Sul Titanic

L’inchiesta di Report sulla Formazione. Massimo Costa: la Sicilia va rifondata con una nuova classe politica sicilianista

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Stasera si attende la trasmissione che Report dedica alla Formazione professionale siciliana. L’occasione, per il professore Massimo Costa, per un a riflessione su un  “sistema che non tornerà più, perché non ci sono più le condizioni economiche. Quello che oggi serve alla nostra Isola dice Massimo Costa – è un cambiamento: una nuova classe politica che metta al primo posto la Sicilia”  

di Massimo Costa

Apprendiamo dal blog de I Nuovi Vespri (qui) che Report sta dedicando una puntata allo scandalo dei licenziamenti in tronco dei dipendenti della Formazione Professionale in Sicilia. Ancora una volta “Bravi” a questa coraggiosa trasmissione, che costituisce un’eccezione più unica che rara nel nostro panorama televisivo.

La trasmissione però rappresenta una novità assoluta per un altro motivo. Quando scrivo questo pezzo ancora la trasmissione non è andata in onda, e ho visto solo l’anteprima (qui), da cui si capisce il taglio che avrà la trasmissione. Di solito quando l’Italia parla di Sicilia (alla Del Debbio o Giletti) è solo per il settimanale linciaggio sugli sprechi siculi, sulla necessità di togliere lo Statuto, sull’inferiorità dei Siciliani rispetto ai probi imprenditori alla “Brambilla” e simile immondizia leghista-razzista varia…

Questa volta la musica mi sembra diversa, molto diversa. Vengono dette intanto le cose come stanno, ma soprattutto viene presentata una Sicilia diversa: non terra di “bengodi alla faccia del lavoratore inde-fesso settentrionale”, ma terra di “spietata macelleria sociale”, di disperazione, di ricatto politico. Il contrario, quindi. Da Report non possiamo chiedere di più. Il resto ce lo mettiamo noi. Se la Sicilia è così è perché è una colonia, e non una regione d’Italia: il resto è semplice conseguenza.

I fatti: Report dice che in passato (che sia una cosa del passato è molto importante) la Formazione professionale non era usata per la sua funzione istituzionale del mercato del lavoro, ma come un mercato delle vacche in cui i politici coloniali andavano a sistemare i propri “clientes” in cambio di voti.

Si sta dicendo una cosa importante, badiamo bene, ancora vera in parte: che le elezioni in Sicilia NON SONO LIBERE, ma condizionate dal bisogno. La Sicilia è tenuta in catene dall’Italia, non si fa crescere neanche l’erba. Poi arriva il politico che, ricattando il bisogno della gente comune, assume(va) in posti di poco valore produttivo, ma di stampo clientelare, in cambio di voti e fedeltà politica familiare per generazioni.

La solita storia va’… Un’intera fase della vita economica e politica siciliana è stata caratterizzata da questo andazzo: dalla caduta del Governo autonomistico di Silvio Milazzo (1960) in poi, ma con una degradazione sempre peggiore dei “posti a disposizione”, prima nella Regione, poi in società del gruppo, poi gli articolisti, poi la Formazione professionale, il precariato comunale, gli operai della Forestale, e forme sempre più indecenti e insicure di “voti in cambio di stipendi/sussidi”.

La Sicilia politica è stata questo, da 1960 almeno fino al 2008, anno della clamorosa caduta di Totò Cuffaro, e poco più. Il Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009) che ha reso l’Italia una colonia della Germania, e il susseguirsi delle crisi economiche e finanziarie dello Stato italiano, hanno avuto effetti indiretti indubbi anche in Sicilia. Eh sì, perché il sistema dell’assistenzialismo elemosina che l’Italia lasciava ai proconsoli non aveva (e non ha) più alcun carburante con cui funzionare. Per avere una colonia bisogna almeno avere gli spiccioli per gli ascari. Se non hai più neanche quelli il rubinetto si chiude e il gioco salta.

E la Questione Finanziaria Siciliana, esplosa sotto l’ambigua presidenza di Raffaele Lombardo e precipitata tragicamente con Rosario Crocetta e Nello Musumeci in fondo è tutta qua.

Il servizio parla dello IAL-CISL, in cui il “collettore di voti” per i partiti della vecchia politica era nientemeno la stessa organizzazione sindacale dei lavoratori, partecipe a pieno titolo della mangiatoia in cui si precludeva il progresso della Sicilia per perpetuare questo scandalo al sole.

