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Consiglio Ue, passa la linea tedesca: no agli Eurobond, resta il MES, tutto da inventare il nuovo fondo/ MATTINALE 498

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Non è vero che, ieri, al Consiglio europeo non è stato raggiunto alcun accordo. Al contrario, l’accordo c’è: gli Eurobond sono stati definitivamente archiviati mentre il MES resta con tutte le ‘condizionalità’ (leggere strozzinaggio). Insomma, è passata la linea di Germania, Olanda, Austria, Finlandia: niente condivisioni di rischio tra tutti i Paesi dell’Eurozona, ognuno farà da sé. Nessun accordo, invece, sul Recovery Fund. Perché per  l’Italia sarà uno stillicidio  

di Economicus

Al di là di quello che raccontano i tifosi dell’Unione europea dell’euro il Consiglio Ue di ieri è stato un mezzo fallimento. Le tre vere notizie sono il “No” definitivo agli Eurobond, che sono stati archiviati, e il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che rimane tale e quale, cioè uno strumento di strozzinaggio legalizzato (in termini tecnici lo chiamano il MES con le condizionalità). La terza notizia è che la proposta di azzerare il debito pubblico di tutti i Paesi dell’Unione europea non è stata nemmeno presa in considerazione. Dopo queste tre notizie c’è il vuoto ancora da riempire: ovvero, progetti da definire a Maggio, forse a Giugno. Si vedrà.

Per un’Unione europea che sta sprofondando nel baratro economico non è affatto un successo. Anzi. Ieri, non si capisce bene sulla base di quali dati oggettivi, hanno detto che a fine anno la riduzione del PIL (Prodotto Interno Lordo) dell’Eurozona si attesterà interno al 15%. C’è da crederci? Assolutamente no.

Nelle economie cosiddette industrializzate (e la stragrande maggioranza del PIL, nell’Eurozona, è data dai Paesi ad economia industrializzata), di solito, il calo del PIL è legato alla riduzione dei consumi di carburante. Quando il consumo di carburante decresce (mezzi gommati, aerei, navi), l’economia decresce di pari passo.

A parte l’Italia, non abbiamo stime europee. Ma se in Italia il calo dei consumi di carburante, a Marzo, si è attestato tra l’80 e il 90%, non crediamo che in Germania, in Francia e, in generale, negli altri Paesi industrializzati della Ue i valori siano molto differenti. Anche perché – questo è un dato oggettivo – l’emergenza sanitaria ed economica del Coronavirus ha colpito tutta l’Europa. E i minori danni (cioè meno persone colpite dall’infezione) si sono avuti in quei Paesi che hanno bloccato con determinazione i rispettivi sistemi economici.

Considerato che Aprile volerà via con le stesse limitazioni di Marzo, e calcolando una riduzione del PIL dell’80% per ognuno di questi mesi, non è difficile arrivare alla conclusione che la stima della partita del 15% del PIL dell’Eurozona sia molto, ma molto ottimistica.

Attenzione: stiamo parlando di soli due mesi di blocco, dando per scontato che a Maggio il virus scompaia. Ma sappiamo tutti che non sarà così e che bisognerà convivere con il Covid-19 fino a quando non ci saranno le cure adeguate: che non potranno essere quelle odierne, ma quelle imposte dalle multinazionali farmaceutiche che ci dovranno guadagnare…

Questo ci dice, quasi matematicamente, che le riaperture, da Maggio in poi, saranno in tutto il mondo punti interrogativi. Per non parlare delle previsioni – queste sì da non sottovalutare – degli esperti, che danno per scontata una seconda ondata di Coronavirus in Autunno (per non parlare di quelli che prevedono anche un’ondata estiva, là dove si dovesse largheggiare troppo con le aperture).

Insomma, dire che l’Eurozona potrebbe chiudere il prossimo Dicembre con un crollo del PIL del 50-60% (non dimentichiamo che le industrie automobilistiche, a cominciare da quelle tedesche, sono ferma: e tali resteranno, perché da qui a Dicembre, una persona sana di mente non va ad acquistare un’automobile!) non è un’esagerazione: al contrario, è un dato purtroppo reale.

