L’insabbiamento culturale della Questione Meridionale

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E’ stato un lavoro scientifico: dai primi anni dell’unità fino al fascismo, dal dopo guerra ai giorni nostri, una strategia ben precisa ha occultato la vera natura degli eventi risorgimentali e tutto quello che ne è seguito. Ricostruiamo i passaggi principali con i contributi di Nicola Zitara, Carlo Coppola, Pino Aprile (prima parte)

Prima parte
Molti storici in epoca moderna hanno fatto luce sugli eventi che hanno caratterizzato l’unità d’Italia dimostrando, con certezza, che la cultura di “regime” stese, dai primi anni dell’unità, un velo pietoso sulle vicende “risorgimentali” e sul loro reale evolversi.

Tutte le forme d’influenza sulla pubblica opinione furono messe in opera, per impedire che la sconfitta dei Borbone o la rivolta del popolo meridionale si colorasse di toni positivi.

Si cercò di rendere patetica e ridicola la figura di Francesco II – il “Franceschiello” della vulgata – arrivando alla volgarità di far fare dei fotomontaggi della Regina Maria Sofia in pose pornografiche, che furono spediti a tutti i governi d’Europa e a Francesco II stesso, il quale, figlio di una “santa” e allevato dai preti, con ogni probabilità non aveva mai visto sua moglie nuda nemmeno dal vivo.

Risultò, in seguito, che i fotomontaggi erano stati eseguiti da una coppia di fotografi di dubbia fama, tali Diotallevi, che confessarono di aver agito su commissione del Comitato Nazionale; la vicenda suscitò scalpore e, benché falsa, servì allo scopo di incrinare la reputazione dei due sovrani in esilio.

La memoria di Re Ferdinando II, padre di Francesco, fu infangata da accuse di brutalità e ferocia: gli fu scritto dal Gladstone, interessatamente, d’essere stato, lui cattolicissimo “la negazione di Dio”. Soprattutto si minimizzò l’entità della ribellione che infiammava tutto il l’ex Regno di Napoli, riducendolo a “volgare brigantaggio”, come si legge nei giornali dell’epoca (giornali, peraltro, pubblicati solo al Nord in quanto la libertà di stampa fu abolita al Sud fino al 31 dicembre 1865); nasce così la leggenda risorgimentale della “cattiveria” dei Borbone contrapposta alla “bontà” dei piemontesi e dei Savoia che riempirà le pagine dei libri scolastici.

Restano a chiarire le motivazioni che hanno indotto gli ambienti accademici del Regno d’Italia prima, del periodo fascista e della Repubblica poi, a mantenere fin quasi ai giorni nostri una versione dei fatti così lontana dalla verità.) 

 Le ragioni per cui la verità sulle vicende risorgimentali non vengono alla luce sono composite, ma riconducibili ad un concetto che il D’Azeglio enunciò nel secolo scorso “Abbiamo fatto l’Italia, adesso bisogna fare gli Italiani”, e possono essere esemplificate nel seguente modo:
a. Il mondo della cultura post-unitaria si adoperò per sradicare dalla coscienza e dalla memoria di quelle popolazioni che dovevano diventare italiane. Il modo piratesco e cruentisissimo con il quale l’unità si ottenne, ammantando di leggende “l’eroico” operato dei Garibaldini (che sarebbero stati, nonostante tutto, schiacciati prima o poi dall’esercito borbonico), sminuendo il fatto che la reale conquista del Meridione fu ottenuta, in realtà, dall’esercito piemontese, attraverso le vicende della guerra civile – nonostante la formale annessione al Regno di Piemonte – e tacendo, soprattutto, la circostanza che le popolazioni del Sud, salvo una minoranza di latifondisti ed intellettuali, non avevano nessuna voglia di essere “liberate” e anzi reagirono violentemente contro coloro i quali, a ragione, erano considerati invasori.

Per contro si diede della deposta monarchia borbone un’immagine traviata e distorta, e del ‘700 e ‘800 napoletano la visione, bugiarda, di un periodo sinistro d’oppressione e miseria dal quale le genti del Sud si emanciperanno, finalmente, con l’unità, liberate dai garibaldini e dai piemontesi dalla schiavitù dello “straniero”.

b. Il Ministero della Pubblica Istruzione e della cultura popolare del periodo fascista, proteso com’era al perseguimento di valori nazionalistici e legato a filo doppio alla dinastia Savoia, non ebbe, per ovvi motivi, nessuna voglia di tipo “revisionista”, riconducendo anzi l’origine della nazione al periodo romano e saltando a piè pari un millennio di storia meridionale. Il governo fascista ebbe l’indiscutibile merito di cercare di innescare un meccanismo di recupero economico della realtà meridionale, ma da un punto di vista storico insabbiò ancor di più la questione meridionale, ritenendola inutile e dannosa nell’impianto culturale del regime.

c. La Repubblica Italiana, nel dopoguerra, mantenne intatto, in sostanza, l’impianto di pubblica istruzione del periodo fascista.

