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Augusta, Priolo, Melilli: scoperchiato il pentolone dei veleni/ MATTINALE 289

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Tanto per cambiare, è sempre la magistratura che interviene a tutela dei cittadini del ‘triangolo’ industriale di Augusta, Priolo e Melilli, davanti alla ‘latitanza’ di politici e sindacalisti sempre pronti a difendere lo “sviluppo industriale” che ha portato poco sviluppo, tante malattie, tanti morti, tante malformazioni genetiche e, in generale, tanto inquinamento ambientale. “Però – come dicevano negli anni ’80 politici e sindacalisti – l’operai travagghianu…”. La lettera di don Palmiro Prisutto  

Tre anni fa la pagina Facebook aperta in suo sostegno registro visite record. Lui è don Palmiro Prisutto, il sacerdote che, da anni, si batte per sensibilizzare le istituzioni sull’inquinamento del polo petrolchimico che si snoda attorno ai Comuni di Priolo, Melilli e Augusta, in provincia di Siracusa. Tre anni fa il grumo di poteri politici, economici e anche di altro tipo avevano cercato di farlo trasferire. Non ci sono riusciti. Ma oggi le Sante Messe celebrate per ricordare i tanti morti avvelenati dalla chimica di questo disastrato angolo della Sicilia debbono essere finalmente arrivate non soltanto in Cielo, ma anche in qualche altro luogo un po’ meno trascendentale, se è vero che la magistratura a cominciato a scoperchiare il pentolone di un inquinamento che va avanti da decenni.

Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, Fabio Scavone, che sta provando a fare luce su quello che hanno combinato e che continuano a combinale nel nome dei “posti di lavoro” ha lasciato intendere che le indagini sono all’inizio:

“Non è un’attività conclusiva e non celebriamo un trionfo. Il territorio merita attenzione per un problema molto sentito dalla popolazione”. Così leggiamo sul quotidiano La Sicilia.

Si stanno facendo analisi sull’aria che si respira. Ed è il minimo, perché da quelle parti, da decenni, è proprio il caso di dirlo, si respira una “brutta aria”.

Il sostituto procuratore Salvatore Grillo, leggiamo sempre su La Sicilia, dice che in questa zona industriale ci sono “impianti in cui manca l’AIA, come al depuratore Ias che operava con una autorizzazione regionale del 2009. All’Ias abbiamo trovato anche un impianto di deodorizzazione collaudato nel 2005 e mai entrato in funzione. Alla Sasol l’AIA è del 2010. La Versalis operava con un’AIA del 2013. Ma nelle prescrizioni imposte abbiamo riscontrato livelli di inquinamento superiori a quelli di legge”.

L’AIA è l’Autorizzazione Integrata Ambientale ed è connessa alle Valutazioni d’Impatto Ambientale (VIA) ed alle Autorizzazioni Uniche Ambientali (AUA). Sono tutte autorizzazioni che lo Stato – a nostro modesto avviso sbagliando – delega alla Regione siciliana. Sarebbe interessante chiedere agli ‘scienziati’ della Regione siciliana come mai queste anomalie nell’AIA.

Ma non lo chiediamo, perché sennò apriamo il capitolo di Isola delle Femmine dove le autorizzazioni ambientali sono entrate ormai nella mitologia industriale…

Non è la prima volta che la magistratura – la magistratura, non la politica, e nemmeno il modo sindacale, che in provincia di Siracusa è lo specchio della vecchia politica ‘industrialista’ costi quel che costi (vite umane: questo è il costo da pagare: malati e morti senza limiti, e anche malformazioni genetiche: di tutti e di più: “Però l’operai travaggiuanu”, dicevano alla fine degli anni ’80 i sindacalisti, frase raccolta da chi scrive).

“Travagghiano, s’ammalanu e morinu”, ci disse tanti anni fa una vecchietta di Priolo.

Già, morire. Così torniamo alla lettera che qualche anno fa don Palmiro Prisutto inviò ai giornali:

“Dobbiamo morire, sì; ma non essere assassinati dalle istituzioni! C’era una volta… Marina di Melilli. Non è l’inizio di una favola, ma una delle pagine più oscure e vergognose della storia italiana. Io sono un cittadino di Augusta, quarantamila abitanti, una città tra Catania e Siracusa, dove c’era anche Marina di Melilli. Il nome di Augusta, di solito, ormai, si trova unito a Priolo e Melilli, con le quali condivide un destino amaro: l’olocausto industriale. Forse, un giorno, questa tragedia entrerà a pieno titolo nei libri di storia come Bhopal, Chernobyl, Minamata, Seveso, Hiroshima, Auschwitz”.

