Le clementine lasciate sugli alberi in Puglia e le proteste degli agricoltori in Sicilia

11 marzo 2019

Piano piano gli agricoltori del Sud Italia si vanno svegliando. E cominciano a protestare. E hanno ragione, perché nel Nord Italia e a Roma gli agricoltori del Sud Italia vengono considerati come una razza inferiore che può essere massacrata: e infatti, con la ‘benedizione’ del massoni dell’Unione Europea, li stanno massacrando! La presa di posizione del parlamentare nazionale Aldo Penna

Tre manifestazioni di protesta la scorsa settimana in Sicilia. Un traballante e un po’ tragicomico accordo sul latte di pecora in Sardegna (sono quattro, negli ultimi giorni, le autocisterne piene di latte date alle fiamme in Sardegna COME POTETE LEGGERE QUI). Un malessere in tutto il mondo agricolo che cresce di giorno in giorno, come ha scritto Cosimo Gioia (QUI IL SUO INTERVENTO).

Quando parliamo di mondo agricolo non ci riferiamo solo all’agricoltura siciliana, ma a tutta l’agricoltura del nostro Paese, a cominciare dal Mezzogiorno. La globalizzazione dell’economia, infatti, sta distruggendo tutta l’agricoltura e, in particolare, l’agricoltura del Sud Italia.

Emblematico quello che sta succedendo in Puglia con le clementine Igp, sigla che sta per Indicazione geografica protetta.

“Le clementine Igp del Golfo di Taranto non si vendono più – leggiamo su un articolo pubblicato da Lavoro e commercio -. Chi le coltiva, ormai preferisce non raccoglierle e abbattere gli alberi per farne della legna. Il motivo? Il prezzo imposto dal mercato è di 50 centesimi al chilo. Troppo poco per rendere conveniente la loro raccolta. Tanto la grande distribuzione e l’industria della trasformazione sanno dove andare a parare: ci sono le arance che arrivano dal Marocco o dal Sud America sfruttando gli assurdi accordi commerciali sottoscritti dall’UE. E che costano la metà”.

La storia è sempre la stessa: prodotti agricoli che arrivano dall’universo mondo con il consenso dell’Unione Europea dell’euro. E guarda caso, i prodotti che, con il consenso della UE, arrivano in Europa a dazio zero vanno a penalizzare alcune agricolture, mentre altre produzioni vengono tutelate.

Il Sud Italia, ad esempio, viene regolarmente danneggiato: basti pensare al grano duro estero che penalizza il grano duro del Mezzogiorno; all’olio d’oliva tunisino che danneggia l’olio d’oliva extravergine del Sud Italia (per la gioia di chi ‘trasforma’ l’olio d’oliva estero in “olio d’oliva extravergine italiano” vendendolo a prezzi stracciati); agli agrumi del Nord Africa che danneggiano l’agrumicoltura del Sud Italia; al latte di pecora estero che danneggia gli allevatori del Sud Italia e via continuando.

Non è stato così per il riso di Cambogia e Birmania che danneggia, anzi, che danneggiava il riso prodotto in Piemonte, in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna: in questo caso, con il consenso dell’Unione Europea, sono stati introdotti i dazi doganali sul riso di Cambogia e Birmania: dazi che sono scattati lo scorso gennaio.

Non è vero che i dazi doganali sul riso sono stati applicati perché Cambogia e Birmania non fanno parte della UE, perché i regolamenti comunitari si possono cambiare e si possono adottare provvedimenti – ad esempio – per bloccare, o ridurre, l’importazione, in Italia, di latte rumeno e agrumi e olio d’oliva dalla Spagna.

In ogni caso, i dazi doganali, così come sono stati introdotti sul riso di Birmania e Cambogia per tutelare i produttori di riso di Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna possono essere introdotti sui pomodori e sulla passate di pomodoro cinesi, sull’olio d’oliva tunisino e su tutta l’ortofrutta del Nord Africa per tutelare gli agricoltori del Sud Italia.

