Il CSM, Falcone e la giustizia mancata per la mamma di Claudio Domino e per il papà di Antonio Agostino

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Il convegno di due giorni fa a Palermo, per celebrare la desecretazione degli atti del Consiglio Superiore della Magistratura sulle vicissitudini del giudice Giovanni Falcone è stato quasi gelato quando l’orrore e il dolore si sono presentati con i volti, segnati da anni di vana attesa della verità, della mamma del piccolo Claudio Domino e del papà dell’agente di Polizia, Antonio Agostino: due omicidi sui quali la Giustizia non ha dato risposte  

La desecretazione degli atti del Consiglio Superiore della Magistratura sul giudice Giovanni Falcone è stata utilizzata infelicemente per una postuma celebrazione di Claudio Martelli, ministro della Giustizia all’epoca dei fatti, alla presenza di Alfonso Giordano, che fu Presidente del maxiprocesso di Palermo.

Sotto “l’incalzare” delle domande convenzionali ed edulcorate del buon giornalista-corrierista, Felice Cavallaro, Martelli ci ha parlato del suo “amico” Falcone, descrivendo un idillio che non mi pare essere mai esistito tra i due. Tutto a posto, dunque? E no!

Il clima di allegra rimpatriata è finito di colpo quando il dolore e l’orrore che di questa vicenda sono i veri, autentici protagonisti, hanno fatto irruzione e hanno guastato l’auto-celebrazione. Parliamo della mamma di Claudio Domino e del padre dell’agente di Polizia, Antonino Agostino: due voci che, ancora una volta, con il loro grido disperato hanno lacerato l’incerata da belle epoque.

(Antonino Agostino venne ucciso insieme con la moglie incinta di due mesi, Ilda Castelluccio, il 5 agosto del 1989, a Villagrazia di Carini; Claudio Domino, un bambino di 11 anni, venne ucciso nel 1986, a Palermo, mentre giocava a pallone, nel quartiere di San Lorenzo).

“Dov’è la giustizia!!?? Dov’è lo Stato!!?? Che ne è dei nostri figli!!??

Il parterre, colpito in pieno, sbanda. Quando poi l’ombra dei servizi segreti deviati – evocata come un fantasma spaventevole dalla disperata denuncia di Agostino – si stende sui relatori, il forbito eloquio di quello che fu “il carino per il rinnovamento” degenera in borbottio, mentre il buon Giordano si chiude in se stesso, e Cavallaro, stranito, farfuglia parole di conforto, manco fosse un monsignore usurato dalla bronzea carità della professione.

Cari, carissimi infelici signora Domino e signor Agostino, che dirvi? Come consolarvi?

Nessuno lo può fare se non lo fa chi esiste e trova ragione di esistere nel doverlo fare e nell’unico modo vero: facendo giustizia e così lenendo la vostra pena. Non dispensando parole, “paroli che si mangianu tra iddi”.

 

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