Figuccia si dimette con una ‘lavata di faccia’ al Governo Musumeci, a Miccichè e al centrodestra

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Dopo aver attaccato il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, per la vicenda degli stipendi d’oro dei dipendenti del Parlamento dell’Isola, e dopo essere stato attaccato da tutto il centrodestra siciliano, sceso in campo in difesa di Miccichè, l’assessore Vincenzo Figuccia ha rassegnato le dimissioni. E adesso Musumeci che farà? Difenderà Miccichè e gli stipendi d’oro?

Il Governo regionale di Nello Musumeci perde il primo ‘pezzo’: l’assessore, anzi, l’ormai ex assessore, Vincenzo Figuccia. Quest’ultimo, infatti, si è dimesso dopo che gli esponenti di tutto il centrodestra siciliano – compreso il partito nel quale Fuguccia è stato eletto, l’UDC – hanno provato ad isolarlo, stringendosi attorno al ‘genio’ della politica siciliana, il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè.

Figuccia si è dimesso con una mossa che, in Sicilia, sta a metà strada tra la ‘lavata di faccia’ e la ‘tagliatina’ di faccia…

In una politica siciliana dove le poltrone sono tutto – questa è l’immagine che il centrodestra dell’Isola ha dato e continua a dare di sé da quando, grazie al voto degli ‘impresentabili’, ha riconquistato la presidenza della Regione – ce n’è uno che dice a Musumeci, a Miccichè e, in generale, agli “scribi e farisei” del centrodestra: tenetevi pure la vostra poltrona di Governo!

Alla base di questa vicenda, culminata nelle dimissioni di Figuccia, c’è una dichiarazione balorda di Miccichè: per la precisione, la sua prima dichiarazione pubblica da presidente del Parlamento siciliano.

Una vicenda semplice, che un politico minimamente avveduto avrebbe trattato in modo molto diverso, è diventata, nelle mani di Miccichè, un caso nazionale. Riassumiamola.

A Roma, senza clamore, il Senato e la Camera dei deputati, muto tu e muto io, avrebbero, di fatto, ripristinato le mega retribuzioni per i dipendenti di Palazzo Madama e Montecitorio, retribuzioni bloccate tre anni fa dal Governo Renzi.

Il presidente del Senato, Piero Grasso, e la presidente della Camera, Laura Boldrini, sono stati abilissimi, restando fuori da questa storia. Avrebbe fatto tutto la cosiddetta Autodiachia, una giurisdizione interna al Parlamento nazionale – composta da parlamentari – che avrebbe deciso di non prorogare il blocco delle retribuzioni disposto, come già ricordato, dal Governo Renzi tre anni fa.

Insomma: si tratterebbe di un bel regalo del Parlamento nazionale in uscita ai dipendenti di Camera e Senato.

Qualche articolo, su questa storia, è stato pubblicato nei mesi scorsi. Ma a fine anno tutto stava passando in cavalleria se non fosse stato per la ‘genialata’ mediatica di Miccichè.

L’attuale presidente dell’Ars non ha potuto fare a meno di trasformare questa storia in un fatto mediatico negativo: per lui e per i dipendenti del Parlamento siciliano, i quali, grazie al clamore che si è creato attorno a questa storia, con molta probabilità potranno dire addio all’eliminazione del tetto alle proprie retribuzioni.

Quello di Miccichè è stato un capolavoro mediatico in negativo. L’eliminazione del tetto alle retribuzioni dei dipendenti è partito da Roma, alla Camera e al Senato. Nessuno ne aveva parlato. E siccome l’Ars è agganciata al Senato – questo, in sintesi, il ragionamento di Miccichè – anche noi qui a Sala d’Ercole togliamo il tetto alle retribuzioni dei dipendenti.

In questo modo il presidente dell’Ars ha inguaiato se stesso e ha tirato in ballo il Senato.

Ma Miccichè non si è limitato a questo. Si è esibito anche in un panegirico sui dirigenti dell’Ars che sono andati in pensione, mettendo in cattiva luce i dirigenti di Palazzo Reale che sono invece rimasti in servizio: ovvero coloro i quali, in teoria, dovrebbe aiutare, sbloccando le loro retribuzioni.

