Il governo Renzi vara l’accorpamento dei porti di Messina e Gioia Tauro: ma Crocetta si mette di traverso

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La partita è complessa. A sponsorizzare l’accordo tra i porti di Messina e Gioia Tauro c’è una parte della classe politica della Città dello Stretto, dal sindaco Renato Accorinti al presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Ma il presidente Crocetta non ci sta e – cosa che non ha mai fatto in tre anni – attacca il governo nazionale. I dubbi di Giampiero D’Alia, che intravede nella posizione della presidenza della Regione “interessi legittimi di qualche operatore privato”. Le prese di posizione di Civica per le infrastrutture del Mezzogiorno, del Movimento cristiano lavoratori e di Mcl Messina

Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, non finisce di stupire. Dopo essersi cimentato sulla terraferma – con riferimento, ovviamente, alla Sicilia – prova ad andare per mare. Crocetta, questa volta, ha preso di mira il porto di Messina, scatenando un’offensiva contro l’accorpamento dei porti di Messina e Milazzo con i porti calabresi, e con la scelta del porto di Gioia Tauro come capofila. Un progetto, l’accorpamento del porto messinese con quelli calabresi, che è stato sollecitato al governo nazionale da buona parte della classe dirigente dello Città dello Stretto, dal sindaco, Renato Accorinti, al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, che viene eletto a sala d’Ercole proprio in questa provincia.

Per attaccare una scelta voluta, alla fine, da alcuni autorevoli rappresentanti della politica messinese, Crocetta rispolvera l’antimafia, questa volta ‘condita’ con un attacco alla Calabria: “In Sicilia in questi anni abbiamo portato avanti una battaglia per liberarci dalla mafia, in Calabria invece sono ancora all’inizio. Siamo preoccupati delle eventuali infiltrazioni mafiose della ‘ndrangheta che si potrebbero estendere a Messina”.

In realtà, in Calabria, contrariamente a quello che dice Crocetta, la lotta alle ‘ndrine non è affatto all’inizio: tant’è vero che ci sono stati e ci sono magistrati che hanno assestato colpi durissimi alla criminalità organizzata locale.

Il presidente della Regione siciliana, in visita a Messina, ha raccontato di aver inviato una lettera al premier Renzi e al ministro Graziano Delrio a proposito del futuro del porto di Messina. Crocetta dice di sostenere “l’integrità della Sicilia”. E siccome, a suo dire, Messina è una città importante, dice di non capire il perché la Città dello Stretto dovrebbe finire in coda a un’autorità portuale spostata a Gioia Tauro.

In realtà, quello tra Sicilia e Calabria, in materia di portualità, è un accordo per far crescere insieme le due realtà portuali del Sud Italia, come ha sottolineato il sindaco della Città dello Stretto, Accorinti, che ha descritto l’iniziativa come un “vero ponte sullo Stretto”, una sorta di “Suez d’Italia”, ovvero “un ponte istituzionale – ha sottolineato il primo cittadino di Messina – più solido e sensato di mille ponti di ferro. L’anomalia di due sponde cruciali divise a ogni livello – ha sottolineato Accorinti – è stata finalmente superata e c’è voluto lo sforzo di due anni di lavoro intenso di strategia e di condivisione”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’Ars, Ardizzone: “Il riordino delle autorità portuali italiane con l’accorpamento di 7 scali calabresi con Messina e Milazzo – ha detto Ardizzone – è un ottimo risultato. La creazione dell’autorità di ‘Sistema Portuale dello Stretto’, la più grande del Sud Italia, rappresenta un traguardo insperato ed è di buon auspicio per la rinascita di Messina. L’inserimento di Messina nell’Authority che vedrà il porto calabrese di Gioia Tauro come capofila è senza dubbio un arricchimento per la nostra città perché apre scenari di grande potenzialità, soprattutto in chiave europea. Non aveva senso restare tagliati fuori da questo circuito per la sola ambizione, molto localistica, di continuare a fare da capofila per poter esprimerne la presidenza”.