E cosa ha fatto, ieri, il Consiglio d’Europa rispetto a questa prospettiva? Praticamente nulla. Come già detto, ha imposto il secco “No” agli Eurobond e ha riproposto i vecchi strumenti, MES in testa. La speranza è tutta nel Recovery Fiìud, sul quale non c’ accordo. Perché?

Semplice. Con la prospettiva di un crollo del 50-60% del PIL, per provare a rilanciare le economie dei Paesi dell’Eurozona (provare a rilanciare e non rilanciare: in economia sono due cose molto diverse) serviranno cifre da capogiro.

In Italia, dalle parti del Governo Conte bis, si fa sapere che servirebbero 180-200 miliardi. Notizia sbagliata. Per l’Italia servirebbe almeno (e non è detto che bastino) 400 miliardi di euro.

Lo stesso discorso vale per la Francia, la Spagna, la Germania e via continuando in proporzione. La domanda è: questi soldi dovranno essere erogati a fondo perduto o dovranno essere prestiti?

Di fatto, ieri, è passata la linea di Germania, Olanda, Austria, Finlandia e, in generale, degli altri Paesi del Nord Europa: niente condivisioni di rischio tra tutti i Paesi dell’Eurozona, ognuno farà da sé utilizzando gli strumenti che già ci sono (SURE, BEI e MES), o facendo ricorso agli strumenti che debbono ancora essere definiti. Tra questi ultimi, come già sottolineato, c’è il Recovery Fund, sul quale non c’è accordo.

Semplificando al massimo, possiamo dire che Italia, Francia, Spagna Portogallo e Grecia – tutti Paesi con alto debito pubblico (la Francia, giusto per essere chiari, da qualche mese ha un debito pubblico più elevato del debito pubblico dell’Italia) – non vogliono indebitarsi per cifre così considerevoli, perché i nuovi debiti si sommerebbero ai vecchi debiti e la loro situazione diventerebbe insostenibile: da qui la loro richiesta di un intervento a fondo perduto dell’Europa.

Dall’altra parte ci sono, come già ricordato, Germania, Olanda, Austria, Finlandia e, in generale, gli altri Paesi del Nord Europa che non vogliono nemmeno sentire parlare di interventi a fondo perduto (che sarebbero a carico di tutti i Paesi dell’Eurozona).

Come finirà? Con molta probabilità, si andrà ad una mediazione, della quale dovrebbe occuparti la Commissione europea, cioè la Germania che la controlla. Da quello che si è capito i tedeschi potrebbero arrivare a ‘concedere’ un 30, forse un 40% di fondo perduto: gli altri soldi ogni Paese della Ue dovrà farseli prestare.

Per l’Italia è un problema. Bene che andrà – ma dovrà andare veramente bene – l’Italia dovrà trovare non meno di 250 miliardi di euro a credito: cifra che potrebbe aumentare se, come noi ipotizziamo, il crollo del PIL dell’Eurozona, in questo 2020, si attesterà intorno al 50-60%.

La cifra è già impossibile. Se poi consideriamo che le decisioni finali, bene che andrà (e anche in questo caso dovrà andare veramente bene), matureranno a Giugno, per i prossimi tre.- quattro mesi l’Italia dovrà emettere altri titoli (cioè indebitarsi ulteriormente) per sopravvivere.

D’altra parte – anche se questo non lo scrive quasi nessuno – chi,in Europa, si vuole impossessare degli ultimi asset italiani (ENI, Finmeccanica, le spiagge e gli stabilimenti balneari e la gestione dei beni culturali), chi vuole ‘alleggerire’ i conti correnti degli italiani (circa mille e 300 miliardi di euro) e, magari, mettere le mani anche sui mille e 400 miliardi di euro di fondi comuni di investimento sottoscritti dagli stessi italiani deve perseguire la strategia del rinvio: quella di ieri, se ci fate caso, è stata la seconda riunione; a Maggio ce ne sarà una terza; a Giugno una quarta…

La strategia del rinvio – o dello stillicidio parola forse più calzante – si incrocia con l’incognita sanitaria del Coronavirus, con le imprese italiane che pressano per riaprire, ma con la classe medica italiana che guarda con estrema cautela, se non con perplessità, a un’accelerazione che potrebbe avere effetti imprevedibili…

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