Perché non mettere sugli autobus la faccia di chi ha derubato la Sicilia?

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Fa discutere  la decisione dell’AMAT di affiggere sui propri mezzi dei cartelloni che raffigurano la faccia di un giovane borseggiatore. Che stamattina parla con Repubblica Palermo. Il parere di due legali. E quello di chi gioisce della gogna. E una nostra proposta…

Fa discutere, a Palermo e dintorni, la decisione dell’AMAT, la società che gestisce il trasporto pubblico nel capoluogo siciliano, di affiggere sui propri mezzi dei cartelloni che raffigurano la faccia di un giovane borseggiatore (che noi non pubblichiamo) e la scritta: “Non ti vogliamo sui nostri autobus”. Messo alla gogna, praticamente. Certo, un po’ se l’è cercata. E’ stato arrestato per i suoi furti e poi, una volta tornato libero, ha scritto su Facebook: “Tanto non mi arrestano mai”. Spocchioseria, ignoranza, inciviltà? Di tutto un po’ e di casi come questi le periferie di Palermo, quelle che nessuno ama sfoggiare, quelle di cui nessuno si occupa, è pieno. Una nostra amica che insegna in una scuola dello Zen ci racconta giornalmente episodi che sembrano tratti dai film di Ciprì e Maresco. E, quando le chiediamo da dove nascano secondo lei certi comportamenti, non tentenna mai: “Povertà, ignoranza e una distanza delle istituzioni che le rendono del tutto estranee a questi contesti”.

Detto questo- cose note da tempo- torniamo al caso del borseggiatore. E’ stato giusto o no ‘dedicare’ a questo ragazzo una campagna comunicativa del genere?

Le opinioni, va da sé si dividono. C’è chi plaude, come se una iniziativa del genere potesse risolvere il problema dei furti sugli autobus, e chi, invece, non ha apprezzato. Noi, lo confessiamo, siamo molto perplessi perché tra chi ha condannato questa scelta, c’è chi ha addotto motivazioni che fanno riflettere non poco. Parliamo dell’avvocato Stefano Giordano che su facebook ha scritto quanto segue: “A me non sembra una buona idea, sarebbe stato meglio punirlo con una pena proporzionata, ma efficace. L’esposizione al pubblico ludibrio mi sembra tanto più impropria quanto illegittima se effettuata da una società in mano pubblica. Come una sorta di “taglia” , con l’aggravante che si tratta di un delinquentucolo,non di un carnefice. Non difendo né il crimine né il criminale, ma non è questo il modo con cui la società civile deve reagire in un paese normale”.
Un altro avvocato, Salvatore Ferrara, aggiunge: “Certo non è piacevole essere borseggiati ma l’esposizione della foto potrebbe presentare profili quantomeno controversi dal punto di vista giuridico. Certo dubito che la morte civile che ne conseguirà educherà questo soggetto a non delinquere o non ne rafforzerà piuttosto propositi criminosi esaltando la sua marginalità. Ma la Costituzione che agitiamo spesso nelle proteste è unica e l’art. 27 dice qualcosa. Concordo con Stefano. Piuttosto si dovrebbe riflettere sulle misure alternative che servano a rieducare”.

C’è poi chi fa notare che in tante metropolitane di città europee ci sono avvisi contro i borseggiatori, ma certo non ci sono foto specifiche.

Stamattina, poi, su Repubblica Palermo, c’è l’intervista a questo ragazzo: “Io voglio chiedere scusa. Sono venuto a piedi da Brancaccio, sugli autobus non posso più salire: con quelle foto che l’Amat ha messo dovunque, appena mi vedono chiamano la polizia. Neanche fossi Totò Riina, ma quello non chiede scusa”. Dice anche che ruba per fame e che, ovviamente, sarà difficilissimo per lui trovare un lavoro.

E le opinioni si dividono ancora. C’è chi, addirittura, parla di una moda ‘radical chic’ di difendere Caino. A noi sembra più radical chic gioire della messa alla gogna di un ladruncolo che non potrà permettersi avvocati di grido.

Il nostro collega, Stanislao Lauricina, fa notare che “Caino è il prototipo degli omicidi, questo sembra un ladruncolo doppiamente idiota. Dopo essersi fatto beccare, ha voluto fare una “sbrasata” senza rendersi conto delle conseguenze. Fa più pena che rabbia, anche se il suo posto sarebbe in galera. Perché “rubo per mangiare” non è accettabile”.