Crocetta – che, detto per inciso, non ha mai contestato gli scippi operati dal governo Renzi ai danni del Bilancio regionale, ma che nell’estate del 2014, addirittura, ha siglato un accordo con lo stesso governo nazionale, imponendo a 5 milioni di siciliani la rinuncia a 5 miliardi di Euro circa, in barba a una sentenza della Corte Costituzionale che dà ragione alla Regione – per l’occasione si è ricordato persino che esiste lo Statuto autonomistico siciliano. E che, nelle questioni che riguardano la Sicilia, il presidente della Regione partecipa alle sedute del Consiglio dei Ministri con il rango di Ministro.

Insomma, per l’occasione Crocetta ha scoperto di essere il presidente della Regione siciliana e non il ‘valletto’ del governo Renzi al quale l’assessore Alessandro Baccei ha tolto il controllo del Bilancio. Per non parlare del sottosegretario, Davide Faraone, che gli ha tolto la gestione dei rifiuti.

Tra Scilla e Cariddi, Saro da Gela ha deciso di mandare al diavolo Don Abbondio. E di picchiare duro sul governo nazionale.

Ma con chi ce l’ha, di preciso, Crocetta? Il suo è un affondo contro il Consiglio dei Ministri, che ha approvato il decreto di “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle autorità portuali”, presentato dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Anche se il siluro lanciato da Rosario da Gela sembra destinato al Ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che sta lavorando al rilancio delle attività portuali del nostro Paese.

Il disegno ipotizzato dal governo nazionale è complesso. Le azioni in corso sono varie. Tra queste c’è anche la competitività dei porti del nostro Paese, che è attraversato da quattro corridoi ferroviari Ten-t (che, in effetti, non sembrano toccare le ferrovie del Sud del nostro Paese, un po’ trasandate, se non abbandonate). Detto questo, la semplificazione delle procedure dovrebbe facilitare il transito di merci e dei passeggeri e dovrebbe promuovere i centri decisionali strategici rispetto all’attività di porti in aree omogenee.

In questo ‘disegno’, Messina e Gioia Tauro divengono punti strategici del sistema del Mar Tirreno Meridionale. Catania viene accorpata con Augusta, mentre Palermo diventa capofila di Trapani, Marsala e Mazara del Vallo. Questo, grosso modo, lo scenario che riguarda Sicilia e Calabria.

I porti italiani vengono riorganizzati in 15 Autorità di sistema portuale. In altre parole, diventano centri decisionali strategici con sedi nelle arre portuali individuate dall’Unione Europea. Le sedi di Autorità di sistema portuale sono: Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Cagliari, Napoli, Palermo, Catania, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste.

L’Autorità di Sistema Portuale sarà governata da un board di poche persone: il Presidente, il Comitato di gestione, il Segretario Generale, il Collegio dei Revisori dei Conti. Da oltre 300 componenti degli attuali Comitati Portuali, si passa a circa 70 componenti.

Ribadiamo: le scelte adottate dal governo Renzi sono state sollecitate da una parte della classe dirigente messinese. Ma a Crocetta la svolta del governo nazionale non va giù lo stesso.

Sulla vicenda interviene, con una nota su facebook, il parlamentare nazionale dell’UDC, Giampiero D’Alia, anche lui di Messina e anche lui tra i promotori dell’accorpamento del porto di Messina con Gioia Tauro:

“Leggo di un’anomala iniziativa del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, contro la decisione del governo nazionale di istituire l’Autorità
portuale dello Stretto. Rimango stupito da questa iniziativa occulta del presidente”. La parola “occulta” forse fa riferimento al fatto che della lettera di Crocetta al governo nazionale si sa poco.

“Non capisco – aggiunge D’Alia – se questo è frutto di una delle sue tante estemporaneità o di qualche manina privata. Mi sarei aspettato dal governatore una riflessione più seria, trasparente e condivisa con il territorio a tutela degli interessi della Sicilia e della provincia di Messina. L’Autorità dello Stretto è un’opportunità di crescita non solo per la città e la provincia di Messina, ma anche, e soprattutto, per la nostra Isola che può giocare un ruolo determinante nel Mezzogiorno, grazie alla creazione del più grande sistema portuale del Sud. Si apre, infatti, ora la fase attuativa della riforma dei porti e la Regione non può mettersi di traverso, ma deve concorrere in maniera determinante a far sì che la Sicilia e Messina stiano a pieno titolo dentro la più grande autorità portuale del Mezzogiorno che sarà chiamata a governare anche lo Stretto di Messina”.

