La riflessione: il caso dell’Alsazia-Lorena insegna ad essere europei

Condividi

La storia dell’Alsazia-Lorena, terra di confine tra due potenti vicini, Francia e Germania, vaso di coccio tra due vasi di bronzo, è illuminante. E ci dice che i nazionalismi non hanno mai portato nulla di buono. Questa terra è stata contesta per secoli. Un calvario, come quello che vivono oggi altri popoli, che per noi ormai è tanto lontano e che abbiamo dimenticato

Sono giorni tristi, almeno per chi, come me, cresciuto a pane, olive e guerra fredda, ha vissuto con intensità e convinzione la realizzazione di un sogno. L’Europa unita.

Un cancro atavico, nemico dell’umanità e della ragione, dei grandi sentimenti, della tolleranza, del rispetto e della condivisione ha ricominciato a rodere il Vecchio Continente. I fantasmi del nazionalismo, questa bestia mai spenta, questo orrendo animale che offre sempre il suo groppone ottuso per essere cavalcata da disonesti e ignobili politicanti, che una volta saliti non possono più scendere, si stanno materializzando nella Casa comune. Certo, tanti, ognuno di noi, nel suo piccolo hanno fatto tanti errori: l’Europa dei padri fondatori è assai lontana da quella che hanno costruito banche e finanza. Una burocrazia grassa e superba (io l’ho  conosciuta bene) “spatolia”, ma questo non basta per sfasciare tutto.

Io non voglio convincere nessuno. Non vi parlerò di dazi, di dogane, di protezionismo, di clausole delle nazioni più favorite, e di tutto l’armamentario oggi obsoleto tra le nazioni che si fanno le guerre commerciali, in attesa di farsi quelle con le armi, se non ci si mette d’accorso sui commerci.

No, chi ha voglia di un’altra Europa vada a leggersi le cause della prima guerra mondiale e si renderà conto che quell’altra Europa c’e già stata. Ai miserabili che intendono costruire le propri fortune politiche sul tanto peggio tanto meglio, auguro di avere un sussulto di umanità e sparire nel nulla.

A chi ha vive nel dubbio voglio raccontare in sintesi la storia dell’Alsazia-Lorena. E’ illuminante. Terra di confine tra due potenti vicini, Francia e Germania, vaso di coccio tra due vasi di bronzo, fu contesa per secoli. Fece parte del Sacro romano impero, poi della Monarchia francese. Tornò ai tedeschi dopo la guerra franco-prussiana. Ritornò ai francesi alla fine della II guerra mondiale. Sangue, lutti, barriere, confini, trincee, migrazioni, profughi, vendette, rivalse, lotte di   religione tra cattolici e protestanti, avanti e indietro, per secoli. Un calvario, come quello che vivono oggi altri popoli, che per noi ormai è tanto lontano e che abbiamo dimenticato.

Perché? Ecco il perché. I nostri ragazzi che vanno a Strasburgo, l’attuale capoluogo della Regione e vogliono andare in Germania non devono fare altro che mettersi in macchina o in pullman, fare un paio di chilometri ed esserci, in Germania; chi vuole può fare un altro po’ di strada e ritrovarsi in Francia. Se ne accorgerà soltanto dalla lingua in cui sono scritti i cartelli stradali.

“Lì non c’è traccia di terra straniera”, come dice il poeta. Che bellezza! Ma la bellezza, non è fatta per i nazionalisti, i fascisti e i populisti che inoculano paure e ci speculano, la bellezza è fatta di gioventù, di vita vissuta, di tutti i giovani figli d’Europa che oggi sono tristi e sgomenti.

Animo! Siamo ancora in tempo per rimediare

Pubblicato da