Il servizio parla della CISL, ma forse la CISL non era la peggiore e neanche certamente l’unica. Chi scrive, agli inizi della carriera (circa 1994-1997), è stato consulente straordinario di un’altra azienda di Formazione professionale “sindacale” storica: l’ECAP-CGIL, forse amministrata anche peggio, piena di lavoratori improduttivi (tranne quei pochi che tiravano la carretta, come il volenteroso e compianto Franco Padrut), amministrativamente nel caos più totale, senza una regolare contabilità (era tenuta su fogli Excel), campo di conquista, questo, dei politici di “centro-sinistra” e “sinistra” (si fa per dire), con metodi non diversi da quelli CISL. Era un sistema, sono passati più di 20 anni, da cui non scappava nessuno.

Ci dice il servizio che, a un certo punto, la CISL, per disfarsi dell’ente ormai insostenibile, lo “gira” a “privati”, che in realtà sono emanazione della stessa CISL e delle stesse aree politiche, con l’epilogo che tutti conosciamo.

Ma anche in CGIL successe, molti anni prima, esattamente la stessa cosa, e credo sia avvenuta altrove. Ebbi la sensazione che fosse “girata” ad uomini vicini all’ex on. Vitrano. Ma allora me ne disinteressai, non avevo più tempo per fare il commercialista, avendo intrapreso la carriera di studioso, e lasciai tutto ad un collega. L’Ecap finì dopo qualche anno travolta, come lo IAL. Storie identiche; storie del naufragio clamoroso del sistema clientelare siciliano.

Quel sistema, va detto, non tornerà mai più e, se devo essere sincero, non lo dobbiamo neanche rimpiangere.

I lavoratori sono vittime, certo, e vanno trattate con tutto il rispetto che meritano. Il loro lavoro era già da prima “assistenza”. Che sia trattato con i canoni dell’assistenza. Verificare chi non ha già secondi lavori o ben altri metodi di sostentamento. Per chi è rimasto davvero a terra, se è anziano accompagnarlo decentemente alla pensione; se è giovane dargli comunque sostentamento e programmi di reinserimento nel mondo del lavoro. Massima attenzione. Non è colpa loro se si sono affacciati al mondo del lavoro quando l’alternativa era o questo o la valigia dell’emigrante. Ma, appunto, che siano trattati con gli strumenti dell’assistenza, senza ricreare il sistema coloniale-assistenziale, che bruciava soltanto risorse (che peraltro oggi non ci sono neanche più).

La Formazione va completamente rifondata, tenendo conto delle esigenze che il mercato del lavoro (asfittico per quanto sia) deve indicare, e con una libera competizione tra enti veramente privati e sottratti al ricatto politico.

Ma non è di Formazione che voglio parlare. Qua la riflessione da fare è – a mio avviso – più profonda, e riguarda il destino della Sicilia.

Che succederà nei prossimi anni, visto che l’Italia non può più permettersi le elemosine assistenziali?

I 4 privilegiati della casta politica, come abbiamo visto dal servizio, si stanno salvando. Ma il Popolo Siciliano no. La politica coloniale NON È PIÙ IN GRADO DI DARE RISPOSTE E PERDERÀ FATALMENTE quel consenso clientelare che dapprima comprava.

I tassi di astensione sempre più alti stanno là a dimostrarlo.

I partiti italiani non possono più dare risposte alla Colonia Sicilia, perché nel frattempo anche l’Italia è diventata una Colonia.

E quindi? E quindi ci salveremo da soli.

Perché – ne sono certo – a poco a poco emergerà una classe politica sicilianista, che porterà i suoi rappresentanti a Roma e allora la musica cambierà. Questa classe politica non è più interessata ai “favori”, e – anzi – farebbe bene sin da ora a non avere niente a che fare con quella vecchia, che magari continua a entrare o uscire dalle sigle politiche italiane, anche quella della Lega, per quanto ciò possa parere incredibile.

Sarà invece interessata alla Sicilia che resiste, a quella che produce, delle partite IVA, che, poco a poco, libererà la nostra Terra, è solo questione di tempo. Non “se”, ma solo “quando”.

In fondo in fondo, quindi, se l’austerità europea è servita a mettere alle corde il colonialismo interno, vuoi vedere che un aspetto positivo ce l’ha? Ma, attenzione, nel frattempo che lottiamo per la liberazione, l’Italia, sempre più stracciona, cercherà di usare tutto il suo potere politico per strangolarci e scaricare su di noi il fardello del colonialismo che subisce a sua volta.

È quindi il momento di ribellarsi, di rispondere a muso duro. Di dire ai vari Boccia, Gualtieri, Conte, che la Sicilia “Bancomat” non esiste più. Il futuro è questo. Niente più rimpianti di cuffarismo, clientelismo, etc. Erano solo un’illusione di benessere. Se siamo nella m… lo dobbiamo proprio a loro.

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