La parabola del PD siciliano, acclamato dai ricconi e avversato da giovani e lavoratori

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La vera analisi sul voto dello scorso 4 dicembre in Sicilia, prima che ‘politica’, dovrebbe essere sociale. Sulla rete, nelle settimane precedenti il giorno del referendum, abbiamo assistito a uno spettacolo che definire strano è poco: i ricconi che inneggiavano al Sì e al PD, mentre i giovani e i lavoratori che attaccavano a testa bassa quella che, alla fine, dovrebbe essere la formazione politica erede del Pci, annunciando il loro No. Certo, Renzi e i manganelli del ministro Alfano c’entrano pure. Ma in questo PD siciliano c’è anche un problema di ‘ascarismo’ e di classi dirigenti inadeguate

Che in Italia Renzi e il suo scombiccherato Governo godano dell’appoggio dei ricchi e, in generale, dei benestanti ci sta. Basti pensare alle tre Regioni italiane dove i Sì hanno vinto, dalla rubiconda e massonica Toscana del Monte dei Paschi di Siena all’Emilia Romagna dove trionfano la ‘Falce & il carrello’ della grande distribuzione organizzata che opera in condizioni di monopolio. Per non parlare del Trentino Alto Adige, dove non si muore certo di fame. Ma che in Sicilia i ricconi e i benestanti acclamino l’attuale presidente del Consiglio oggi dimissionario, mentre disoccupati e giovani lo avversano, beh, questo è un po’ paradossale.

Qui le proteste degli studenti – a Palermo e a Catania – c’entrano fino a un certo punto. Per carità, le manganellate ai ragazzi ordinate dal Governo nazionale sono state vergognose. Ma la questione è un’altra: perché il PD a trazione renziana e, in generale, quella che un tempo era la sinistra, in una Regione come la Sicilia, dove la povertà è in spaventosa crescita, non riesce a rappresentare chi soffre?

Certo, in Sicilia, la sinistra non ha mai brillato. Nella Prima Repubblica Pci e Psi erano quasi sempre in contrapposizione. Insieme rappresentavano il 35%, qualche volta anche il 40% dei voti. Ma erano divisi.

Nella Seconda Repubblica i socialisti, intesi come formazione politica autonoma e visibile, sono scomparsi. Alcuni sono finiti dentro Forza Italia, altri sparsi qua e là (alcuni persino nel PD renziano: cose da ridere, amaramente, s’intende).

I post comunisti siciliani, rispetto alla Prima Repubblica, già a metà anni ’90 avevano dimezzato i consensi. La fusione con la Margherita (leggere i tardo adepti della fu sinistra Dc) non ha migliorato la situazione: tant’è vero che oggi il PD siciliano viene dato al 10-11%.

La sinistra, nella nostra Regione, ha governato sempre grazie alle disgrazie altrui. Alla fine degli anni ’50 del secolo passato fu per un anno e mezzo nel Governo grazie a una faida contro Amintore Fanfani, che allora reggeva la segreterie della Dc, la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli Esteri. Il Governo regionale del democristiano ‘ribelle’ Silvio Milazzo – fase politica passata alla storia come ‘Milazzismo’ – finì tra le macerie, tra compravendita di voti e l’ombra della mafia.

Nel 1992 Giuseppe Campione diventa presidente della Regione siciliana quando Tangentopoli e Mafiopoli stanno esplodendo. A sostenerlo ci sarà pure il Pds che aveva da qualche anno sostituito il Pci. E sarà lo stesso Pds, nel 1993, a interrompere l’esperienza su input di Leoluca Orlando, allora leader della Rete, che in quegli anni era nelle condizioni di imporre le proprie condizioni politiche all’allora segretario nazionale del Partito democratico della sinistra, Achille Occhetto.

Nel 1999 la sinistra post comunista torna al Governo della Regione con Angelo Capodicasa. Un esecutivo che in quei giorni Emanuele Macaluso – leader storico della sinistra siciliana – bollerà come frutto di “debolezza” (parole che faranno infuriare lo stesso Capodicasa). Ma Macaluso aveva ragione: Capodicasa era diventato presidente della Regione grazie agli errori degli azzurri siciliani e segnatamente dell’allora coordinatore di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè.

Quanto avesse ragione Macaluso saranno i fatti subito successivi a dimostrarlo, se è vero che alle elezioni politiche nazionali del 2001 la sinistra siciliana perderà per 61 a zero. Un ‘cappotto’, quello inflitto dal centrodestra al centrosinistra siciliano, frutto non della forza di questo schieramento politico, ma della debolezza del centrosinistra dell’Isola.

Detto questo, sino alla fine degli anni ’90 la sinistra post comunista siciliana, nel bene e nel male, riusciva a rappresentare, almeno in parte, i ceti meno abbienti della Sicilia. In modo confuso ed incerto: ma li rappresentava.

