Piano della qualità dell’aria ‘veneto-siculo: Gioacchino Genchi scrive a Salvatore Anzà

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Il nostro approfondimento sul Piano della qualità dell’aria della Regione siciliana sta suscitando un interessante dibattito. La storia, piuttosto tormentata, è nota: ci sono di mezzo polemiche sui contenuti che farebbero riferimento a contesti non siciliani. L’argomento, in ogni caso, è ancora attuale. E lo dimostra il fatto che se ne continua a parlare, non senza accenti polemici

Egr. Direttore,
mi viene segnalata una lettera chilometrica pubblicata sul vostro blog a firma del dott. Salvatore Anzà, dirigente dell’Assessorato Territorio e Ambiente, in relazione ad un articolo su di una sua recente condanna per diffamazione nei confronti dell’ex segretario regionale di Legambiente Sicilia. In tale lettera vengo citato più volte. Dati i precedenti giudiziari sull’argomento, che hanno visto soccombente in sede giudiziaria varie volte il dott. Anzà, intervengo, anche se con riluttanza, per una brevissima precisazione. Le ricostruzioni relative al cosiddetto Piano della qualità dell’aria, nel vostro articolo azzeccatamente definito canovaccio veneto siculo, operate dal dott. Anzà sono state oggetto di ben 4 differenti sentenze civili da parte di 4 giudici diversi, con condanne per diffamazione nei confronti di 3 persone, tra le quali anche il sottoscritto, e di Legambiente Sicilia, e con risarcimenti complessivi di alcune decine di migliaia di euro. Come riportato nel vostro primo articolo, nella più recente di queste cause, oltre al dott. Anzà, la condanna ha colpito questa volta anche l’Assessorato Territorio e Ambiente. Quindi, la “risposta” del Tribunale alla richiesta del risarcimento milionario avanzata dall’Avvocatura dello Stato all’ex segretario di Legambiente è stata di tutt’altro ed opposto avviso, tanto è vero che il dott. Anzà e l’Assessorato sono stati condannati anche al pagamento delle spese legali. In sede penale (causa Fontana contro Anzà), leggo sempre nel vostro articolo, l’assoluzione che il dott. Anzà aveva ricevuto nel giudizio di appello, dopo la condanna in primo grado ad 1 anno e 8 mesi, è stata annullata dalla Corte di Cassazione, ma il reato è andato nel frattempo prescritto. Pertanto, se il dott. Anzà, per suoi motivi personali non ha ancora metabolizzato il suddetto quadro giudiziario o ha serie difficoltà in tal senso, sono problemi che riguardano la sua persona e che dovrà, se lo vorrà, risolvere con se stesso. Ecco perché, alla luce della suddetta continuità di condanne, io non ho motivo di entrare neppure minimamente nel ritrito ed ormai ben noto tran tran del dott. Anzà, ma mi limito a prendere solo atto che, evidentemente, il dirigente ha una sorta di propensione a devolvere il suo stipendio in cospicui risarcimenti altrui e, al riguardo, sembrerebbe volersi posizionare di nuovo sui precedenti e soccombenti medesimi binari. Che dire più di questo? Contento lui!
Grazie, Direttore, per la sua cortese ospitalità.
Palermo, 24 maggio 2017
Dott. chim. Gioacchino Genchi

Foto tratta da batmagazine.it

QUI TROVATE I DUE ARTICOLI SU TALE ARGOMENTO PUBBLICATI DA I NUOVI VESPRI

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