Franco Busalacchi: ecco il mio programma per governare la Sicilia (parte prima)

30 marzo 2017

Da oggi I Nuovi Vespri comincia a pubblicare il programma di governo di Franco Busalacchi, candidato alla Presidenza della Regione siciliana per la lista che porta il nome di questo blog. Mentre le altre forze politiche parlano di alleanze, di posti nelle liste, di tradimenti, noi preferiamo parlare delle cose che si devono fare. Cose concrete. Rivolgendoci non ai partiti, ma a tutti i Siciliani, con particolare riferimento ai giovani ai quali vogliamo dare un futuro nella propria terra 

“Bisogna lottare con tutte le proprie forze contro la morte del giorno”, dice il poeta. Missione suggestiva, direte, ma impossibile. Concentriamoci perciò su quello che dobbiamo e dunque possiamo fare.

Franco Busalacchi

Lo stralunato accrocco di politicanti che balla, salta e canta ad ogni schiocco di frusta dei propri affabulatori di riferimento, romani e non, quell’accrocco che, in questi tempi per loro amarissimi, un giorno si frantuma e l’altro si rintreccia, che passa e ripassa il fosso, che è entrato all’Assemblea regionale siciliana da duro oppositore e che si è scoperto morbida maggioranza o viceversa, ebbene, adesso che il pettoruto rivoluzionario di cartapesta che usurpa il nome e il ruolo di presidente della Regione rischia di finire la sua gloriosa carriera sommerso dalle risate del mondo intero, ebbene, quell’accrocco tenta di rifarsi una verginità, contando sulla poca memoria dei siciliani e (si illudono) sulla loro poca intelligenza.

E’ una coazione a ripetere. C’è chi si pente, ma con prudenza, pronto a ripentirsi, c’è chi cerca un presidente, chi offre presidenti, chi è già presidente, chi cerca alleati, “… ma deve essere chiaro che …”, chi si offre come alleato, ” …. però a condizione che …”.

Nessuno pensa alla Sicilia che brucia (in tutti i sensi), a nessuno viene in mente di costruire un progetto, di proporre un percorso, di indicare priorità e poi cercarsi i compagni di strada. No, prima cercano di sopravvivere tirando a campare fino alla fine della legislatura, “accontentandosi” di 20 mila Euro al mese e poi provando a rivincere le elezioni. Tanto, come al solito, ci penserà Mamma Roma.

Eh no! Non funzionerà così! E’ mai possibile che i siciliani debbano vivere di elemosina solo perché la sua classe politica non sa fare altro che elemosinare? Mi rifiuto di crederlo. Basta pensare a tutte le intelligenze che operano qui e altrove, fuori dalla Sicilia, che si sono costruite il proprio futuro nonostante le miserie morali a cui i loro governanti li hanno costretti.

Tra poco, quando il teatrino alzerà il sipario e tutti avranno le idee chiare e si saranno assestati al loro miserabile livello di compattezza possibile, verranno a chiederci i voti. Useranno tutti i sistemi, anche quelli meno ortodossi. Legioni si preparano. Si annunciano grandi investimenti che dovranno essere recuperati e fruttare. C’è chi è pronto ad investire sperando di lasciare ad altri la zappa e diventare latifondista, e c’è pure chi in partenza dalla natia banlieu spera di farsi una pinacoteca. I precedenti non mancano.

I Siciliani devono sapere che non si tratta di politica, né di destra né di sinistra, né di centro, né tantomeno di ideali, o di valori, nuovi o antichi. Questi politicanti d’accatto non sanno di che si tratta, e la prova è che hanno girato tutti i sepolcri. Sappiano, i Siciliani, che questi personaggi lottano soltanto per garantirsi quegli incassi il cui importo i loro padri hanno stabilito di darsi da sé e che incasseranno anche restando per tutto il tempo a casa! Mentre chi ci cascherà sarà accontentato con la santina di San Giuseppe della vecchia barzelletta della suorina e della escort. E questo vale per tutti, singoli, categorie, associazioni, ordini, tutti sempre anelanti.

