La crisi finanziaria della Sicilia: Regione, ex Province e circa 300 Comuni verso il fallimento

25 settembre 2018

Sono venuti al pettine i nodi frutto dei ‘Patti scellerati’ firmati dall’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, con il Governo Renzi nel 2014 e nel 2016. La crisi finanziaria di una Regione in sostanziale default sta trascinando nel baratro Comuni ed ex Province. Difficilmente la Corte dei Conti farà altri sconti a Musumeci, Armao & compagni. Le previsioni di Paolo Amenta su Comuni e ex Province si stanno avverando  

Nessun esponente della vecchia politica siciliana vuole ammettere che il sistema Sicilia  sta fallendo. E’ in sostanziale default la Regione siciliana. Stanno fallendo, una dietro l’altra, le nove ex Province siciliane (quella di Siracusa ha già dichiarato il default). Mentre oltre 300 Comuni dell’Isola non hanno ancora approvato i consuntivi 2017 e, di conseguenza, nemmeno i bilanci di previsione 2018: in pratica, sono a un passo dal default!

In questi casi le dimissioni dei vertici di queste istituzioni dovrebbero essere automatiche. Invece non succede nulla. Tutto procede come se nulla stesse accadendo!

Con una forzatura, si potrebbe parlare di un sistema Sicilia vicino a una particolare ‘bancarotta’. Che, per definizione, nell’ordinamento italiano, è un reato consistente nella sottrazione del proprio patrimonio alle pretese dei creditori. Nel sostanziale default creato, a tutti i livelli istituzionali, in questi anni dalla vecchia politica siciliana – di centrosinistra e di centrodestra insieme – i “creditori” ai quali viene sottratto il patrimonio sono i cittadini siciliani. Vediamo il perché.

Il “patrimonio” che viene sottratto oggi ai siciliani è rappresentato dal lavoro che l’attuale sistema creato da centrodestra e centrosinistra nega ai cittadini e dai servizi che vengono negati agli stessi cittadini. Detto in parole semplici, i cittadini siciliani che pagano ancora oggi le tasse (perché ci sono quelli che non le pagano più perché diventati poveri) ricevono, in cambio, solo una parte dei servizi, in molti casi di pessima qualità.

Quando scriviamo che il sistema Sicilia è fallito non ci riferiamo soltanto ai Bilanci di Regione, ex Province e Comuni in sostanziale default: questo è anche vero, ma noi ci riferiamo al fatto che Regione, ex Province e Comuni della nostra Isola non sono più in grado di fornire servizi ai cittadini.

Il caso più eclatante di cittadini siciliani lasciati senza servizi è quello degli studenti disabili: la scuole siciliane, nei giorni scorsi, hanno aperto i battenti, ma gli studenti disabili sono rimasti a casa perché, grazie alla legge nazionale sulla ‘riforma’ delle Province, che porta il nome dell’ex Ministro Graziano Delrio, applicata anche in Sicilia, le stesse Province sono state lasciate senza soldi e non sono nelle condizioni di assicurare questo servizio.

Dopo che è scoppiato il ‘caso’ la Regione ci ha messo una pezza e, con il solito ‘magheggio’ di bilancio, dovrebbero aver trovato il modo per far spuntare da qualche parte i soldi per gli studenti disabili.

Attenzione: quello degli studenti disabili è solo uno dei tanti ‘casi’ di spesa sociale ridotta o interrotta in Sicilia. In quasi tutti i Comuni della nostra Isola i servizi sociali sono in sofferenza e, anche se nessuno lo dice, ad essere abbandonate sono le categorie più deboli: anziani e malati.

Altri due casi eclatanti d servizi negati ai cittadini siciliani sono rappresentati dalla Formazione professionale e dai servizi del lavoro. Qui i fatti sono ancora più gravi, perché le risorse per finanziare questi due settori ci sono: non sono, infatti, fondi di una Regione siciliana quasi fallita: sono fondi europei che la vecchia politica siciliana non ha voluto spendere perché ha provato e continua a provare a sbarazzarsi degli 8 mila dipendenti di questi due settori per sostituirli con ‘truppe fresche’.

Di fatto, siamo davanti a una cinica operazione clientelare dalla vecchia politica di centrodestra e di centrosinistra, con la connivenza di sindacati peraltro coinvolti, se non collusi, con la malagestione di questi due settori: mala gestione solo in parte colpita da provvedimenti giudiziari.

