chiusure fino alla scellerata lotta contro i tamponi, ha la faccia tosta di dire ‘rifarei tutto’, sfugge alla mia personale capacità di comprensione e immedesimazione nella mente altrui. Quindi sul premier le rispondo: non ne ho la minima idea, può persino darsi che creda sinceramente di aver fatto bene. La psicologia e le scienze umane insegnano che le vie dell’autoinganno e della falsa coscienza sono infinite”.

“Diverso è il discorso sui membri del Comitato tecnico-scientifico e sul ministro Speranza (Roberto Speranza, Minitro della Salute-Sanità ndr) – dice sempre Ricolfi -. I primi hanno detto chiaramente che Conte ha ignorato le loro raccomandazioni sull’opportunità di chiudere Nembro e Alzano ai primi di Marzo. Il secondo ha avuto un sussulto di onestà intellettuale, o forse semplicemente di pudore, quando, in un’intervista, ha lasciato intendere che, con l’esperienza maturata fino a oggi, forse non rifarebbe le scelte che fece allora. La mia impressione è che, avendo molti più dati di chiunque, sappiano perfettamente che la situazione si sta deteriorando e che, con le ultime riaperture e la scelta di chiudere un occhio sulle violazioni delle regole, il premier sta facendoci correre il rischio di una seconda ondata epidemica. Il loro problema è che, come chiunque ha accettato di condividere incarichi di governo, non sono liberi di dire la verità”.

“Inutile girarci intorno – sottolinea il docente universitario -: il rilancio del turismo e dell’economia del divertimento (ristorazione, calcio, sale giochi, eccetera) è incompatibile con un discorso di verità sull’andamento dell’epidemia. E la politica ha scelto: in questo momento meglio annacquare la verità, se no la macchina dei consumi non riparte, e la società signorile di massa implode”.

QUI PER ESTESO L’INTERVISTA AL PROFESSORE LUCA RICOLFI 

Foto tratta da Il Quotidiano del Sud

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