La nazione emergeva, non bisogna dimenticarlo, da una guerra civile, nella quale le fazioni in lotta avevano, con la Repubblica di Salò, diviso in due l’Italia, il movimento indipendentista siciliano era in piena agitazione (erano gli anni delle imprese di Salvatore Giuliano), non era certamente il momento di sollevare dubbi sulla veridicità della storia risorgimentale e alimentare così tesi separatiste.

 

foto di copertina tratta da lepillole.com

Visualizza commenti

  • Ben scritto e documentato. Grazie per diffondere la veritá, anche se non l'ho trovato molto duro verso i Savoia. Buon lavoro.

  • Poiché studio i fatti, non commento i giudizi e le opinioni, anche se l’ipotesi che la storia del Risorgimento italiano sia il risultato di un grande complotto internazionale durato centosessant’anni, perpetrato da qualche milione di individui tra corrotti storici italiani e stranieri (Moscati, Romeo, Cancila), insegnanti, pubblicisti etc. forse un commento lo meriterebbe. Mi limito perciò a indicare solo alcuni fatti esposti nell’articolo di Franco Busalacchi, che fatti non sono.
    1. Non è mai esistita alcuna legge che abolisse “la libertà di stampa al sud fino al 31 dicembre 1865”. È bensì vero che, interpretando in modo restrittivo le norme della moderatissima legge sulla stampa, molti prefetti sequestravano in alcuni giorni dei giornali democratici, clericali, repubblicani - e in anni più tardi anche quelli espressione del nascente movimento operaio - per articoli “antigovernativi”, ma queste misure furono prese su tutto il territorio del regno d’Italia.
    2. Ferdinando II morì il 22 maggio 1859. Anche per Gladstone “infangarne la memoria” con un opuscolo – che molti citano, pochi hanno letto -, la cui prima parte apparve l’11 luglio 1851, sarebbe stata impresa ardua. Le ingiuste accuse di “brutalità e ferocia” contro il paterno governo ferdinandeo erano comunque già state lanciate dagli esuli siciliani del 1849 come Pasquale Calvi, del quale si possono leggere le “Memorie storiche e critiche della rivoluzione siciliana del 1848”, per le amorose cure rivolte dal cattolicissimo sovrano a Messina o Catania e per i provvedimenti assunti da Satriano nell’isola.
    3, La guerra civile post-unitaria nelle terre dell’ex Regno di Napoli fu combattuta in buona parte dai volontari della “Guardia Nazionale”, che essendo arruolata sul posto era composta da meridionali – non tutti “intellettuali e latifondisti” non foss’altro per una questione numerica - come i componenti le bande, e infatti la chiamiamo “guerra civile”; e forse non tutti sanno che alla campagna in Basilicata partecipò anche la brigata “Sicilia” che non era formata esattamente da valdostani.
    4. Malgrado il parere di Nicola Zitara non vi era alcun alcun “consistente surplus della bilancia commerciale” del regno borbonico: i dati elaborati da Augusto Graziani attraverso le fonti borboniche (Il commercio estero del Regno delle Due Sicilie dal 1832 al 1858, Roma, 1960), che mostravano una continua prevalenza delle importazioni sulle esportazioni, sono stati sostanzialmente confermati anche da una studiosa come Daniela Ciccolella (Il commercio estero in Il Mezzogiorno prima dell’Unità. Fonti, dati, storiografia, a cura di P. Malanima e N. Ostuni, Soveria Mannelli 2013, pp. 231-256), che pure non ha risparmiato a Graziani critiche sotto il profilo metodologico. Ad avere un saldo attivo tra importazioni ed esportazioni era la Sicilia: ma nelle ricostruzioni fondate sulla libellistica neoborbonica e affini, come è ovvio, la Sicilia è assente.
    5. Nel periodo fascista si ebbe “una qualche politica di sviluppo del Meridione”? La documentazione statistica presentata da Viesti, Pellegrini e Iuzzolino (Convergence among Italian Regions, 1861-2011, Banca d’Italia, 2011, cui rimando) dice che “the years after 1925-26 were certainly the worst period in the economic history of the South” (p. 28). Ma anche loro sono stati probabilmente pagati da Cavour.
    E qui mi fermo per non tediare eventuali lettori.
    Cordialità

  • Caro Marinelli,una cosa vorrei che fosse chiara: Stiamo davanti ad un moribondo ( il Sud)e ci stiamo chiedendo quante pugnalate abbia ricevuto Che cosa cambia rispetto alla devastazione che è davanti ai nostri occhi se Gòaldstone....se Garibaldi, se era l'anno giusto....