Va notato che la malapolitica siciliana rappresentata da centrodestra e centrosinistra non solo ha gettato in mezzo alla strada 8 mila persone, non solo vorrebbe sostituirle con altri soggetti di provata fede politica (ed elettorale: non dimentichiamo che nella primavera del prossimo anno si vota per le elezioni europee), non solo vorrebbe privatizzare i servizi del lavoro (in antitesi con la linea del Governo nazionale che a Roma, con il Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, punta a rilanciare i Centri per l’impiego pubblici: passaggio indispensabile per mettere in atto il Reddito di cittadinanza), ma, da cinque anni lascia migliaia di giovani siciliani senza Formazione professionale!

Qualche giorno fa ha fatto ‘notizia’ la notizia che la Sicilia è la prima Regione italiana per numero di giovani Neet, cioè ragazzi che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Ma se frequentare l’università oggi costa un sacco di soldi, se in Sicilia il lavoro non c’è e se a questo si aggiunge il fatto che, da cinque anni, la Regione nega la Formazione professionale i giovani siciliani che non emigrano che cosa dovrebbero essere, in larga parte, se non Neet?

E tutti questi Neet non sono forse anche il prodotto dei politici siciliani di centrosinistra e di centrodestra che, negli ultimi cinque anni (l’attuale, in realtà, sarebbe il sesto anno: e siamo già a fine settembre), hanno bloccato la Formazione professionale e le politiche del lavoro per disfarsi cinicamente di 8 mila persone da sostituire con propri amici & sodali?

Ora sembra che gli 8 mila dipendenti di questi settori si accingerebbero a dare vita a una class action contro la Regione che non ha utilizzato i fondi europei. Giustissimo. Ma il pessimismo è d’obbligo, perché un’altra class action per la mancata applicazione della legge regionale n. 24, mai abrogata, è finita nel ‘dimenticatoio’.

Sembra che in certi settori della vita pubblica siciliana la Giustizia non sia di questo mondo. Il responsabile dell’Unione Sindacale di Base, Costantino Guzzo, sulla propria pagina Facebook, già da qualche mese, denuncia fatti gravissimi. Ma non succede nulla…

Un altro caso eclatante di servizi ai cittadini negati è rappresentato dal caos nella sanità. In queste ore le cronache raccontano di una donna colpita da infarto che avrebbe dovuto ricevere delle cure urgenti e che, a detta dei suoi familiari, è rimasta chiusa in ascensore per un quarto d’ora per poi morire poco dopo!

La storia è incredibile. I vertici dell’ospedale negano. Ma la versione fornita dai vertici dello stesso ospedale è quanto meno bizzarra: l’ascensore – si giustificano – mentre trasportava la donna in gravi condizioni, sarebbe stato prenotato da altri ‘utenti’.

Da qui la domanda: ma l’ascensore di un ospedale dedicato ai malati che collega i vari reparti tra loro da chi può essere prenotato se non dallo stesso personale medico? O forse l’ascensore che serve ai malati gravi può essere prenotato da utenti comuni? Per non parlare della versione dei familiari della donna deceduta che raccontano, invece, di un ascensore che faceva su e giù…

L’ascensore di questo ospedale che fa su giù con una donna colpita da infarto, in realtà, è la spia di uno sfascio della sanità siciliana che tocca ormai livelli incredibili. Dove i medici e gli infermieri sono le prime vittime di un sistema folle creato dalla politica.

Tutto questo succede perché, da anni, a fronte degli scippi finanziari operati dallo Stato ai danni della Regione, i governanti siciliani – di centrodestra e di centrosinistra – invece di andare a sbattere i pugni a Roma, utilizzano i fondi degli ospedali pubblici per pagare spese che non la sanità c’entra poco o nulla.

Con i soldi degli ospedali pubblici siciliani hanno pagato le rate dei mutui; hanno pagato gli stipendi ai dipendenti di qualche società regionale; hanno pagato l’ARPA, sigla che sta per Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, che svolge compiti che potrebbero essere svolti dagli Uffici delle Aziende sanitarie Provinciali (ASP).

Invece ci teniamo l’ARPA – che fa capo a un’altra branca dell’amministrazione regionale (l’assessorato al Territorio e Ambiente) – ma i 40 milioni di euro all’anno per tenere in piedi la ‘barracca-ARPA? li tolgono agli ospedali pubblici!

Detto questo, va ricordato perché la Regione siciliana è in sostanziale default, trascinando nel proprio fallimento finanziario anche le ex Province e i Comuni.

Ricordate il Governo regionale di centrosinistra a ‘trazione’ PD di Rosario Crocetta? Ricordate il Governo nazionale di Matteo Renzi? Ricordate i ‘Patti scellerati‘ Renzi-Crocetta del 2014 e del 2016? Una caterva di soldi, di pertinenza regionale, sono finiti a Roma. Con la ‘benedizione’ del PD siciliano e con il silenzio del centrodestra siciliano.