Lo snodo – negativo – con molta probabilità avviene nel 2008, quando la sinistra siciliana perde rovinosamente le elezioni regionali. Ma attraverso un raggiro – in forza di un probabile accordo politico e parlamentare con Raffaele Lombardo, eletto dal centrodestra con quasi il 70% dei voti di lista – il centrosinistra siciliano, come già ricordato, perde sì le elezioni, ma raddoppia la propria presenza in Assemblea regionale siciliana e va al Governo con il ribaltone di Lombardo.

Succede che lo stesso Lombardo – inspiegabilmente – presenta addirittura tre liste: la sua, quella del Movimento per l’Autonomia, e due liste d’appoggio. Le due liste d’appoggio, per pochi voti (ma guarda che combinazione!), non raggiungono il 5% e tutti i seggi dell’opposizione (36 per l’esattezza) vanno al centrosinistra, dal momento che il centrodestra aveva fatto il pieno.

Insomma, gli ex comunisti, che erano riusciti a malapena a conquistare 18 seggi su 90, si prendono altri 18 seggi dell’Ars!

Grazie a questi ‘magheggi’ elettorali (argomento in cui l’ex presidente della Regione, Lombardo, è imbattibile), il PD di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia inizia a governare la Regione pur avendo perso le elezioni e, quindi, senza avere alle spalle il consenso elettorale. E lo fa, per giunta, con un personaggio spregiudicato come Lombardo, tra le proteste di un’altra parte del PD che, di fatto, perderà lo scontro con Cracolici e Lumia.

Sarà Roma (leggere la segretaria nazionale del PD) a dare ragione a Cracolici e Lumia. Perché con il ribaltone di Lombardo – che trova normale tradire il 70% degli elettori siciliani che aveva votato per i partiti di centrodestra – i grandi affari (a cominciare dal mondo degli appalti siciliani) finiscono tutti, uno dietro l’altro, nell’orbita del centrosinistra.

Quello che si è verificato in Sicilia tra il 2008 e il 2012 è stato il tradimento delle regole basiliari della democrazia: i perdenti che vanno al Governo e i vincenti che vanno all’opposizione.

In questo scenario trasformista – dove Lombardo, Cracolici e Lumia si danno la mano – il PD della Sicilia ha trovato del tutto normale cominciare a tagliare i propri legami con il mondo del lavoro.

Oggi tutti parlano del renzismo, di Renzi che ha penalizzato il mondo del lavoro, il mondo della scuola e, adesso, anche i pensionati con l’APE, operazione che serve a far guadagnare soldi alle banche e alle assicurazioni sulle pelle dei già citati pensionati. Tutto vero.

Ma si dimentica che il renzismo – inteso come penalizzazione del mondo del lavoro – è iniziato con qualche anno di anticipo in Sicilia. Come dimenticare l’attacco portato, già a partire dal 2009, ai lavoratori della Formazione professionale? Come dimenticare le politiche attive del lavoro, ora utilizzate per clientele di questo o quell’assessore o deputato, ora bloccate?

Quasi tutte le vertenze che hanno interessato i lavoratori siciliani, a partire dal 2010, sono state ignorate dai Governi regionali di centrosinistra. Quando c’era il Governo Berlusconi 2008-2011, i governanti siciliani dicevano che la colpa era di Berlusconi. Poi la colpa è stata di Letta. Da quando è arrivato Renzi i dirigenti del PD siciliano non hanno più alibi.

Quanti sono i lavoratori siciliani abbandonati o raggirati dal PD siciliano e dal suo Governo regionale? I dipendenti della Formazione professionale, i dipendenti degli Sportelli multifunzionali, le marinerie siciliane, i lavoratori dei call center, i piccoli agricoltori (che in Sicilia rappresentano la maggioranza degli imprenditori agricoli) i dipendenti delle ex Province e, da qualche ora, anche i precari dei Comuni e della Regione, ai quali la legge di stabilità nazionale – votata dai parlamentari nazionali del PD eletti in Sicilia – ha chiuso le porte in faccia.

L’assessore-commissario della Regione siciliana, Alessandro Baccei, si è premurato di spiegare che la mancata copertura giuridica per il rinnovo dei contratti a circa 14 mila precari dei Comuni siciliani è un fatto “tecnico”.

A nostro modesto avviso, quello che sta succedendo non è un mero fatto tecnico, ma un fatto politico grave, come abbiamo raccontato nel seguente articolo:

Verso le elezioni regionali 2017: 15 mila precari dei Comuni e delle ex Province assunti dalla Regione!

Così torniamo al tema iniziale: perché anche in Sicilia, in occasione del referendum, molti tra i ricconi si sono schierati con il Sì, mentre quasi tutto il mondo del lavoro e dei giovani si è schierato per il No?

Sulla rete, nelle due-tre settimane precedenti il 4 dicembre, personaggi danarosi inneggiavano al Sì, mentre giovani e lavoratori erano quasi tutti per il No.

Certo, Renzi, con la sua boria e la sua arroganza si è alienato la simpatia di tanti siciliani.