La verità è che il passato Governo nazionale del PD ha tutelato l’agricoltura del Centro Nord Italia e ha affossato scientemente l’agricoltura del Sud Italia: clamorosi i casi del grano duro Senatore Cappelli scippato agli agricoltori del Sud (QUI UN NOSTRO ARTICOLO) e la vicenda – denunciata oggi da Cosimo Gioia su I Nuovi Vespri (CHE POTETE LEGGERE QUI) sulla Banca dei terreni.

La verità è che nel Nord Italia e a Roma gli agricoltori del Sud Italia vengono considerati come una razza inferiore che può essere massacrata: e infatti, con la ‘benedizione’ del massoni dell’Unione Europea li stanno massacrando!

E a proposito di agrumi leggiamo sempre nell’articolo di Lavoro e commercio:

“In soli due mesi, in Italia, sono arrivate 170mila tonnellate di clementine marocchine. E questo anche grazie alla vergognosa carenza di controlli alla frontiere e alla triangolazione con la Spagna: le arance arrivano li’ e, per magia, diventano comunitarie. E’ uno scandalo che sta affossando un pezzo importante dell’economia tarantina: da novembre 1,5 milioni di quintali di arance sono rimaste invendute, più della metà di quelle prodotte”.

“Per fermare tutto questo – si legge sempre nell’articolo – occorre rivedere le politiche commerciali della UE, subito. La riconversione economica del territorio cui il governo e il Movimento 5 Stelle stanno lavorando mette al centro proprio l’agricoltura. Ma per farlo, dobbiamo togliere ai nostri alberi e ai nostri agricoltori il cappio degli accordi commerciali di Bruxelles. Anche per questo le elezioni europee di maggio saranno una tappa fondamentale di questa sfida. Che possiamo e dobbiamo vincere”.

L’agricoltura è anche il tema trattato in un post su Facebook da Aldo Penna, parlamentare nazionale del Movimento 5 Stelle eletto in Sicilia:

“Gli agricoltori siciliani che sono scesi in piazza – scrive Penna – hanno bisogno di risposte concrete che non possono essere limitate a interventi tampone. Servono misure strutturali per mitigare gli effetti nefasti della internazionalizzazione dell’economia. Oggi tanti settori dell’agricoltura della nostra Isola si devono confrontare con Paesi che producono a costi molto più bassi. Il latte di pecora italiano che subisce la concorrenza del latte di pecora rumeno prodotto a costi di gran lunga inferiori è solo uno dei tanti casi”.

“Abbiamo davanti almeno due problemi strettamente legati – scrive sempre il parlamentare grillino -: uno economico e l’altro legato alla nostra salute. Perché molti dei prodotti agricoli, freschi e trasformati, che arrivano nell’Unione Europea contengono residui di pesticidi e di erbicidi che, da noi, o sono stati banditi perché pericolosi per la salute, o sono utilizzati in modo ridotto. Ma questi prodotti agricoli che arrivano dall’estero hanno il ‘pregio’ di costare meno: così, come in economia la moneta cattiva scaccia quella buona, in agricoltura i prodotti agricoli di pessima qualità scacciano quelli di buona qualità: ovvero i prodotti agricoli siciliani. Cosa, questa, che crea enormi problemi economici agli agricoltori siciliani”.

“Abbiamo a che fare con un problema serio che non possiamo ignorare – sottolinea sempre Penna -: perché non possiamo far morire l’agricoltura siciliana per portare poi, sulle nostre tavole, pane, pasta e dolci prodotti con grano canadese, olio d’oliva tunisino, pomodori freschi e passate di pomodori cinesi e altri prodotti agricoli coltivati chissà come e potenzialmente dannosi. Ci dobbiamo sedere attorno a un tavolo e capire cosa fare per tutelare i nostri agricoltori e la nostra salute. Avendo chiaro che, oggi, l’internazionalizzazione del commercio va moderata e vanno introdotti una tracciabilità rigorosa e accertamenti sull’origine garantita che si avvalgano anche delle tecniche per accertamento del DNA, certificando ad un tempo la provenienza e la qualità di quello che mangiamo”.

Foto tratta da carovita.it 

QUI L’ARTICOLO DI LAVORO E COMMERCIO

 

 

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