“Sono poche, credo, in Italia, – prosegue Don Prisutto nella lettera- le città che come Augusta, si trovano esposte a ben tre rischi: sismico, chimico-industriale e militare. Ma di questa città e del suo triste destino si preferisce non parlare. Ma quando se n’è parlato, lo si è fatto quasi sempre perché era successo qualcosa di grave. Non è di tutti questa sorta di “guiness dei primati”: su 40 kmq di territorio sono stati concentrate 12 industrie ad alto rischio (tre centrali termoelettriche, una fabbrica di cloro a celle di mercurio, quattro raffinerie, un cementificio, un inceneritore, una fabbrica di magnesio, un depuratore, ed altro). Un territorio con viabilità fatiscente ed insufficiente, disseminato di discariche – non se ne conoscerà mai il numero esatto; un territorio più volte interessato da eventi sismici rilevanti; un territorio su cui insistono basi militari italiane, Nato ed Usa; un territorio con una grave emergenza igienico-sanitaria in atto (accertato tasso di mortalità per cancro superiore al 30%; 1000 bambini nati malformati negli ultimi dieci anni; patologie legate al degrado ambientale del territorio; mare non balneabile dove è stato scaricato perfino mercurio in enormi quantità… su un territorio dichiarato dal ministero dell’Ambiente nel 1990 ad alto rischio di crisi ambientale, e recentemente definito dal prof. Corrado Clini, assimilandolo a Porto Marghera, area in piena crisi ambientale, come se tutto ciò non bastasse, per decisione dell’attuale classe politica dirigente della Regione Sicilia, una centrale termoelettrica sarà, in parte, riconvertita a carbone ed in parte trasformata a “termovalorizzatore” per il trattamento di 500.000-650.000 tonnellate annue di rifiuti urbani indifferenziati provenienti dalle province di Enna, Catania, Siracusa e Ragusa”.

“Rimane irrisolto un altro problema: dove saranno smaltite le altre 173.000 tonnellate/anno di rifiuti tossici e nocivi della zona industriale di Augusta-Priolo? Non c’è da preoccuparsi: detti rifiuti è stato decretato che verranno smaltiti nella progettata piattaforma polifunzionale che, guarda caso, sarà costruita anch’essa ad Augusta. All’inquinamento attuale, che si protrae da oltre 50 anni, si aggiungerà anche quest’altro voluto dal presidente della Regione Cuffaro.

“Se mettessimo insieme il numero dei morti e dei feriti degli incidenti industriali, degli infortuni sul lavoro, e se unissimo ad essi il numero di morti per tumori ed il numero dei bambini malformati, potremmo parlare, senza alcuna retorica, di strage: ma di una strage di stato. Forse un giorno, – chiosa il sacerdote- verranno le telecamere a documentare l’ennesimo disastro, ad innescare polemiche, dibattiti e passerelle. Ma non sarebbe opportuno che le telecamere venissero ora per evitare ulteriori disastri”?

Da allora ad oggi qualcosa è cambiato. Un paio di raffinerie sono passate ai russi della Lukoil e agli algerini della Sonatrach (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).

Nel 2017 una sentenza (sempre la magistratura che interviene, mai la politica, ma il mondo sindacale) ha stabilito che gli abitanti di Priolo sono esposti all’amianto (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).

E lo scorso anno un bel servizio di RAI 3 ha messo a nudo il dramma dei malati e dei morti da inquinamento (QUI il nostro articolo e il video).

Se poi andiamo indietro nel tempo scopriamo che è stata sempre la magistratura a bloccare lo sversamento di mercurio in mare. Le industrie che davano “travagghiu all’operai” non avevano trovato il tempo di realizzare un depuratore per evitare di inquinare. Così gettavano tutto in mare. Il mercurio è ancora lì, nel mare di Augusta. Non sanno come bonificare questo tratto di mare. Perché togliere il mercurio che si è depositato in fondo al mare è rischioso. Si disperderebbe in parte in mare. Meglio tenerlo lì dov’è, sotto la sabbia…

Foto ratta da direttasicilia.it

 

 

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