J'Accuse

Il pane negato a cinquant’anni

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Una riflessione amara di Adriana Vitale, donna di cinquant’anni alla quale la politica siciliana – perché di questo si è trattato: di una scelta operata dalla politica della nostra Isola – ha tolto il posto di lavoro. Se la crisi è quel momento della storia in cui le vecchie idee tramontano per lasciare il posto alle nuove idee, possiamo dire che nella Sicilia di oggi il vecchio muore, ma il nuovo ancora non c’è 

di Adriana Vitale

La condizione dello stato di lavoratore non è solo pane, ma soddisfazione e gratificazione. La consapevolezza che, attraverso il tuo impegno, sei utile alla società, sai che puoi soddisfare, nel tuo ambito, chi ha bisogno della tua professionalità, qualunque essa sia. Più di qualcuno, garbatamente, ti ringrazia anche se è dovuto ciò che fai, ti senti vivo, produci, sei parte viva e attiva.

Ogni mattina ti alzi e sai che devi compiere il tuo dovere che cammina a filo diretto con il tuo diritto, il diritto di vivere. Qualcuno immagina cosa si prova quando, da un giorno all’altro, ricevi una lettera? La lettera che preannuncia il licenziamento, che suona come una condanna, la condanna del pane negato e con esso la condanna dell’inutilità della tua esistenza, non sei più necessario, solo tre mesi e poi devi inventarti il quotidiano.

Vivi il tuo dramma mentre l’autostima si frantuma, mentre ti senti inadeguato, insicuro e fragile, sei a lutto. Un lutto che devi elaborare ed è un processo intimo e devastante. Devi adattarti ad altri ritmi di vita che di fatto non sono più ritmi, ma il lento incedere di passi stanchi dal peso del fallimento, cammini a testa china, portando sulle esili spalle il peso dell’umiliazione.

Sai che sei in trappola, la trappola di una condizione difficile da ribaltare per ritornare vivo e utile, perché hai cinquant’anni e nessuno ti vuole. Mentre credi che potresti ancora spaccare il mondo ed essere non solo utile ma necessario, il susseguirsi di porte sbattute in faccia, ti scagliano in pieno viso una verità:

“Tutti sono utili, ma nessuno indispensabile”.

E mentre cerchi qualsiasi lavoro, anche il più umile, ti senti dire:

“Mandami tuo figlio”, ed è allora che quelle porte sbattute con tutto il carico del frastuono, quel frastuono che scuote l’anima e che fa vacillare quella certezza della tua utilità alla società, ti fa rivedere inutile, vecchia anzitempo, stanca e povera a cinquant’anni.

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