Sul Titanic

A Catania si sono accorti che il dissesto del Comune manderà in fallimento migliaia di imprese

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Confcommercio si dice preoccupata. Fanno bene a preoccuparsi gli imprenditori. Perché in base alla legge, in presenza di default, i crediti vantati dalle imprese vengono svalutati (dal 40 al 60%). Dovrebbero preoccuparsi tutti gli imprenditori che hanno a che fare con il sistema degli enti locali siciliani, oggi in grande sofferenza finanziaria. Aggiornamento: la Corte dei Conti ‘boccia’ il ricorso del Comune: il dissesto è inevitabile

A Catania si stanno accorgendo di due cose. La prima è che il Comune, con un ‘buco’ di un miliardo e 600 milioni di euro, non può che andare verso il dissesto finanziario. La seconda è che il dissesto finanziario di un ente locale, di solito, provoca gravi danni alle imprese che vantano crediti verso lo stesso ente locale, perché tali crediti, quando un Comune va in default, vengono svalutati del 50-60%.

Per la precisione, la legge, in caso di default, prevede una svalutazione dei crediti che oscilla dal 40 al 60%.   

La Confcommercio di Catania è molto preoccupata. E fa bene. Noi, invece, non capiamo com’è che non sono preoccupati anche i titolari delle imprese che lavorano con le centinaia di Comuni siciliani che, allo stato attuale, non hanno ancora approvato i Bilanci di previsione 2018.

In questa storia ci sono tante cose che non comprendiamo. Oltre alla generale mancanza di preoccupazione per tutto quello che sta succedendo in termini finanziari (si pensi alla situazione disastrosa delle ex Province siciliane), non riusciamo a capire il significato dei viaggi del sindaco di Catania, Salvo Pogliese, a Roma, alla ricerca di improbabili contributi straordinari al Governo nazionale.

Pogliese ha chiaro che, se Roma dovesse concedere un contributo straordinario al Comune di Catania, lo dovrebbe riconoscere anche alle nove ex Province della Sicilia e a tutti gli altri Comuni dell’Isola che si trovano in condizioni finanziarie difficilissime? O pensa veramente che il Governo nazionale dovrebbe fare un’eccezione per la Città Etnea? Sulla base di quali considerazioni?

Pogliese farebbe bene, invece di lanciare appelli per contributi straordinari – che non sono previsti dall’ordinamento e che sono improponibili, perché non si possono erogare a un solo soggetto – a capire come affrontare il default, perché 160 milioni all’anno di rata da restituire allo Stato in dieci anni sono improponibili (quando un Comune va in default interviene lo Stato con un prestito che deve essere restituito entro un massimo di dieci anni).

E farebbero bene anche altri sindaci dei Comuni siciliani a prendere in considerazione l’ipotesi di un amaro calice.

A monte di tutto quello che sta succedendo ai Comuni, alle ex Province e alla stessa Regione siciliana (che non è messa meglio di Comuni e Province) c’è un problema politico. Che è stato provocato, in larga parte, dal passato Governo regionale a trazione PD, che ha accettato dal Governo nazionale a sempre a guida PD tagli e penalizzazioni solo in parte giustificati.

E ci sono anche responsabilità del Governo regionale di Nello Musumeci, che già ad inizio di legislatura avrebbe dovuto porre tale tema, invece di accodarsi al Governo Gentiloni per questioni ‘tattiche’ (Musumeci pensava che Renzi e Berlusconi avrebbero vinto le elezioni politiche del 4 marzo e, in un modo o nell’altro, avrebbero risolto i problemi finanziari della Sicilia: invece Renzi e Berlusconi hanno perso e la Regione si Musumeci è rimasta inguaiata…).

Aggiornamento: la Corte dei Conti ha ‘bocciato’ il ricorso del Comune di Catania contro il dissesto. Ciò significa che il dissesto è inevitabile.

Resta da capire come farà il Comune di Catania a pagare una rata annua di 160 milioni di euro (COME POTETE LEGGERE QUI).

Foto tratta da trend-online.com     

 

 

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