Con la sua dichiarazione Miccichè ha creato problemi a se stesso, ha reso ormai quasi impossibile l’eliminazione dei tetti retributivi per i dipendenti dell’Ars e ha fatto sapere a tutti che al Senato e alla Camera, a chiusura di legislatura, sarebbero stati ripristinati gli stipendi d’oro!

Certo, in Italia i due pesi e le due misure sono all’ordine del giorno: non è improbabile che i tetti delle retribuzioni rimangano bloccati al Parlamento siciliano e, magari, vengano invece sbloccati al Senato e alla Camera dei deputati: tutto è possibile nel Paese dove, rubiamo la citazione a Molière, “è il pubblico scandalo che offende la morale e peccare in segreto è come non peccare…”.

Se dovesse succedere una cosa del genere, beh, Palazzo Madama e Montecitorio non ci farebbero una bella figura: anzi. Ne verrebbero fuori male anche i presidenti uscenti, Piero Grasso e Laura Boldrini, che passerebbero alla storia come i presidenti dei due rami del Parlamento nazionale che…

Insomma: sbloccare i tetti degli stipendi dei dipendenti di Senato e Camera non sarebbe proprio un fatto politico di sinistra… E, soprattutto, non sarebbe “alternativo” al PD di Renzi, che i tetti retributivi a Camera e Senato, tre anni fa, li ha messi.

Tutto questo in campagna elettorale, con il presidente uscente del Senato, Grasso, che si presenta come leader di un nuovo partito – Liberi e Uguali – alternativo al PD. Anzi a sinistra del PD.

Cosa vogliamo dire? Che questa storia potrebbe, alla fine, far fare marchia indietro anche a Roma, ripristinando i tetti retributivi per tutti: al Senato e alla Camera. Anche se il presidente del Senato, Piero Grasso, ha dichiarato:

“La proroga della delibera del Senato sui tetti ai dirigenti non si farà e non è previsto che si faccia”. Ricordando, inoltre, che si è trattato di una “misura temporanea”, giustificata da “esigenze particolari”.

Per ora di clamore mediatico sugli stipendi d’oro che sarebbero stati ripristinati a Palazzo Madama e a Montecitorio non ce n’è: il clamore mediatico è concentrato sul presidente dell’Ars, Miccichè, che vuole ripristinare gli stipendi d’oro a Palazzo Reale.

In questo scenario sono maturate le dimissioni di Figuccia. Perché?

Figuccia ha detto una cosa condivisibilissima: e cioè che è stato un errore eleggere Miccichè presidente dell’Ars. Chi può dargli torto?

Invece tutti gli esponenti di spicco del centrodestra siciliano – altri ‘geni’ della politica – hanno deciso di sputtanarsi insieme con il presidente dell’Ars: tutti a difendere Miccichè, il presidente del Parlamento siciliano che vuole ripristinare gli stipendi d’oro: contenti loro…

Sì, tutti grandi ‘geni’ della comunicazione, gli esponenti del centrodestra siciliano: tutti a difendere un personaggio che è riuscito a creare un caso mediatico per attirare su di sé l’antipatia di tantissimi siciliani.

Sarà interessante ascoltare domani, nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, con chi si schiererà il presidente della Regione, Nello Musumeci: con Miccichè o con Figuccia?

E cosa dirà, Musumeci, degli stipendi d’oro da ripristinare all’Ars? Darà ragione a Miccichè e agli “scribi e farisei” del centrodestra che si sono schierati con il presidente dell’Ars? Dirà di essere contrario agli stipendi d’oro? O emulerà Ponzio Pilato?

Domani ci sarà da divertirsi…

Ah, dimenticavamo: secondo voi l’ha capito Miccichè che, d’ora in poi, Figuccia, in Aula, lo sputtanerà una seduta sì e l’altra pure?

Un ‘genio’ assoluto, Gianfranco Miccichè…

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