Scorie nucleari, salva la Sicilia?

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In una interrogazione parlamentare depositata a Montecitorio si legge che, la nostra regione, insieme con la Sardegna, sono escluse dalla mappatura dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi “per ragioni economiche”. Sarà così? 

La Sicilia, almeno per questa volta, è salva? La prudenza è d’obbligo, ma nel caso dei rifiuti radioattivi sembrerebbe così. Ci riferiamo alla ricerca, da parte del governo nazionale, di un sito di stoccaggio per i i circa 60/90 mila metri cubi di scorie nucleari prodotte in passato e per ora parcheggiati qui e lì. Una questione delicatissima con forti implicazioni ambientali ed economiche (secondo il Fatto quotidiano l’affare dello stoccaggio vale circa 1 miliardo e 200 milioni di euro, i lavori per la costruzione dureranno almeno 8 anni).

A lungo si è temuto che Roma stesse preparando questo ennesimo ‘regalo’ per la Sicilia, regione già ampiamente devastata dalle industrie nazionali (del petrolchimico), sotto costante minaccia delle trivelle e ammorbata dalle presenza di basi militari, annessi e connessi (vedi il Muos di Niscemi). Il timore, in effetti, non si è ancora dileguato. E’ di qualche settimana fa la sonora e determinata protesta dei sindaci dell’Enneseche hanno mandato un messaggio forte e chiaro ai neo- colonialisti di Roma e agli ascari di Palermo: qui non le vogliamo. 

Ovviamente, con una classe politica del tutto asservita ai voleri della politica nazionale (ascara, appunto) la loro protesta è rimasta inascoltata.

Ma, a quanto pare, lì dove non c’è la politica ci potrebbero essere le ragioni economiche. In una interrogazione parlamentare depositata a Montecitorio dal deputato lucano, Cosimo Latronico,  di cui dà notizia oggi l’agenzia di stampa Askanews,  leggiamo, infatti che la Sicilia, così come la Sardegna, sarebbero state escluse dalla mappatura dei siti idonei:

” Secondo quanto riportato da organi di informazione, i territori potenzialmente idonei a ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari si trovano nel Sud della Puglia, in alcune aree della Basilicata fonica e del Molise, in qualche zona costiera della Campania, del Lazio e della Toscana, mentre sono escluse per ragioni economiche Sardegna e Sicilia e altre tre regioni come Marche, Umbria ed Emilia Romagna a causa del rischio sismico”. Il deputato, in sintesi, sollecita il Governo nazionale “a  rendere pubblica la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI)”. A smetterla, insomma, di decidere tutto all’insaputa dei territori.

Va da sé che per ragioni economiche non si intendono quelle dei territori potenzialmente interessati (di cui se ne fregano altamente), ma quelle legate al trasporto delle scorie che costerebbe di più se si dovesse spingere fino alle Isole.

Sarà così? Per una volta la Sicilia dovrà essere ‘felice’ del suo sistema di trasporto inadeguato ?

La guardia non va abbassata,  da questi c’è da aspettarsi di tutto. Anche la disponibilità a sostenere costi più alti per i trasporti pur di collocare un deposito di scorie nucleari che non vuole nessuno in una terra, la Sicilia, dove tutto è consentito.

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  • Certamente non bisogna abbassare la guardia, ma questa volta credo che la nostra isola resti fuori dalla mappatura per forza di cose. A parte la devastazione delle industrie nazionali con il petrolchimico, il muos e quant'altro, dovranno desistere dal farci, come dice l'articolo, anche questo regalo anche perché il nostro sottosuolo è già probabilmente saturo di scorie radioattive. Già da parecchio tempo le magistrature hanno aperto inchieste per verificare cosa si nasconde nelle profondità delle numerose miniere chiuse da oltre quarant'anni ma le indagini non sono mai state fatte. Alla luce di tutto questo, qualora qualcuno volesse proprio sforzarsi di scegliere la Sicilia per depositarvi le scorie, a parte le spiagge(forse), troverebbe il deposito già in sovra pieno e in fondo, forse, questo potrebbe rivelarci su cosa camminiamo.

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