  • Tutte le stronzate che avete scritto - soprattutto quello ignorante imbroglione di Aprile - a quale fine tendono? A dividere le persone sulla Unita' dell' ITALIA libera, indipendendente e democratica? Sono un meridionale anche io e mi vergogno di gente come voi. VIVA L'ITALIA UNITÀ e a fare in c.... a tutti i neo borbonici.

    • Ha argomentazioni per sostenere i suoi giudizi forbiti? Si direbbe di no visto i toni che usa.... Che lei sia meridionale non ci sorprende, lo erano anche i politici che Salvemini definiva "ascari"...

  • La campagna di disinformazione dei saBoia massoni a delinquere e a massacrare il sud è stata fatta in tutti i campi possibili e inimmaginabili dai libri di scuola a quelli di ingegneria - medicina, fino a quelli di cucina.. e di meridionali illustri censurati ed epurati dai libri scientifici ce ne sono molti moltissimi.. e sono pure da riscoprire e non sarà facile, ci vorrà molto tempo e fatica!! Auguri per la vostra ricerca e spero che si trovino altre prove provate del massacro dei saBoia ladri e massacratori!!

  • Caro Busalacchi, su scriviamo di storia, se ... o se .., cambia tutto, perchè non si fa informazione ma disinformazione. Se facciamo propaganda, ha ragione lei, non cambia nulla. Ma è certo di condividere i toni di tutti i commenti dei sostenitori dei suoi articoli ? E davvero poi lei crede che se oggi la Sicilia è in difficoltà, sia colpa di Garibaldi ?
    Cordiali saluti

    • Assolutamente d'accordo! La storia non è se...se....e se. La storia è composta da fatti, e devono essere raccontati per come sono avvenuti, Altrimenti invece di storiografia si parla di agiografia.
      Comunque Garibaldi (e più in generale il risorgimento e l'unità d'Italia) ha un bel po' di colpa sulle disgrazie della Sicilia.

  • Nel commento precedente va letto "se scriviamo di storia" etc. Mi scuso per l'errore di battitura.

  • Franco Busalacchi vorrei porle una domanda: ma questo sito per caso non promuove l'indipendenza o, per lo meno, la vera autonomia della Sicilia? E per fare ciò è veramente necessario esaltare il Regno delle Due Sicilie che di fatto è stato la "negazione" (per dirla alla Gladstone) della Sicilia? A me sembra più un sito "Neoborbonico" "DuoSiciliano" piuttosto che un sito indipendentista siciliano. Così si perde solo credibilità.
    La verità è che i Borbone trattavano i Siciliani da cani, e ridussero la Sicilia a colonia di Napoli. È assolutamente vero che i Saboia riuscirono a fare anche peggio dei Borbone, ma , ripeto, se si vuole sottolineare che il risorgimento, i Saboia, l'unità d'Italia, e tutto il resto venuto dopo il 1860 sono stati dannosi per la Sicilia, non è necessario, anzi è assolutamente controproducente, santificare i Borbone e il Regno delle Due Sicilie. Portiamo la lancetta del tempo indietro a prima dell'8 dicembre 1816 e parliamo dello stato di Sicilia (Regno di Sicilia), con la sua costituzione del 1812 e con il suo secolare parlamento che anche se rappresentava soprattutto i baroni dell'epoca aveva senza dubbio molto più valore e consitenza di quella barzelletta chiamata ARS. Quella era la vera patria dei Siciliani, quello era lo stato che i nostri antenati avrebbero difeso contro l'invasione dei mille fetentoni garibaldesi piuttosto che la colonia do Rrè Burbone. Don Peppino avrebbe fatto un bel bagno a mare già a Marsala stesso, e in Sicilia e in tutto il meridione d'Italia non avremmo mai visto il pennacchio di un bersagliere.
    E lasci perdere pure Zitara, intellettuale che comunque io rispetto tantissimo, che lui è Calabrese, non Siciliano. Come diceva il grande Antonio Canepa, la Sicilia ai Siciliani.
    ABBASSO I BORBONE! ABBASSO I SAVOIA! ABBASSO L'ITALIA UNITA!
    VIVA LA SICILIA INDIPENDENTE!
    ANTUDO!!!

  • Nessuno esalta la democrazia dei Borbone , non è questo in discussione.
    La questione è:
    dove sono i soldi che tanto avidamente erano stati accumulati dai Borbone?
    Se l'Italia è unita perché l'Italia tutta non ha lottato la mafia al Sud?

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