Arance dello Zimbabwe a Catania: ma la crisi del settore in Sicilia c’è a prescindere

20 ottobre 2018

Inutile stupirsi delle arance africane che invadono la Sicilia, perché “ce lo chiede l’Europa”. E non da ora, se è vero che gli accordi tra UE e Marocco, ad esempio, risalgono al 2012. Le arance africane, ma anche le spagnole invadono la Sicilia anche perché gli impianti di aranci della parte orientale dell’Isola sono stati decimati dal virus della Tristeza. I dazi doganali e i controlli sulla salubrità dei prodotti agricoli che entrano in Sicilia

Un lancio dell’ANSA racconta che a Catania, zone d’elezione delle arance siciliane, sono in vendita arance Valencia:

“Vicino casa a Catania, in un punto vendita di una catena della Grande distribuzione, ho trovato in vendita arance Valencia provenienti dallo Zimbabwe, a 1,79 euro al chilo. C’è sicuramente da riflettere. Dobbiamo rafforzare la filiera siciliana per valorizzare meglio le nostre le produzioni”.

Lo ha raccontato Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia.

“Che lo Zimbabwe venda arance a Catania fa sorridere – ha aggiunto Federica Argentati – ma rappresenta anche un monito e uno stimolo per tutta la filiera agrumicola siciliana e italiana. Un richiamo a fare rete e sistema perché nel mondo non siamo i soli a produrre agrumi e dobbiamo crescere, migliorare, organizzarci meglio. La Gdo fa il suo mestiere ed è difficile contrastare il mercato invocando dazi e barriere. La filiera agrumicola siciliana, che produce agrumi di alta qualità e super controllati, deve puntare ai consumatori con Dop e Igp e prodotti biologici. Un patrimonio che dobbiamo riuscire a ‘vendere’ sul mercato puntando sulla qualità”.

C’è da stupirsi se le arance africane invadono anche la Sicilia? No. Per almeno due motivi.

Primo motivo. Intanto non siamo davanti a una novità, dal momento che l’Unione Europea, già da anni, ha dato il via libera all’introduzione di arance africane con una secca riduzione dei dazi doganali. Basti pensare – e non sono gli unici – agli accordi tra UE e Marocco del 2012.

Il secondo motivo è legato a una malattia virale che ha decimato le coltivazioni di arance di alcune aree della Sicilia e, in particolare, della parte orientale della nostra Isola. Si tratta della Tristeza, patologia tremenda che non perdona.

Della Tristeza in Sicilia ci siamo occupati proprio un anno fa, quando abbiamo illustrato i danni che questa terribile malattia virale ha prodotto (e continua a produrre) tra le piantagioni di aranci della Sicilia orientale (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).

Poiché l’auto-citazione non è plagio, riproponiamo qualche passaggio del nostro articolo di un anno fa:

“Il virus della Tristeza, arrivato in Sicilia nel 2002, sta distruggendo gli alberi di ‘arance rosse’ della Sicilia orientale. A parte il disinteresse del Governo nazionale (e a questo ci siamo abituati) è incredibile la latitanza del Governo regionale che, per affrontare il problema, avrebbe a disposizione i fondi europei. Anche in altri Paesi del mondo hanno provato a produrre le ‘arance rosse’, ma con scarso successo. Perché dietro queste arance c’è un segreto tutto siciliano…”.

Noi ci preoccupiamo – ed a ragione – dell’arrivo di arance bionde dallo Zimbabwe (le Valencia sono arance bionde). Ma dovremmo preoccuparci di più dei nostri aranceti. Ce ne stiamo preoccupando e occupando?

La politica siciliana, a parte le chiacchiere, se ne occupa poco (e dire che il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, è un appassionato di agrumicoltura).

Se ne stanno occupando, invece, gli agricoltori, che stanno cambiando i portainnesti, eliminando l’Arancio amaro, particolarmente sensibile alla Tristeza.

Che significa questo? Che in Sicilia c’è un’oggettiva riduzione della produzione provocata dai tanni prodotti dalla Tristeza e dai rimedi adottati dagli agricoltori siciliani, che là dove è presenta questa malattia virale (soprattutto nella parte orientale dell’Isola, mentre a Ribera, importante centro di produzione di arance bionde Washington Navel non ci risulta che la Tristeza abbia provocato danni.

La riduzione della produzione di arance siciliane dovrebbe aver fatto schizzare i prezzi all’insù. Ma non è così appunto perché in Sicilia entrano, senza alcun controllo arance non soltanto dal Nord Africa, ma anche dalla Spagna, Così come entrano limoni argentini o dell’est europeo. Prodotti talvolta spacciati per agrumi siciliani.

Insomma, la confusione è tanta, sotto il cielo dell’agrumicoltura siciliana. Chi si salva? Solo i bravi agricoltori, che si organizzano da sé, a prescindere da Regione, Stato e Unione Europea.

P.s.

Detto questo, dobbiamo dissentire dalla posizione espressa dalla presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, Federica Argentati. In questo momento, mentre è in corso l’azione di contenimento della Tristeza il problema si pone relativamente. Ma va detto che competere con Paesi dove la manodopera costa il 90% in meno rispetto al nostro Paese – una manodopera che non è esagerato definire schiavizzata – è impossibile. A meno che – cosa che purtroppo succede – allo ‘schiavismo’ di certe aree del mondo non si risponda con il ‘caporalato’: ma noi non siamo d’accordo. 

Non c’è che un modo, allora, per opporsi a chi fa agricoltura a costi bassi sfruttando i lavoratori e utilizzando, spesso, pesticidi che l’Europa ha bandito da decenni perché dannosi per la salute umana: i dazi doganali e i controlli sulla salubrità dei prodotti agricoli in entrata. 

Foto tratta da agrumiweb.com

 

QUI UN VIDEO SULLA CRISI DELLE ARANCE ROSSE IN SICILIA

 

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