Lo strano caso delle dighe siciliane a perdere, con i Governi regionali che non chiedono fondi a Roma…

16 gennaio 2018

Che la Sicilia sia entrata in quella che l’ecologo Silvano Riggio chiama “bolla sahariana” è un fatto ormai acclarato. Ma che sulla crisi idrica siciliana aleggino fatti che definire strani è poco è altrettanto vero. Il caso delle dighe che si riempono d’acqua e poi vengono svuotate deve fare riflettere. I retroscena di una storia con molte ombre e pochissime luci

Qual è la verità sull’emergenza idrica in Sicilia? I Nuovi Vespri hanno più volte affrontato questo tema. Ce ne siamo occupati nella primavera dello scorso anno (COME POTETE LEGGERE QUI). E abbiamo raccolto l’allarme lanciato dal docente universitario di Ecologia all’Università di Palermo, Silvano Riggio, che danni parla di desertificazione della Sicilia (COME POTETE LEGGERE QUI).

Il 27 luglio dello scorso anno, a proposito di quello che stava succedendo in Sicilia già allora in emergenza idrica, il professore Riggio dichiarava a questo blog:

“Succede che si sta verificando quanto previsto trent’anni fa: la desertificazione che avanza. La Sicilia, Palermo in testa, è già inglobata nella bolla sahariana. E che si fa a Palermo? Si tagliano alberi per fare posto al Tram. E si butta in mare l’acqua depurata…”.

In quest’altro passaggio il professore Riggio è ancora più esplicito:

“Ripeto: la desertificazione della Sicilia è stata prevista trent’anni fa. E’ la politica che ha ignorato questo problema. Ora, però, gli effetti cominciano ad essere pesanti: oltre al caldo, che in certi giorni d’estate è insopportabile, c’è anche la siccità. Manca l’acqua e cosa fanno gli amministratori della cosa pubblica? Decidono di buttare in mare l’acqua del depuratore di Acqua dei Corsari! Hanno realizzato una condotta sottomarina e la buttano in mare”. (in calce l’intervista per esteso al professore Riggio). 

Abbiamo anche segnalato una questione che, chissà perché, rimane confinata nel mondo degli addetti ai lavori: è come se i potenti della nostra Isola avessero deciso che, certe notizie, non debbono circolare troppo. Il riferimento è alle circa cinquanta dighe presenti in Sicilia che, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono svuotate.

Va detto che in Sicilia le piogge non mancano: certo, piove meno e le piogge sono spesso di breve durata e torrenziali. Tant’è vero che non sono mancate le inondazioni.

La prova di ciò è data dal fatto che, in Sicilia, gli agricoltori lamentano, contemporaneamente, i danni per la siccità e i danni per le inondazioni. Piogge torrenziali e siccità, entrambe dannose per l’agricoltura: caratteristica, questa, che lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrive nelle pagine de Il Gattopardo.

Ma oggi l’argomento non è questo. Oggi vogliamo porre qualche domanda al nuovo Governo regionale. Con una breve premessa.

Noi pensavamo che anche le dighe presenti in Sicilia consegnate a Sicilacque spa insieme con il cosiddetto ‘Sovrambito’ (grandi condotte, dighe, potabilizzatori) fossero gestite dalla stessa Sicilacque.

Sicilacque spa, per la cronaca, è la società alla quale la Regione ha affidato la gestione delle acque in Sicilia (COME POTETE LEGGERE QUI).

Non tutte le dighe della nostra Isola sono gestite da Sicilacque. E ci hanno pure spiegato che le stesse dighe gestite da Sicilacque presentano una gestione particolare: la società gestisce l’acqua di tali dighe, ma non le stesse dighe!

Delle dighe si occupa, o si dovrebbe occupare il Governo nazionale attraverso i propri uffici (la Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche, che fa capo al Ministero della Infrastrutture).

Qual è la notizia? La notizia che abbiamo appreso informalmente è che la Sicilia non partecipa alle riunioni convocate a Roma per affrontare i problemi legati alle dighe. E – almeno negli ultimi anni – non ha mai chiesto fondi per sistemare le dighe siciliane oggi in buona parte abbandonate: o lasciate a metà, o prive di manutenzione.

In questo caso la responsabilità non è romana, ma siciliana. Responsabilità che, ovviamente, non riguarda il Governo regionale che si è insediato da qualche mese. Al quale, però, chiediamo: con la vostra gestione (il riferimento è all’assessore alle Infrastrutture, Marco Falcone) è cambiato qualcosa?

Come abbiamo scritto più volte, chi gestisce alcune delle dighe siciliane le svuota gettando l’acqua in mare per scongiurare pericoli.

Non sarebbe più corretto partecipare ai tavoli romani per cercare di racimolare fondi, completare le dighe incomplete ed effettuare i lavori di manutenzione?

Non è assurdo che, mentre si parla di crisi idrica, l’acqua raccolta nelle dighe finisca in mare, emulando la follia che va in scena nel depuratore di Palermo, ad Acqua dei Corsari, che come già accennato, getta in mare 500 litri di acqua al secondo?

O forse la “crisi idrica siciliana” è voluta per gestire lucrosi appalti in regime di ‘somma urgenza’?

Da leggere:

Silvano Riggio: “La Sicilia come il Sahara”. E Palermo? Butta in mare 500 litri di acqua al secondo!

 

 

 

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