Marsala, “Pirata assassino” sul busto di Garibaldi. Suona la sveglia…

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Ne dà notizia l’Ansa offrendo una lettura dei fatti storici che rifugge dalle bugie ufficiali. Questo è un altro passo avanti per tutti quei meridionali che hanno lottato e continuano a lottare contro la storia falsa che ci hanno insegnato

“Pirata assassino”: nella città in cui sbarcarono le camicie rosse, qualcuno, con della vernice verde, ha scritto queste parole sul busto di marmo di Giuseppe Garibaldi, in piazza della Vittoria.

A darne notizia è l’Ansa. E, notizia nella notizia, l’agenzia di stampa scrive dell’accaduto rifuggendo dalle bugie della storia ufficiale:

“L’ignoto autore della scritta, probabilmente, ha inteso evidenziare la circostanza che il Meridione non ha ottenuto grandi vantaggi dall’unificazione del Paese. Dopo il 1860, infatti, le regioni meridionali subirono una rapida de-industrializzazione, a favore delle regioni del nord, alimentando l’emigrazione. La lotta al brigantaggio, invece, operata dall’esercito sabaudo, si tradusse, in numerose carneficine. Fatti – continua l’Ansa- sui quali solo negli ultimi anni gli storici stanno volgendo lo sguardo. Ma che già alcuni anni dopo “l’impresa dei Mille» indussero lo stesso Garibaldi a esternare la sua delusione per la politica che la monarchia piemontese attuò per il Meridione”. 

Non è un fatto trascurabile. Fino a qualche anno fa nessuna agenzia di stampa avrebbe ‘osato’ fornire questa lettura. Questo significa che il lavoro degli storiografi liberi e di tutti i meridionali impegnati a ristabilire verità negate sta dando i suoi frutti, a tutti i livelli.

Chissà, magari tra un po’ di tempo, arriverà il giorno in cui i cittadini potranno chiedere ufficialmente la rimozione di tutti quei busti che inneggiano a chi ha contribuito alla rovina del Sud. E, soprattutto, una revisione di una toponomastica che ancora si ostina a dedicare le vie delle nostre città agli assassini e ai traditori. A partire dalla famigerata via Enrico Cialdini. 

Nella pagine della nostra rubrica storia e controstoria tutti gli articoli sul vero volto dei fatti risorgimentali.

foto tratta da Ansa.it

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  • Mai lette tante "leggerezze" messe insieme in una volta. Lei appartiene alla corrente di quelli che avrebbero desiderato conservare l'autonomia di questa disgraziata regione e che pensano che in quel modo saremmo stati una società all'avanguardia, moderna, civilissima, senza mafia, di esempio anche per gli Stati del Nord Europa. Altro che palla al piede dell'Italia.
    Per me, invece, Garibaldi è stato un grandissimo uomo, per come è vissuto e per come è morto. Basta guardare i fatti.

  • Alcar ? Lei invece a quale categoria di veggenti appartiene per affermare con certezza assoluta che Garibaldi sia stato un grande uomo?
    Disgraziata Regione dice? Un punto a suo favore ma non se ne vanti, Infatti e singolare che lei non colga che il suo auspicio è già in auge, poiché l'autonomia non è mai stata attuata. A quale corrente si ispira lei , che con leggiadria, pure afferma che una autonomia non attuata si ben peggiore della sua stessa attuazione?
    Si svegli .

  • Garibaldi stresso scrisse all’amica Adelaide Cairoli: ‘gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili, sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei la via dell’Italia meridionale temendo di essere preso a sassate essendo colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio’.

    Detto questo i monumenti non devono essere sporcati perché testimoniano non solo la storia ma anche , come in questo caso, la lettura falsificata che ne hanno fatto i vincitori.
    Pasquino scriveva le sue invettive in modo meno invasivo ma non per questo meno efficace.