Chi scrive, qualche giorno prima del voto, ha registrato la seguente dichiarazione di un gruppo di ragazzi:

“Noi i 500 Euro ce li prendiamo, ma votiamo lo stesso contro Renzi, perché non saranno i soldi a farci dimenticare la nostra Costituzione”.

In conclusione: chi rappresenta, oggi, il PD siciliano?

I giovani no di sicuro. Soprattutto gli studenti presi a manganellate dai poliziotti mandati dal Governo nazionale non hanno molti motivi per votare PD.

Nemmeno i pensionati si sentono rappresentati dal Partito Democratico della Sicilia. I dati sullo stato dei pensionati della Sicilia li ha forniti qualche giorno fa la CISL:

“I pensionati di Trapani e Palermo vivono in condizioni difficili, spesso di povertà e con estreme difficoltà ad accedere alle prestazioni sanitarie adeguate. A Palermo in tutto sono circa 342 mila, a Trapani 115.763, oltre un milione e 330 mila in tutta la Sicilia. In tutti i territori prevalgono gli importi medi di circa 654 euro, più bassi della media nazionale di quasi il 22 per cento (l’importo medio in tutta Italia è di circa 839 euro).  Prevalgono anche i trattamenti fino a mille euro lorde che rappresentano l’86%, e che saranno coloro che dal prossimo anno potranno ricevere la quattordicesima.  In tutta la regione quasi 440 mila pensionati non raggiungono i 500 euro lordi quindi sotto la soglia di povertà. In particolare l’importo medio a Palermo nel 2015 secondo i dati Inps è stato di 662,99 più basso rispetto al 2014 (quando era 675 circa). A Trapani l’importo è di poco inferiore, circa 616 euro. Per le pensioni di invalidità le somme scendono, a 409 euro a Palermo e 405 a Trapani”.

Per tutta risposta il PD cosa propone ai futuri pensionati? L’APE, ovvero un ‘regalo’ alle banche e alle assicurazioni, sulla pelle degli stessi pensionati.

Dal marasma non si salvano nemmeno i pensionati della Regione siciliana. Al Fondo pensioni della Regione il Governo di Rosario Crocetta – con il voto a maggioranza del Parlamento siciliano (maggioranza di centrosinistra) – ha scippato 50 milioni di Euro per consentire ai Comuni di pagare le rate dei mutui.

Il Governo Renzi ha scippato i soldi ai Comuni siciliani e il Governo regionale – con in testa il PD – che fa? Li scippa ai pensionati della Regione! Per quali motivi queste persone dovrebbero votare per il PD?

Parliamo della Formazione professionale? Il PD ha preteso la gestione ‘politica’ dell’assessorato regionale alla Formazione professionale. Ed è arrivato l’assessore Bruno Marziano, deputato regionale di lungo corso, già presidente della Provincia regionale di Siracusa. Un amministratore di lunga esperienza, senza dubbio. Ma che fino ad oggi ha dimostrato di essere uguale, se non peggiore, dei suoi predecessori (tra oggi e domani replicheremo all’assessore Marziano che parla di “centrali della disinformazione”, confondendo se stesso e il suo sistema di potere con chi lo mette davanti alle sue contraddizioni, alle contraddizioni del suo Governo e alle contraddizioni del PD siciliano”.

Il tema è sempre lo stesso: per quale motivo i protagonisti della Formazione professionale dovrebbero votare per il PD? Non è forse per questo che i nuovi enti vorrebbero ‘pilotare’ nuove assunzioni? Siamo ‘disinformati’ o stiamo dicendo un’amara verità?

Per quale motivo i dipendenti licenziati degli ex Sportelli multifunzionali dovrebbero votare PD?

Per quale motivo i giovani coinvolti con Garanzia Giovani – e ancora non pagati – dovrebbero votare per il PD?

Certo, in agricoltura ci sono le ‘mance’ del PSR. Ma l’agricoltura siciliana, nel suo complesso, cos’ha ricevuto dall’attuale Governo? Gli aumenti dei canoni idrici del 400% momentaneamente sospesi che gli agricoltori siciliani pagheranno lo stesso dopo le elezioni regionali del prossimo anno? I dirigenti del PD siciliano pensano veramente che gli agricoltori siciliani siano così fessi da non saper distinguere la sospensione momentanea di un pagamento dall’abolizione di un pagamento?

Credeteci: in Sicilia non c’è categoria sociale che, in questi anni, non sia stata penalizzata da chi oggi governa tutta la Sicilia: la Regione, le ex Province, quasi tutti i Comuni, enti e società regionali, provinciali e comunali.

Nessuna forza politica, nella storia dell’Autonomia siciliana, ha avuto nelle mani il potere che oggi ha il PD. E nessuna forza politica ha prodotto – in appena otto anni di governo – i danni che sono sotto gli occhi di tutti.

Tradendo, quasi ‘scientificamente’, lavoratori e pensionati.

Ci vediamo alle elezioni regionali, ‘compagni’ del PD…

 

 

 

 

 

 

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