Chiaro che i borseggiatori vanno arrestati e puniti. Ma non possiamo non essere d’accordo con i due legali- che, in quanto tali conoscono bene la materia e da loro possiamo solo imparare- che parlano di profili quantomeno controversi dal punto di vista giuridico e di scelta impropria da parte di una società pubblica. 

Alla spocchioseria del borseggiatore, l’AMAT ha risposto con altrettanta spocchioseria. Indirizzandola verso una facile preda: un ragazzo che, probabilmente, non sa che avvocati esperti potrebbero dare del filo da torcere alla società pubblica.

Una proposta all’AMAT:  onde evitare che si possa pensare che il coraggio viene fuori solo contro i piccoli ladruncoli, perché non pensare ad una campagna di comunicazione contro chi ha derubato la Sicilia?

Una settimana una faccia e l’altra settimana un’altra faccia. Ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Prove non ne mancano e come per il borseggiatore, pazienza se ancora il processo non si è concluso.

PS Considerato che l’AMAT gli ha pure tolto la possibilità di lavorare, come minino, dovrebbe dargli una chance di ricominciare. E il Comune, cui fa capo la società, occuparsi di una sua formazione per reinserirlo nella società. Così come dovrebbe fare con tutti i disagiati, compresi quelli che hanno fatto esperienza del carcere per reati di questo tipo.

 

 

Visualizza commenti

  • Andiamoci piano, per favore.
    Il Comune ha tante altre cose a cui pensare e, comunque, dispone di un ufficio specifico che dovrebbe sostenere la cosidetta "inclusione attiva" dei soggetti disagiati.
    E salendo nella "gerarchia amministrativa" la Regione ha dovuto occuparsi degli ex Pip, soggetti provenienti da una platea eterogenea di problematiche di emarginazione, con l'unico risultato di avere ingolfato i propri uffici con personale che spesso non può o non vuole fare nulla in ambito lavorativo ma solo, in non rari casi, continuare a delinquere.
    Il giovane borseggiatore poteva pensarci prima e, visto che ben difficilmente finirà in galera, almeno adesso, nelle lunghe passeggiate cui è costretto (a proposito, pensate che abbia mai pagato il biglietto sugli autobus "luoghi di lavoro"?), avrà modo di riflettere sul senso della vita e si manterrà in forma.

  • A parte l'uso di "spocchioseria", come criminaliteria...?
    Certo, l'articolo 27 della Costituzione, secondo comma : "....Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" , dice molto sulla civiltà della nostra Carta...
    Ma noi non siamo mai stati una democrazia compiuta, quella nella quale la persona che non delinque e si comporta con tutte le pubbliche regole, non solo esalta la Costituzione ma dovrebbe avere ogni tutela personale pubblica .
    Invece ha preso piede il costume che la persona corretta può benissimo essere oggetto di continue e ulteriori prepotenze( una parola per tutte), in attesa della "rieducazione" del criminale, che non avviene mai e che anzi si aggrava nella recidiva delinquenziale ( e non delinquenzialeria).
    Io propongo che al terzo borseggio, passato con la condanna in giudicato, si metta la foto del bandito, quando maggiorenne, sui cartelloni pubblicitari lungo le principali arterie su cui passano quei mezzi pubblici, magari , se ci sono, accanto ai cartelli degli orari di passaggio, per il tempo di condanna previsto dal codice penale.
    E di fronte, sul lato opposto della strada tutte quelle figure politiche, nazionali e regionali, che hanno malversato, corrotto e si sono fatti corrompere, sempre a danno del pubblico erario o del comune e corretto contribuente, diciamo per tutto il tempo della "legislatura", ed escussi e perseguiti tutti i gradi di giudizio (allora "campa cavallo...").
    Invece succede che i banditi , a qualsiasi congrega appartengano, finiscono dentro le "fiction" televisive, che sono solo casse di risonanza pubblicitaria e i ladri e ladruncoli a fare pubblicità a capi di abbigliamento, come è già avvenuto.
    In una repubblica anarchica, ogni -anarchicheria- è possibile.
    Nel cimitero dell'accidia e della rinuncia a fare alcunché per vivere e fare vivere degnamente un poco tutti.

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