Perché per i Siciliani è importante acquistare l’olio d’oliva extra vergine dagli stessi produttori siciliani

24 maggio 2017

I produttori di olio d’oliva extra vergine della Sicilia, contrariamente a quanto è stato detto in un convegno che si è svolto nei giorni scorsi a Catania, non hanno bisogno di consorziarsi e di partecipare al grande gioco del mercato truccato dell’Unione Europea. Prima di vendere l’extra vergine fuori dalla Sicilia e all’estero, i produttori di olio extra vergine di oliva della nostra Isola debbono vendere il proprio prodotto ai Siciliani. Guadagneranno di più e non si faranno fregare dai commercianti. Le piccole aziende, oggi, sono una risorsa e non un problema. Chi dice il contrario fa gli interessi delle multinazionali

Un convegno sull’olivicoltura che si è svolto nei giorni scorsi a Catania ci offre l’opportunità di ragionare su questo settore. Partendo da una premessa: che noi non condividiamo né la ‘filosofia’ né, tanto meno, i rimedi per far crescere questo segmento dell’agricoltura siciliana venuti fuori dal citato convegno. Per illustrare il nostro punto di vista dobbiamo prima, per grandi linee, esporre quanto è stato detto qualche giorno fa.

In questo ci aiuta un comunicato stampa che racconta i lavori del convegno.

“La Sicilia con i suoi 160 mila ettari di superficie olivicola, di cui 19,4% coltivato in biologico, 350 tipi di cultivar autoctone, 6 DOP, quasi 140 mila aziende di olio e 240 milioni di euro fatturato – leggiamo nel comunicato – può certamente dire la sua in termini di numeri e qualità del prodotto, ma deve attrezzarsi per porsi come competitor internazionale e affrontare i mercati di altri Paesi, come Spagna, in primis, ma anche Tunisia, Grecia e perfino l’emergente Cile”.

Il presidente della società cooperativa APO-CIA Giosuè Catania, organizzatore dell’incontro, ha detto:

“Il nostro obiettivo è quello di poter costruire una grande Organizzazione di Prodotto (OP) che abbia valenza regionale, rappresenti i bisogni del territorio e della filiera in modo unitario e guardi con attenzione ad un mercato di qualità, dove i produttori organizzati si possano rivedere”.

Per Catania, i problemi dell’olivicoltura siciliana sarebbero legati a “una frammentazione aziendale e un individualismo diffuso”.

“Atteggiamenti da cambiare” anche per il vice presidente regionale della CIA, Giuseppe Di Silvestro, per il quale le nuove sfide vanno declinate con le parole aggregazione e qualità. “Incrementare le superfici olivicole stimolando politiche di investimenti adeguate, nonostante le insufficienze del Piano Olivicolo Nazionale e del PSR – ha aggiunto il presidente Catania – deve diventare una delle priorità per cambiare il volto del nostro comparto e renderlo attrattivo soprattutto per le giovani imprese”.

“E se la Sicilia, assieme a Puglia e Calabria è la regione più vocata, grazie al clima e terreno che conferiscono al prodotto proprietà organolettiche di altissima qualità – leggiamo sempre nel comunicato – è l’Italia tutta a giocarsi una partita importante nel panorama europeo, piazzandosi come secondo Paese produttore di olio di oliva”.

L’Italia, rispetto all’olio d’oliva, non è un Paese autosufficiente. Ed è per questo che, secondo i relatori, si dovrebbe aumentare, come già accennato, la superficie da investire ad alberi di olivo da olio.

Cominciamo a smontare la prima tesi: e cioè che l’olivicoltura siciliana si dovrebbe attrezzare per diventare “competitor internazionale e affrontare i mercati di altri Paesi, come Spagna, in primis, ma anche Tunisia, Grecia e perfino l’emergente Cile”.

