In Val di Susa tutto va a fuoco, ma nessuno attacca i forestali. E nemmeno Chiamparino

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Ricordate gli incendi che la scorsa estate hanno funestato la Sicilia? Per la ‘Grande informazione’ la colpa era degli operai della Forestale. Solo dopo una guerra mediatica si è riusciti a fare emergere le responsabilità del Governo regionale di Crocetta e Cracolici. In Val di Susa lo scenario è gravissimo. Ma nessuno accusa i forestali. E nemmeno il presidente della Regione Chiamparino. E nemmeno Renzi che ha abolito il Corpo Forestale. I grandi affari dei Canadair

Ricordate gli incendi che, la scorsa estate, hanno funestato la Sicilia? Al Nord, su di noi – soprattutto sugli operai della Forestale della nostra Isola – ne hanno detto di tutti i colori. “Ventiquattro mila forestali che non fanno nulla”, “soldi buttati mentre l’Isola va a fuoco” e via continuando. A fatica, combattendo con la disinformazione, oltre che contro le fiamme, alla fine si è scoperto che la responsabilità era della mancata prevenzione, cioè del Governo regionale. Oggi le fiamme stanno distruggendo la Val di Susa. Sotto attacco è l’organizzatissimo Piemonte, che sta mostrando tutti i limiti – e forse più – dimostrati, la scorsa estate, dal Governo regionale.

In Val di Susa gli incendi infuriano da otto giorni. Gli sfollato sono migliaia. Il Piemonte sta mostrando una disorganizzazione pari, se non maggiore, a quella che, in Sicilia, hanno mostrato l’assessore regionale Antonello Cracolici, e il presidente della Regione, Rosario Crocetta.

E così come la ‘Grande informazione’, la scorsa estate, ha risparmiato le polemiche al Governo siciliano di centrosinistra, la stessa ‘Grande informazione’, in queste ore, non ha chiamato in causa il Governo regionale del Piemonte presieduto da Sergio Chiamparino.

Al massimo, in queste ore, in Tv, si sente dire che, forse, sarebbe stato un errore eliminare il Corpo Forestale. Il tutto senza chiamare in causa il protagonista dell’abolizione del Corpo Forestale il ‘Grande’ Matteo Renzi.

Intanto la Val di Susa continua a bruciare. Chiusa l’autostrada del Fréjus, da Chianocco a Oulx, in entrambe le direzioni.

“A Mompantero e Venaus – leggiamo sul Secolo XIX – la situazione è allarmante. Il fronte delle fiamme si è spostato… verso Giaglione. Anche Sparone e Locana, in Canavese, alle pendici del Gran Paradiso, restano punti critici sul fronte incendi in provincia di Torino. La sindaca di Sparone, Anna Bonino, e quello di Locana, Giovanni Bruno Mattiello, hanno incontrato il presidente della giunta regionale Sergio Chiamparino, anche oggi impegnato a visitare i luoghi colpiti dall’emergenza roghi”.

“Il vento – prosegue il giornale – che ha concesso solo qualche ora di tregua in Valsusa ha ricominciato a soffiare, ri-alimentando le fiamme. Continua a bruciare la montagna sopra Mompantero e c’è il timore che adesso minacci anche le case, sempre più a valle. Qui, in frazione Pampalù, sono bruciati tutti e sette i ripetitori. Le fiamme si sono avvicinate sempre più a Susa, fin dal mattino: il sindaco Plano ha preventivamente fatto evacuare Cascina Roma e predisposto un centro di accoglienza al centro Beato Rosaz: la Croce Rossa ha pronti 200 pasti per gli operatori. C’è il rischio concreto che le fiamme arrivino anche nel vallone di Novalesa alle pendici del Rocciamelone. Da Caprie a Novalesa sono andati in fiamme in una settimana duemila ettari di bosco: centinaia le persone che sono accorse per dare una mano. A Venaus evacuata Borgata San Giuseppe”.

Come in Sicilia la scorsa estate, nei cieli del Piemonte volteggiano i Canadair, gli aerei anfibi. Le fiamme sono una disgrazia, perché il verde viene distrutto. Ma chi gestisce i Canadair – come avvenuto in Sicilia – ci guadagna.

