Razzisti non si nasce, si diventa

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Non può essere tollerabile che, per fini di bassa, bassissima politica, si inducano tante persone – magari ragazzi – all’odio razziale. In un Paese civile questo non dovrebbe essere consentito

Vi ripropongo una riflessione che le atrocità di questi giorni (e mi riferisco a quelle dei politici e non a quelle commesse dalle bestie umane) purtroppo rendono attualissima.

Tanti e tanti anni fa assistevo in TV ad un incontro di boxe tra Clay-Alì e un pugile tedesco. Mi teneva compagnia il mio figlioletto di circa 5 anni. Il tedesco, un gigante bianco in pantaloncini neri, sfidava Clay per il mondiale dei pesi massimi.

Alì non era più la libellula di un tempo, indossava un paio di mutandoni bianchi che coprivano un po’ del grasso in eccesso e troneggiava sornione al centro del ring da dove ogni tanto faceva partire dei lampi.

Mio figlio seguiva interessato. Gli chiesi:

“Chi è il più bravo dei due?”.

Lui mi rispose:

“Quello con i pantaloncini bianchi”.

Non disse, come quel miserabile di Calderoli alla Kienge, quell’orango di Alì, né lo qualificò con uno dei tanto dispregiativi che infiorano il vocabolario ridottissimo di tanti razzisti.

E oggi, con la stessa commozione di allora, rifletto sull’innocenza violata da tanti bastardi che, a fini di potere personale, inducono gli sciocchi all’odio razziale.

Foto tratta da espresso.repubblica.it

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