L’ho già detto una volta, ma mi piace ripeterlo. Quando si parla di sacrifici i politici somigliano a quel padre che consegna a suo figlio 10 euro e gli chiede di fare la spesa: due litri di vino, un kilo di pasta, la salsa, il pane, la frutta. Quando Il figlio gli fa osservare che i soldi non bastano, il padre riduce la lista, salvando sempre i due litri di vino.

Il loro non va toccato. Il loro? E chi glielo ha lasciato?

Mentre la giostra gira mi sono messo al lavoro ed ecco la mia idea.

Qual è il cuore di un programma serio e concreto? Un’equazione: meno risorse alla politica (in tutti i sensi), lotta agli sprechi e loro riutilizzo per affrontare le criticità più acute.

In primo luogo i giovani. Sono tutti nostri figli. La loro realizzazione umana e sociale deve essere la nostra missione. Essi sono il futuro, incarnano la speranza. Personalmente sono convinto che se alcuni dei nostri ragazzi delinquono non lo fanno per il piacere di farlo, né tantomeno sono contente le loro madri. Ma quando la dignità è calpestata, la speranza negata, dobbiamo aspettarcelo.

Io parlo a quanti sentono il dovere di accompagnarli nel loro percorso educativo, formativo, lavorativo, utilizzando le risorse che saranno sottratte alla politica. Avremo giovani migliori e migliori politici, e questo perché più basse saranno le loro indennità (indennità, non stipendi!), maggiore sarà la certezza che lo fanno per una missione e non per lucro e neppure per abusare di privilegi ingiustificati, costosi e superflui.

Dobbiamo altresì garantire in tutti i modi possibili i giovani occupati in questa oscura fase di lavori a progetti: sappiamo tutti che questi strumenti dissimulano un rapporto di lavoro che è schiavitù; che è il paradiso di tutti i finti imprenditori con la libidine del licenziamento a vista, e che formano una schiera di lavoratori supini e che si abitueranno a subire ogni tipo di ingiustizia pur di guadagnare qualcosa per vivere.

Che cosa sarebbe invece la nostra società se tutti i sogni, tutte le aspettative, tutti i progetti di vita dei giovani diventassero realtà?

Mi sono sforzato di costruire non un libro dei sogni, che si regga su false entrate, su mirabolanti giroconti, su ipotetici contributi esterni, ma un progetto che si bilancia al suo interno, che declina una sua consequenzialità, che toglie dove è doveroso togliere e dà dove è sacrosanto dare; che ha i requisiti della bancabilità, si può dire.

Questa è la missione, che sottopongo alla valutazione e al giudizio alla società civile, innanzitutto, e poi alle categorie produttive e alle forze sindacali, pronto e disponibile a ragionare su proposte, idee e contributi. Gli indecisi debbono essere aiutati con buoni argomenti.

Di tanti immaginiamo già la risposta: noi non facciamo politica. Chi non fa politica non è libero. Per pregiudizi personali, per condizionamenti, per riconoscenza, per una aspettativa personale, per salvarsi il posto, perché sovrappone un interesse spicciolo e di parte ad un interesse generale il cui ritorno, se è più lontano nel tempo, è più gratificante dell’ormai improbabile hic et nunc.

Non basta dunque il punto in cui siamo arrivati per questa nostra egoistica inadeguatezza? Dobbiamo ancora una volta essere governati da chi non è migliore di noi?

In un documento della Conferenza episcopale italiana sul Mezzogiorno si legge:

“Lo sviluppo di un popolo si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si dispone in misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri”.

CONTINUA…

Nei prossimi post scenderemo nel dettaglio delle misure proposte per ogni singolo settore dell’economia e della pubblica amministrazione. Intanto, per chi volesse conoscere meglio Franco Busalacchi, qui trovate il suo curriculum

 

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