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  • Buongiorno.
    Sono un dottore forestale piemontese, operante tra l'altro in bassa Val di Susa. Leggo con ritardo questo articolo sugli incendi in Piemonte.
    Come addetto ai lavori mi preme evidenziare alcune inesattezze presenti in questo articolo.
    Per fugare ogni dubbio sul mio atteggiamento in merito, dirò da Piemontese che la prima inesattezza riguarda la definizione di "organizzatissimo Piemonte". Non so bene a cosa vi riferiate, se nello specifico all'organizzazione della macchina AIB, o al settore foreste della Regione, o più in generale al Piemonte nel suo insieme, ma l'aggettivo mi pareva abbastanza fuori luogo anche prima che scoppiassero questi incendi. La vicenda non aggiunge niente di nuovo a un giudizio medio-basso che mi sentirei di dare alla macchina organizzativa piemontese soprattutto per quanto riguarda il settore foreste. Tanto per capirci, il Piemonte non è affatto tra le Regioni virtuose quanto a percentuale di spese dei fondi del Programma di Sviluppo Rurale. e questo è già un buon indicatore. Detto questo, non si può certo dare la colpa degli incendi agli operai forestali regionali che, pur con i loro limiti, svolgono compiti di manutenzione ambientale su tutta la Regione. Istituzionalmente questi lavorano su proprietà pubbliche, mentre il fuoco non risparmia certo quelle private. Il problema degli incendi è molto più vasto e riguarda la mancanza di una gestione selvicolturale ordinaria, che non può essere svolta dalle squadre della Regione a spese della collettività, ma è l'effetto di attività economiche di prelievo del legname che possono esistere solo in presenza di condizioni di sostenibilità economica degli interventi. E queste molto spesso non ci sono, vuoi per lo scarso valore degli assortimenti legnosi, vuoi per le difficoltà di accesso e la carenza di viabilità, vuoi per l'eccessiva parcellizzazione della proprietà, insomma per problemi strutturali di difficile soluzione. Almeno in Piemonte.
    La questione degli operai forestali siciliani è differente. In Piemonte gli operai forestali sono 478, e secondo alcuni sono già troppi. Costano molto (non solo stipendi: mantenerli in efficienza significa attrezzature, costi di esercizio, formazione, sicurezza, progettazione e direzione lavori, ecc.), hanno una produttività molto bassa e costituiscono un serio problema per le casse regionali, tanto da essere state oggetto di grossi dubbi sulla possibilità di continuare a mantenerli in funzione. Quello che in Piemonte ci chiediamo, vista la difficoltà a mantenere 478 operai, è come sia possibile che la Sicilia ne mantenga 24.000. Costano molto più dell'intero budget dello Stato italiano per il settore forestale. Ma cosa fanno? Se lavorassero seriamente, con quei numeri è lecito aspettarsi un territorio trattato come un giardino, dove la prevenzione dagli incendi è svolta con regolarità e le catastrofi ambientali si verificano con una frequenza molto bassa. La realtà è che, come in parte anche da noi, operai forestali significa assistenzialismo. Da sempre il settore forestale è stato considerato dallo Stato e dalle istituzioni un ammortizzatore sociale, fin da quando in epoca fascista si iniziò a iniettare quantità impressionanti di soldi pubblici nei rimboschimenti per far lavorare masse di disperati, così come si fece negli anni 80 quando si affossò il Corpo Forestale con un esercito di cassintegrati privi di formazione e di motivazioni. La Sicilia deve essere consapevole che rappresenta una specie di buco nero nella spesa pubblica che non è più sostenibile, soprattutto in considerazione dell'assenza di risultati che questa spesa determina. Non si possono più mantenere a spese delle altre regioni 24000 operai forestali che non portano alcun risultato tangibile. Con i tempi che corrono i soldi sono finiti. I referendum di Lombardia e Veneto sono un avvertimento e in un modo o nell'altro regioni come la Sicilia dovranno ridurre la propria cronica dipendenza economica ed applicare alla propria spesa criteri di efficienza e di controllo dei risultati, come fanno tutti gli altri. Altrimenti il divario Nord-Sud non potrà che aumentare e la Sicilia è destinata a marginalizzarsi sempre di più. Il resto sono solo parole.

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