Agricoltura

Crolla il prezzo del grano duro e per i produttori siciliani si prospetta un disastro economico

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  • Il crollo del prezzo è mondiale ma in Sicilia, tanto per cambiare, la caduta del prezzo è più accentuata 
  • Il grano duro ucraino, il calo dei noli e il rafforzamento dell’euro sul dollaro americano  
  • “Non possiamo lavorare in perdita”

Il crollo del prezzo è mondiale ma in Sicilia, tanto per cambiare, la caduta del prezzo è più accentuata 

Crolla il prezzo del grano duro siciliano, che in questo momento si vende a 40-41 euro al quintale. Potrebbe sembrare un prezzo accettabile rispetto a quattro-cinque anni fa, quando il prezzo del grano duro del Sud Italia e siciliani era ‘inchiodato’ a 18-20 euro al quintale. Purtroppo non è così, perché nel frattempo sono intervenuti altri fattori: i cambiamenti climatici e, soprattutto, la guerra in Ucraina. Rispetto, ad esempio, al 2020, i costi di produzione del grano sono schizzati all’insù in modo impressionante. E’ raddoppiato il costo delle sementi, è più che raddoppiato il costo dei fertilizzanti, è raddoppiato il prezzo delle mietitrebbiatura e, in generale, sono aumentati i costi energetici, gasolio agricolo e altro. “Se analizziamo la crescita dei costi di produzione – dice Cosimo Gioia, titolare di un’azienda agricola che produce grano duro nell’entroterra della Sicilia – siamo tornati, in termini di reddito, ai livelli di qualche anno fa, quando il grano duro si vendeva a 18-20 euro al quintale. Anzi, se proprio dobbiamo essere precisi, forse la situazione è addirittura peggiorata”.

 

Il grano duro ucraino, il calo dei noli e il rafforzamento dell’euro sul dollaro americano  

Il prezzo del grano duro che sta andando giù non è un problema siciliano e del Sud Italia ma mondiale. Anche se nella nostra Isola, come da ‘tradizione’, il prezzo è del grano duro ancora più basso rispetto al contesto italiano e mondiale. Che sta succedendo? Lo scenario è complicato. Di certo c’è che, quando il prezzo di un prodotto va giù, è evidente che ci deve essere un eccesso di offerta o una carenza di domanda. Però, da quello che si capisce, non sembra che il problema sia stato causato da una grande presenza, ad esempio, di grano canadese, perché in questo momento tale grano non è molto commercializzato in Europa. Su questo punto saremo più precisi domani, perché ancora non abbiamo letto il report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi. Ci rifacciamo a notizie che si leggono su giornali e blog americani, che raccontano che i porti dei grandi laghi continuano  ad essere chiusi a causa delle basse temperature. Strano anche l’andamento del mercato del grano duro negli Stati Uniti d’America dove la domanda non manca ma il prezzo non cresce. Forse perché non ci sono problemi di scorte? A queste domande può rispondere solo chi conosce bene il mercato internazionale del grano. In questo scenario ‘ribbassista’ vanno considerati altri due elementi: il calo dei noli e il dollaro USA che risulta indebolito rispetto all’euro. Ci sarebbe anche un terzo elemento segnalato qualche tempo fa dal Blog DURODISICILIA: l’arrivo, in Europa – e quindi anche in Italia – di grano ucraino duro e tenero di pessima qualità. Questo non è un elemento da sottovalutare, se è vero che, in queste ore, il prezzo del grano duro canadese è basso, addirittura più basso del prezzo del grano duro italiano. In questo scenario un ulteriore aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe complicare le cose.

 

“Non possiamo lavorare in perdita”

“Quello che posso dire – conclude Cosimo Gioia – è che quello che tanti, in Sicilia, tra i produttori di grano duro temevamo si sta verificando: a fronte di una crescita spaventosa dei costi di produzione registriamo una caduta del prezzo del grano duro che rende problematico, se non impossibile, proseguire con questa produzione. Un conto è produrre grano duro per guadagnare poco, mentre altra e ben diversa cosa è coltivare il grano duro in perdita. In azienda in questi giorni abbiamo tirato le somme e, con il grano duro, abbiamo perso circa 36 mila euro perché siamo stati di fatto costretti a cedere il prodotto a 41 euro al quintale. E’ chiaro che, a queste condizioni, non siamo in grado di reggere la prossima annata. Non possiamo lavorare in perdita”.

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