Nel 2014 la Regione siciliana aveva vinto alcuni contenziosi con lo Stato. Ma Crocetta e il PD siciliano hanno detto che ‘sti soldi potevano pure restare a Roma: e lì –  Roma – sono rimasti.

Ricordate la riscrittura truffaldina delle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto? Altri soldi scippati alla Regione siciliana, a ‘cura’ di centrosinistra e centrodestra.

Ricordate cosa è avvenuto lo sorso gennaio? In forza dei ‘Patti scellerati’ firmati da Crocetta il Governo nazionale mette in atto lo scippo di 800 milioni di euro di IVA? E cosa fa il Governo regionale di Nello Musumeci in carica già da qualche mese? Tace!

E sapete perché tace? Perché, in quel momento, Musumeci è alleato di Berlusconi che è alleato di Renzi. Due mesi dopo – il 4 marzo – si sarebbero celebrate le elezioni politiche. Renzi e Berlusconi pensavano di andare a governare insieme l’Italia. Renzi pensava di confermare il 30% del ‘suo’ PD;  Berlusconi dava a Forza Italia un bel 18-20%.

Pensavano di vincere le elezioni politiche nazionali. Così Musumeci, davanti allo scippo di 800 milioni di IVA da parte del Governo Gentiloni, è rimasto zitto. Poi sappiamo com’è finita: Renzi e Berlusconi hanno perso le elezioni e la Regione siciliana è rimasta con il….

Queste cose le racconta, per filo e per segno, Nientedipersonale.com (QUI L’ARTICOLO CHE VI CONSIGLIAMO DI LEGGERE).

Oggi, dopo che Musumeci e l’assessore al Bilancio, Gaetano Armao, a gennaio, sono rimasti zitti davanti allo scippo di 800 milioni di euro, la regione è nell’impossibilità di mettere su la manovra 2019.  Come abbiamo scritto quando è stata approvata, la legge regionale di stabilità 2018 non è veritiera.

Non siamo i soli a pensarla così. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che ‘mezza’ Corte dei Conti per la Sicilia (quella che non fa sconti a nessuno) avrebbe voluto bloccare i conti della Regione. L’altra metà della Corte dei Conti – la parte storicamente ‘magnanima’ – ha detto: “Vabbé, per questa volta perdoniamoli, ci hanno assicurato che non lo faranno più…”.

Peccato che Musumeci e Armao, dopo essere andati a Roma in ‘pellegrinaggio della speranza’ (a caccia di soldi); e dopo essere tornati con il ‘carniere’ vuoto, vorrebbero comportarsi come quei bambini, padroni del pallone che, non potendo vincere sul campo, prendono il pallone e se lo portano via perché il gioco non gli conviene più…

Infatti, quando i magistrati della Corte dei Conti hanno dato il via libera alla manovra 2018, lo scorso maggio, hanno detto a Musumeci e ad Armao: “Però sistemate le cose”.

“Ci mancherebbe!”, hanno risposto zelanti presidente e assessore.

Che sono “le cose”? Niente di grave: appena 2 miliardi di euro che si comportano come gli elettroni nella molecola del benzene: ci sono e non ci sono. In chimica organica questa condizione si chiama “risonanza”. La differenza è che, mentre la “risonanza”, nel benzene, contribuisce alla stabilità della molecola, nel Bilancio della Regione la “risonanza” di questi 2 miliardi – che ora ci sono e ora non ci sono – crea qualche piccola instabilità…

Ne hanno fatto le spese – l’abbiamo ricordato – gli studenti disabili: le ex Province, che debbono assicurare il trasporto a scuola, sono passate dalle parti del Bilancio della Regione quando i 2 miliardi sparivano…

Oggi Musumeci e Armao dovrebbero sistemare “le cose”: ovvero preparare un taglio di 2 miliardi di euro. Ma non possono farlo, sennò mezza Sicilia si trasformerebbe nella Bastiglia in fiamme.

Invece di chiamare gli amici del PD e ricordare, insieme, quando il Governo Renzi svuotava le ‘casse’ della Regione siciliana e loro stavano zitti (Armao, in realtà, che qualche anno fa ha vissuto la fase ‘indipendentista’, qualcosa diceva: poi, però, ha arraffato il posto nel Governo grazie a Gianfranco Miccichè e non ha più molto da aggiungere), Musumeci e Armao vorrebbero ‘spalmare’ i 2 miliardi in trent’anni, magari in ottant’anni, come ha fatto Matteo Salvini con i 49 milioni di euro…

Un altro personaggio è Salvo Pogliese, che non è stato deputato regionale e poi parlamentare europeo: al contrario, su un ippogrifo, ha passato cinque o sei anni in giro per il cosmo. Qualche mese fa, suo malgrado, è ‘atterrato’ sulla doppia poltrona di sindaco di Catania e di sindaco della Città Metropolitana di Catania, cioè dell’ex Provincia di Catania alla quale – come è successo a Palermo e a Messina – hanno cambiato pomposamente il nome.

