Quando l’Italia vendeva gli uomini in cambio di carbone

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Oggi, 23 giugno 2017, ricorre il 71esimo anniversario dell’accordo tra Italia e Belgio chiamato anche Uomo-Carbone. In base a questo protocollo d’intesa, 50 mila minatori italiani si trasferirono in Belgio per lavorare – da schiavi – nelle miniere di carbone. In cambio il Belgio dava all’Italia 2 mila e 500 tonnellate di carbone ogni mille minatori. Gli ‘schiavi’ chi erano? In minima parte veneti, in maggioranza siciliani 

Oggi, 23 giugno, ricorre il 71esimo anniversario di una intesa dall’aspro sapore classista e schiavistico, il protocollo italo-belga chiamato “UOMO CARBONE”.

Di che si tratta? Questo protocollo fu firmato a Roma tra il il 23 Giugno 1946 per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio” al ritmo di 2000 a settimana. In cambio il Governo belga si impegnò a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone ogni 1.000 minatori immigrati. Il contratto prevedeva 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo, pena l’arresto, di farne almeno uno.

Nei Comuni italiani iniziarono a comparire dei manifesti che informavano della possibilità di questo lavoro, ma per quanto riguarda le mansioni effettive, diceva molto poco.

Il viaggio in treno verso il Belgio durava tre giorni e tre notti. Non c’erano vagoni degni di tale nome, né servizi igienici.

Arrivati a destinazione gli alloggiati si trovavano in ex campi di concentramento: baracche di legno, di lamiere ondulate, letti a castello, materassi di paglia e biancheria sudicia.

Ovviamente, a parte una numerosa rappresentanza di veneti (allora la più povera tra le Regioni italiane), la maggior parte degli operai salì dal Sud e dalla Sicilia, dove il lavoro in miniera aveva per tanti anni costituito un mezzo di sostentamento.

Le condizioni di vita e di lavori di questi nostri sfortunati connazionali non furono migliori di quelle descritte nelle zolfatare siciliane. Anzi, basti pensare che per scavare il carbone basta essere all’interno di un cunicolo alto appena 25 centimetri.

Il minatore lavorava per ore e ore a volte rivoltandosi nei suoi stessi escrementi (da una lettera di un minatore alla moglie).

Le pattuizioni tra i due governi furono dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento (una vera tratta!) e al trattamento dei lavoratori, mentre in materia di orario di lavoro, di sosta al lavoro, di riposo settimanale si fa un generico rinvio al contratto-tipo belga nel settore. Nulla fu detto sulla sicurezza sul lavoro.

E infatti i morti in miniera furono migliaia.

Come il terribile incidente avvenuto a Marcinelle, la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier (qui la storia di questa tragedia). Una vicenda immortalata dal grande poeta siciliano, Ignazio Buttitta.

Lu trenu di lu suli di Ignazio Buttitta

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  • Mio padre ha lavorato nelle miniere di carbone belghe 6 anni circa dal 1955 al 1961 nel 1962 venne riconosciuto malato di silicio con pensionamento, morì a 64 anni. Dopo la guerra aveva lavorato in Francia sempre nelle miniere di carbone.

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