Niente di più sbagliato. Come regola generale, più gli agricoltori siciliani si tengono a debita distanza dall’Unione Europea, meglio è per loro. L’unica cosa da prendere dalla UE sono le provvidenze pubbliche, il resto se lo possono tenere.

La Sicilia produce un olio d’oliva extra vergine di ottima qualità. Anzi, per essere precisi, produce una vasta gamma di extra vergine di altissima qualità. In questa fase storica l’obiettivo degli olivicoltori siciliani non deve essere quello di esportare il proprio prodotto nel resto d’Italia e, meno che mai, all’estero.

Gli olivicoltori siciliani, se vogliono guadagnare di più, debbono, in primo luogo, puntare al mercato interno, vendendo il proprio prodotto alle famiglie siciliane. E debbono farlo valorizzando i mercati contadini, i mercati locali, incentivando i cittadini siciliani a recarsi, per acquistare l’olio extra vergine di oliva, anche nelle aziende e nei frantoi.

Vanno recuperate le tradizioni. Cari olivicoltori siciliani: non ascoltate quelli che vi dicono che vi dovete consorziare: questi signori dei ‘consorzi’ e, soprattutto, delle ‘cooperative’ sono quelli che hanno impoverito l’agricoltura siciliana: sono quelli – per citare un esempio – che hanno impedito agli agricoltori di Pachino di lavorare con dignità: sono quelli che acquistano da loro il pomodorino o il datterino a 30-40 centesimi di euro al kg e se lo vanno a rivendere a 8 euro al kg nei mercati del Centro Nord Italia!

Non seguite le indicazioni di queste persone. E’ un errore gravissimo far passare l’extra vergine siciliano per i punti vendita della Grande distribuzione organizzata. Il prodotto dovete venderlo ai 5 milioni di siciliani, direttamente, senza intermediazioni. Al limite, unendovi tra di voi, ma stando lontano dai grandi consorzi.

Le tradizioni: fino agli anni ’50 e ’60 – e in alcune zone della nostra Isola fino ai primi anni ’70 del secolo passato – ogni famiglia si recava ad acquistare l’olio d’oliva a ‘bocca di frantoio’, cioè dove le olive venivano molite.

Oggi questa tradizione si va riaffermando, grazie ai mercati contadini. Oggi, quella che nei primi anni ’80, nelle facoltà di Agraria della Sicilia veniva considerata una debolezza – parliamo della frammentazione delle aziende agricole – potrebbe invece diventare un punto di forza.

Chi l’ha detto che con due ettari di oliveto bisogna per forza di cose tenersi solo ‘l’olio per casa’ e dare il resto ai ‘rigattieri’, cioè ai commercianti? Sbagliatissimo: tenetevelo voi, il vostro prodotto, e provate a venderlo per i fatti vostri. Al limite, aderite a piccole cooperative locali che abbiamo la ‘missione’ precisa di vendere il prodotto agli stessi consumatori siciliani.

Ricordatevi sempre che, oggi, chi compra siciliano aiuta la Sicilia e aiuta se stesso.

Non vi fate fregare da chi vi dice che la Sicilia “produce troppo olio d’oliva” e che “bisogna esportarlo”. Chi vi dice questo fa il gioco di chi si vuole prendere l’olio extra vergine siciliano – che è un prodotto di altissima qualità – per quattro soldi per rivenderlo a prezzi maggiorati nel Centro Nord Italia, dove le produzioni di olive da olio, al di là delle chiacchiere, si contano sulla punta delle dita.

Non vi fate fregare da chi si vuole prendere l’olio d’oliva extra vergine siciliano per quattro soldi per poi rifilare ai consumatori siciliani olio d’oliva che arriva da chissà dove venduto nelle bottiglie a 3-4 euro!

Informiamo i consumatori – perché questo gli agricoltori lo sanno già – che un olio extra vergine di oliva imbottigliato non può costare meno di 6 euro e mezzo 7 euro a bottiglia. Se costa 3-4 euro a bottiglia, riflettete: e interrogatevi su che cosa state acquistando.