Leggete cos’ha ‘scoperto’ Pogliese (dichiarazione su La Sicilia) a proposito dell’ex Provincia di Catania:

“Non abbiamo approvato il bilancio 2017, neanche il consuntivo 2018, in più esiste il prelievo forzoso dello Stato che grava su tutte le ex Province siciliane. Noi siamo andati avanti grazie a un avanzo di amministrazione enorme, frutto di una gestione oculata negli anni ed esaurito nel 2016, sul quale non possiamo più contare: siamo fiduciosi sull’esito del tavolo tecnico aperto tra la Regione e lo Stato per superare la legge Delrio e permetterci di affrontare questa impasse”.

Incredibile: Pogliese si è accorto che lo Stato e la Regione siciliana hanno fatto fallire l’ex Provincia di Catania! E fino d oggi dov’è stato? Ah vero, sull’ippogrifo, nel cosmo…

La Sicilia riporta anche la dichiarazione di Francesco Schilirò, Ragioniere generale dell’ex Provincia di Catania:

“L’errore di fondo sulla riforma delle Province, con la legge Delrio che ne prevedeva la cancellazione, è stato non partire dai servizi: si sarebbe dovuto quantificarli e trovare la forma più efficiente per svolgerli ai vari livelli alternativi. Spostare i servizi avrebbe dovuto prevedere un uguale spostamento di risorse, cosi non è stato. Mettendo un’entrata annuale per la Città Metropolitana di Catania di 85-100 milioni di euro, contando che allo Stato ne paghiamo 65 milioni, l’ente avrebbe dovuto chiudere. E di fatto l’intenzione era questa”.

Ma, di grazia, il dottore Schilirò dove si trovava quando sindaco metropolitano era Enzo Bianco? E dov’era quando il Governo Crocetta massacrava le finanze della pubblica amministrazione siciliana, lasciando campo libero a Roma? Tutti adesso, questi signori, ritrovano la favella?

“La riforma non è andata avanti – prosegue Schillirò – la Regione Sicilia (presidenza Crocetta) ha fatto un accordo con lo Stato che prevedeva gli impegni di rinuncia al contenzioso che avremmo vinto, e la garanzia del funzionamento delle Province: sono tante le competenze delle Città metropolitane che avrebbero dovuto essere quantificate una per una, per dare personale, soldi e attrezzature. Un accordo tra l’altro secretato e che non è stato rispettato. Siamo in un limbo in cui lo Stato si prende i soldi con il prelievo forzoso e la Regione non ha pensato al funzionamento dei servizi. Confidiamo nel nuovo Governo regionale, che già ha fatto qualcosa di concreto con il tavolo tecnico Stato-Regione in corso, con il quale sembra ci sia la volontà di rivedere le condizioni finanziarie. Già avere un organo politico orientato sulla revisione degli ambiti per la gestione dei servizi è importante, e confidiamo porti i risultati sperati”.

Proprio sulle ex Province, quanto tutti questi signori tacevano, parlava invece Paolo Amenta, vice presidente dell’ANCI Sicilia, che da quasi tre anni denuncia gli scippi finanziari ai Comuni e alle ex Province.

Riportiamo un passo di una nostra intervista ad Amenta, proprio sulle ex Province siciliane:

Lei, Amenta, come chiama le Province siciliane?

“Le chiamo Province o Città metropolitane nel caso di Palermo, Catania e Messina. E Consorzi di Comuni nel caso delle altre sei Province”.

Di fatto, ormai, ve ne occupate voi dell’ANCI.

“Di fatto sì. Ormai le Province sono o dovrebbero essere amministrate dai Comuni. E quindi ce ne occupiamo noi”.

Cominciamo con la Provincia di Siracusa, che è un po’ il paradigma di quello che sta succedendo alle Province o ex Province siciliane.

“Cominciamo pure dalla Provincia di Siracusa. Ma con una precisazione: che la crisi finanziaria non riguarda solo la Provincia o, che dir si voglia, il Libero Consorzio dei Comuni della Provincia di Siracusa, ma tutt’e nove le Province della Sicilia. Alle spalle abbiamo cinque anni di commissariamento e l’applicazione, sulla carta, della legge di riforma che porta il nome del Ministro Graziano Delrio. Una legge che ha assegnato alle Province ‘riformate’ competenze importanti su scuole, strade, disabili e via continuando, senza, però, assegnare le risorse finanziarie”.