  • Stefano Fenoaltea, storico economico alla cui autorità i neoborbonici spesso si appellano, scrisse testualmente, nell'articolo I due fallimenti della storia economica: il periodo post-unitario, in Rivista di politica economica, marzo.aprile 2007, p. 343:
    "non si evidenziano, nel Mezzogiorno post-unitario, fenomeni di deindustrializzazione".
    All'Ansa evidentemente non lo hanno letto, forse perchè è un articolo difficile: ne consiglio comunque la lettura.
    Sul resto, evito di intervenire.

    • Gentilissimo signor Augusto il 2010 viene dopo il 2007 ed ecco cosa il prof Stefano Fenoltea ha scritto assieme a Carlo Ciccarelli in Quaderni di Storia Economica editi dalla Banca d'Italia, n.4 luglio 2010, pp. 23 e ss.:

      Le nuove stime nazionali e regionali hanno di molto migliorato le nostre interpretazioni
      dello sviluppo dell’economia italiana nei decenni dopo l’Unità. A quelle stime questo saggio
      aggiunge le prime stime della produzione nelle 69 province del Regno, qui presentate per gli
      anni censuari 1871, 1881, 1901, e 1911.
      Quest’ulteriore disaggregazione rafforza le principali ipotesi revisioniste suggerite dalle
      stime regionali. Le stime provinciali confermano ad esempio che un decennio dopo l’Unità
      le vecchie capitali rimanevano centri di produzione (artigianale), che le aree industrialmente
      poco sviluppate erano le terre adriatiche e ioniche già parti periferiche di unità più vaste,
      che l’arretratezza evidente del Mezzogiorno alla vigilia della Grande Guerra non era stata
      ereditata dalla storia preunitaria.

  • L'ultimo capoverso significa esattamente il contrario di quanto riferito dal gentilissimo signor Augusto. Il prof Fenoltea ha elaborato dati ulteriori ( e in scienza e coscienza ha affinato il suo giudizio) oppure ( e la cosa è molto plausibile e per noi sicilianisti altrettanto grave) ammesso ( e da molti non concesso) che al sud non vi sia stata deindustrializzazione postunitaria, nei decenni successivi le politiche economiche post-unitarie hanno creato il divario tra certe aeree del nord ( non tutto) e il sud.

    All'Ansa sono più aggiornati e hanno letto l'articolo del 2010.

    PS non parli di neoborbonici su un sito che sin dal titolo si richiama al glorioso Vespro.
    PPS e personalmente vengo dalla città bombardata da re Ferdinando e che , con i suoi Camiciotti, ha creduto in un 'Italia unita per poi vivere la cocente delusione di una realtà ben diversa dall'ideale in nome del quale si era lottato

  • L'Ansa scrive: Dopo il 1860 le regioni meridionali subirono una rapida deindustrializzazione.
    Fenoaltea, anche nel quaderno del 2010 (pp. 11-12), sottolinea come fino al 1881 la situazione sia ben più complessa, tanto che tra il 1871 e il 1881 alcune province dell'Italia meridionale crescono più di altre del centro o del nord. Il distacco tra le diverse sezioni tende a crescere successivamente, ed esaurire il discorso in qualche riga è velleitario. Ma dal 1861 al 1881 erano trascorsi venti anni. Appiattire la dimensione cronologica dei fenomeni non aiuta a spiegarli.
    Infine non credo di dover ricordare ai sicilianisti che non esisteva nel 1861 "il sud" così come non esisteva "il nord", ma vi erano molti sud e molti nord: Catania non era Molfetta così come Messina non era Paola.

  • Come scrissi ieri notte, anche se non vi è stata deindustrializzazione, molti studiosi di storia economica ( anche Fenoaltea in base al capoverso sottolineato ) sono concordi nel ritenere che furono le politiche economiche post unitarie a creare un nord e un sud come li abbiamo conosciuti e continuiamo a conoscerli e non condizioni economiche antecedenti il 1860. Ovviamente la situazione industriale al 1860 non poteva essere quella di fine secolo ( per di più in un'epoca di profonde trasformazioni tecniche) quindi il Meridione poteva aver conservato l'apparato industriale pre-unitario ma senza impulsi ulteriori ( anche di origine statale) a fine '800 quell'apparato non poteva fare certo la differenza. Il divario è stato creato dopo il 1861 per scelte ben precise di politica economica.

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