A San Cataldo le esche avvelenate fanno strage di cani e gatti. I dubbi e le accuse del WWF

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Le periferie e i dintorni della cittadina nissena sono pieni di esche avvelenate. Morte, tra atroci sofferenze, anche le volpi. Gli ambientalisti e il Comune di san cataldo hanno lanciato l’allarme: limitate al minimo i movimenti dei vostri animali domestici. Chi sono i responsabili di questa strage? E perché? L’inquietante ipotesi del WWF

A San Cataldo, provincia di Caltanissetta, è in corso una strage di cani e gatti domestici, ma anche di cani randagi e di animali selvatici, a cominciare dalle volpi. Nelle zone di periferia della cittadina nissena i residenti hanno segnalato la morte, tra atroci sofferenze, dei propri animali d’affezione. Già lo scorso dicembre sono stati segnalati animali trovati morti. Perché sta succedendo tutto questo? Chi è che uccide gli animali? Il WWF lancia un’ipotesi inquietante: la caccia.

“E’ noto, infatti – si legge in un comunicato del WWF – che a scatenare l’avversione dei settori più retrogradi del mondo venatorio nei confronti di volpi, cani, gatti ecc. è la predazione da parte di queste specie sugli animali di interesse venatorio. Considerato che proprio le campagne sancataldesi, oggi interessate dagli avvelenamenti, sono le stesse che ogni anno sono frequentate da decine di cacciatori con le loro battute al coniglio, è fin troppo facile immaginare che le polpette avvelenate sparse sul territorio – in queste settimane come negli anni scorsi – siano proprio dirette ad eliminare i predatori dei conigli, così che questi mammiferi si riproducano tranquillamente ed i cacciatori non abbiano ‘concorrenti’ quando a settembre si riaprirà la caccia”.

“Non è la prima volta, purtroppo, che a San Cataldo si registrano simili gesti criminali – dice il Presidente del WWF Sicilia Centrale, Ennio Bonfanti -. In quelle stesse contrade, per esempio, già nel 2013 furono rinvenuti diversi animali morti a causa dell’ingestione di sostanze tossiche. Nonostante il fatto che questo irresponsabile, inutile e barbaro uso del veleno contro animali domestici e fauna selvatica possa determinare un grave impatto sulla salute pubblica e sulla biodiversità, in pochi collaborano con le Autorità per scoprire e denunciare i responsabili”.

“Facciamo appello ai cittadini – prosegue Bonfanti – affinché ci aiutino ad individuare i criminali che stanno avvelenando le nostre campagne. In caso di individui o auto sospette che spargono polpette od altri alimenti, occorre chiamare immediatamente le Forze di Polizia e, ove possibile, filmare col proprio telefono cellulare la scena alla quale si assiste. Anche le Guardie zoofile e ambientali del WWF di Caltanissetta sono a disposizione del Comune e delle altre Autorità competenti, per collaborare nelle azioni di contrasto al fenomeno e per pianificare e porre in essere efficaci misure di prevenzione, indagini ed accertamenti. Chiunque volesse aiutarci con informazioni e segnalazioni, nella massima riservatezza, può contattare le Guardie WWF all’e-mail guardiewwf.caltanissetta@gmail.com”.

Il sindaco di San Cataldo, Giampiero Modaffari, si è prontamente attivato dando disposizioni alla Polizia Municipale per indagare sul fenomeno ed avvertire la popolazione del rischio: nelle principali vie di comunicazione delle contrade interessate sono stati apposti cartelli che avvisano la cittadinanza della “sospetta presenza di esche avvelenate potenzialmente nocive per gli animali” (come si può leggere nel sito web del Comune).

“A tal proposito – si legge sempre nel comunicato – il WWF Sicilia Centrale ricorda che la fabbricazione, detenzione, uso e distribuzione di esche e bocconi avvelenati costituisce un grave illecito punito con pesanti sanzioni penali. La legge sulla caccia n. 157/1992 (artt. 21 e 31, ammenda fino a 1.549 euro) ed il Testo Unico delle Leggi Sanitarie (art.146, reclusione da sei mesi a tre anni e un’ammenda fino a 516,46 euro) vietano espressamente di diffondere veleni. Ai sensi della legge n.189/2004 contro il maltrattamento, inoltre, per il delitto di uccisione di animali è prevista la reclusione da quattro mesi a due anni; per il delitto di maltrattamento è prevista la reclusione da 3 a 18 mesi o la multa fino a 30.000 Euro”.

“Ai sensi dell’Ordinanza del Ministero della Salute – prosegue sempre il comunicato – concernente norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o bocconi avvelenati, inoltre, il proprietario o il detentore dell’animale, deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati o che abbia manifestato una sintomatologia riferibile ad avvelenamento, deve subito segnalare l’episodio ad un medico veterinario di fiducia, che emette la diagnosi di sospetto avvelenamento, corredata da referto anamnestico. Lo stesso veterinario deve darne immediata comunicazione al sindaco, al Servizio veterinario dell’Azienda sanitaria locale e all’Istituto zooprofilattico sperimentale, usando gli appositi moduli contenuti nell’Ordinanza. Spetta all’ASL l’invio all’Istituto zooprofilattico di carcasse di animali deceduti per avvelenamento o dei campioni biologici da essi prelevati, nonché di esche o bocconi sospetti di avvelenamento. Qualora, infine, l’Istituto zooprofilattico accerti la presenza di sostanze tossiche o nocive, il Sindaco – entro quarantotto ore dalla ricezione del referto dell’Istituto zooprofilattico sperimentale – provvederà a mettere in atto specifiche misure anche con l’ausilio di volontari, guardie zoofile e organi di polizia giudiziaria”.

Per quanto riguarda la sicurezza e l’incolumità pubblica, il WWF desidera diffondere alla cittadinanza i seguenti consigli:
– ai genitori si raccomanda di vigilare con attenzione sui bambini, che non raccolgano ed ingeriscano materiali sospetti;
– i proprietari di cani devono controllare tramite guinzaglio i movimenti dell’animale, facendogli indossare la museruola per non entrare in contatto con I bocconi avvelenati;
– ai proprietari di altri animali domestici si raccomanda di limitarne, per quanto possibile, i movimenti;
– tutti i cittadini sono invitati a non raccogliere e segnalare prontamente alla Polizia Municipale o ai Carabinieri (tel. 112), Polizia (tel. 113) o Corpo Forestale (1515) eventuali esche o materiali sospetti.

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