Gli olivicoltori siciliani non hanno bisogno di consorziarsi, non hanno bisogno di fare squadra – se non piccole squadre per il mercato locale – e, soprattutto, debbono guardare con attenzione alle tanto celebrate DOP (Monte Etna, Monti Iblei, Val di Mazara, Valdemone, Valle del Belice, Valli trapanesi).

I produttori di extra vergine siciliani, prima di cedere il proprio prodotto a chi gli strombazza le DOP, faccia una cosa elementare: prima provi a vendere il proprio prodotto nel mercato locale e tra i suoi conoscenti. Una volta conosciuto a quale prezzo i consumatori siciliani sono disposti ad acquistare il suo prodotto lo raffronti con il prezzo che gli verrebbe riconosciuto dal circuito DOP. Se gli riconosceranno un prezzo più alto, bene.

Ma se il circuito DOP – com’è probabile – gli riconoscerà un prezzo più basso, si tenga alla larga dal circuito DOP e si affidi al mercato siciliano direttamente, senza intermediari.

Direte: nel futuro dell’olivicoltura siciliana di qualità – perché l’olivicoltura siciliana è di qualità, perché in Sicilia gli alberi di olivo ci sono davvero – c’è solo il consumo interno?

No. Sappiate che sull’Etna – dove si produce un olio extra vergine di oliva eccezionale grazie alle particolari condizioni pedoclimatiche – ci sono piccoli produttori che, su piccoli ‘fazzoletti’ di terreno, producono un extra vergine che vendono sulla rete a prezzi tre-quattro volte superiori a quelli del mercato ufficiale.

Ci sono aree olivicole della Sicilia dove produttori hanno tra le mani un tesoro e non lo sanno. Facciamo solo un esempio: Caltabellotta, provincia di Agrigento. Dove si coltiva la varietà Biancolilla e dove si produce un extra vergine di Biancolilla in purezza. Per carità: è un prodotto che è sempre stato venduto bene. Ma potrebbero fare di più, non mettendolo nelle mani di ‘consorzi’ e ‘cooperative’, ma auto promuovendolo sulla rete. E vendendolo, sempre sulla rete, come fanno sull’Etna.

La Sicilia, anche nell’olivicoltura, ha un vantaggio: è una regione dove prevalgono le colline e le aree montuose. E le colline e le aree di bassa montagna sono l’ideale per piccole aziende olivicole che producono extra vergine di qualità.

Ricordiamoci che, man mano che si va verso l’altro – ovviamente non superando certe altezze – la qualità dell’olio d’oliva extra vergine migliora.

Non date retta ai ‘profeti’ dei ‘consorzi’ e delle medie e grandi ‘cooperative’: anzi ricordatevi che, oggi, in agricoltura, i consorzi e le cooperative medie e grandi sono funzionali alle multinazionali e alla globalizzazione ‘selvaggia’: due ‘nemici’ che dovete assolutamente evitare!

Ricordatevi che, lo scorso anno la produzione, causa avverse condizioni climatiche (e a causa di problemi fitosanitari legati spesso allo stesso clima) la produzione di olio d’oliva siciliano si è ridotta del 60-70%. Ma ricordatevi anche che i produttori hanno venduto l’extra vergine siciliano a 8 euro al kg-litro.

Ancora oggi l’extra vergine siciliano dello scorso anno si vende ad 8 euro.

I Siciliani che ancora non acquistano l’extra vergine siciliano e acquistano l’olio d’oliva nei supermercati a 3-4 euro a bottiglia comincino a domandarsi che cosa acquistano.

Quest’anno è prevista una buona produzione. E’ probabile che, a ‘bocca di frantoio’, l’extra vergine di oliva non costi più di 4-5 euro al kg-litro.

Cari siciliani, già a partire da novembre acquistate il vostro olio d’oliva extra vergine dai produttori e nei frantoi siciliani e non nei supermercati!

 

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