Scusi, si riformano le Province, gli si assegnano le competenze e non si erogano i fondi per consentire a queste amministrazioni pubbliche di occuparsi dei settori che gli sono stati assegnati?

“Di fatto è così. La Provincia di Siracusa – della quale voi vi siete occupati nei giorni scorsi – per gestire le competenze che le sono state assegnate con la legge Delrio avrebbe bisogno di 50 milioni di euro all’anno. E invece le entrate assegnate alla Provincia di Siracusa ammontano, sulla carta, a 20 milioni di euro”.

Non è un po’ strano che Stato e Regione assegnino a una Provincia competenze per 50 milioni di euro all’anno e poi prevedano di erogare solo 20 milioni di euro all’anno!

“Magari fossero 20 milioni”.

Che significa?

“Significa che dei 20 milioni di euro previsti per la Provincia di Siracusa lo Stato si tiene 16 milioni di euro per il risanamento dei conti pubblici”.

Ma è una follia?

“E lo dice a me? Certo che è una follia! La Provincia di Siracusa conta circa 500 dipendenti più 80 dipendenti delle società partecipate. Solo per retribuire questo personale servono 18 milioni di euro all’anno”.

Questo significa mettere una pubblica amministrazione nelle condizioni di non potere operare e di non potere pagare i dipendenti!

“E infatti è quello che è successo. A voi risulta che le Province siciliane, in questi anni, siano state messe nelle condizioni di operare? Quasi tutte le strade provinciali della Sicilia sono state abbandonate. Per non parlare della manutenzione degli edifici scolastici. O dei controlli sull’ambiente. Lasciamo perdere…”.

Ma allora, in questi cinque anni, cosa hanno fatto i circa 6 mila dipendenti delle Province siciliane?

“Questa è una bella domanda. Se non hanno potuto lavorare, se le strade provinciali sono state abbandonate, se non si sono potuti occupare della manutenzione degli edifici scolastici e via continuando con le competenze che – come ho ricordato, la legge assegna alle Province riformate – la responsabilità non è certo del personale. Anche se un problema erariale, a mio modesto avviso, si potrebbe configurare”.

Lo scenario è uguale anche nelle altre otto Province?

“I problemi finanziari, l’ho detto, riguardano tutt’e nove le Province della Sicilia. Anche se a Siracusa lo scenario è più grave: non a caso siamo già alla dichiarazione di dissesto”.

Il dissesto arriverà anche alle altre otto Province o ex Province?

“Se non interverranno novità penso proprio che il dissesto nelle altre otto Province sarà inevitabile”.

Ma come hanno fatto fino ad oggi le nove Province siciliane a pagare gli stipendi al personale?

“Facendo i salti mortali tra residui e trasferimenti a singhiozzo. In ogni caso, pagando il personale con ritardo. Con enormi disagi per queste persone e per le loro famiglie”.

Sui 300 Comuni siciliani senza Bilancio trovate gli articoli in calce.

Che c’è da dire alle fine di questo nostro approfondimento?

Non possiamo non segnalare la scorrettezza intellettuale degli esponenti del centrodestra e del centrosinistra della Sicilia.

Qualche giorno fa il sindaco di Palermo e presidente di ANCI Sicilia, Leoluca Orlando, ha inscenato una gazzarra perché l’attuale Governo nazionale avrebbe scippato 200 milioni di euro alle periferie di alcune città dell’Isola.

Per 200 milioni di euro Orlando ha rilasciato dichiarazioni di fuoco. Invece quando la sua parte politica – il PD – massacrava le finanze regionali, strappando a Regione, ex Province e Comuni non 200 milioni di euro, ma decine di miliardi di euro, taceva.

E tacevano gli altri esponenti di centrodestra e centrosinistra.

Il nostro augurio è che il ‘tavolo’ romano di cui parla Schilirò venga sbaraccato dall’attuale Governo nazionale. Se il Governo nazionale vuole veramente salvare la Sicilia deve fare affogare fra le proprie contraddizioni e la propria malafede gli ascari che oggi hanno in mano la Sicilia.

Dicono che Armao è bravo? Lo dimostri. Se è bravo, non chiede soldi a Roma e convinca i magistrati della Corte dei Conti ad avallare altre ‘magie’.

QUI L’INTERVISTA CON PAOLO AMENTA

QUI L’ARTICOLO DEL LA SICILIA

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