A questo punto l’affondo Finale di D’Alia: “Crocetta faccia valere il peso del suo ruolo di presidente della Regione nella direzione intrapresa da Messina insieme al governo nazionale e non per fare da megafono di interessi legittimi di qualche operatore privato”.

Agli osservatori non sfugge che un’eventuale rottura sul porto di Messina potrebbe avere effetti anche sugli equilibri del governo regionale.

Sul quotidiano on line Tempo Stretto leggiamo le prese di posizione di Rete Civica per le infrastrutture del Mezzogiorno e del Movimento cristiano lavoratori e di Fortunato Romano, presidente Mcl Messina.

“Tra qualche mese – si legge nella nota di Rete Civica per le infrastrutture del Mezzogiorno ed il Movimento cristiano lavoratori, a firma di Ferdinando Rizzo e Franco Tiano – constateremo che la visione dell’Area Integrata dello Stretto è una allucinazione senza continuità ferroviaria e stradale, precondizione dello sviluppo dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto. Solo chi sconosce il ‘Piano strategico della portualità e ignora i dati forniti annualmente da ‘Assoporti’ può giudicare positiva la nuova governance che si trasformerà in un disastro per l’economia della Città Metropolitana di Messina, fagocitata dagli interessi privati del terminalista di MSC. Solo gli investimenti su ferrovie e ponte ferroviario e stradale avrebbero consentito di unire la Sicilia ai mercati europei con i treni a lunga percorrenza in tre minuti invece che in due ore senza rottura del carico, divenendo un moltiplicatore di risorse per l’Area dello Stretto e la Sicilia intera grazie agli imponenti flussi commerciali in entrata da Suez”.

“La matematica non mente – proseguono Rizzo e Tiano -: l’A.P. di Messina ricava oltre 8 milioni di Euro all’anno dalle tasse portuali e dalle concessioni, quasi tutti da Milazzo, per lo sdoganamento dei prodotti petroliferi e solo 200.000 euro da Messina. Il ricavato IVA dell’A.P. di Messina è pari a 958 milioni annui, al 6° posto dei porti italiani. Il porto di Messina è il 1° porto per passeggeri in Italia con più di 8 milioni di movimenti e altri 500.000 croceristi. Al contrario, il porto di Gioia Tauro, pur essendo il primo porto in Italia per movimentazioni di merci con circa 3 milioni di teus movimentati nel 2014, non è un porto di sdoganamento, ma è solo un porto di trasbordo. Gioia Tauro è un porto fallito. Messina aveva tutti i mezzi per poter rimanere autorità portuale autonoma, insieme al porto di Milazzo o, al limite, con l’accorpamento strategico con i porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni. L’accorpamento invece con il porto di Gioia Tauro rappresenta un mero suicidio che sarà chiaro in un paio di mesi, dato che il  50% delle somme prodotte dai ricavi dei quattro porti di Messina e di Milazzo sarà redistribuito”.

La pensa in modo opposto Fortunato Romano, presidente Mcl Messina: “Bene all’Autorità Portuale dello Stretto, ma non siamo davanti a un successo assoluto. L’accorpamento di Messina e Milazzo alle città calabresi, con Gioia Tauro capofila, getta le fondamenta per creare la più grande autorità portuale del Meridione, ma il provvedimento da solo non basta. Certamente la nascente Autorità Portuale si inserisce nella strutturazione di un’unica grande area Metropolitana dello Stretto, sempre sostenuta dal M.C.L. e per la quale dobbiamo continuare a lavorare”. Un progetto, aggiunge Romano, “che unisce e rafforza territori accomunati da profili socio-economici e identità storica, ma rischia allo stesso tempo di essere solo uno specchietto per le allodole se non accompagnata dal Ponte sullo Stretto. Perché Messina possa rientrare a pieno titolo nel circuito dei traffici internazionali, intercettando anche tutto il traffico commerciale proveniente da Suez, non basta la connessione con Gioia Tauro, che ad oggi è solo un porto di ‘trasbordo’, serve il Ponte sullo Stretto”.

Affinché “Messina possa seriamente guardare ad un’ipotesi di sviluppo – conclude Romano – serve il collegamento ferroviario e veloce, serve tutto ciò che il Ponte può determinare, ogni altro provvedimento assunto singolarmente rischia di divenire cura palliativa per un malato terminale”.

 

 

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