6 gennaio 1980: il ricordo di Piersanti Mattarella e i cattolici impegnati in politica/ MATTINALE 244

6 gennaio 2019

Oggi ricordiamo Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio del 1980. Lo vogliamo ricordare da un’angolazione tutta ‘politica’: partendo dal passato, certo, ma proiettando il suo messaggio nel presente, alla luce del dibattito politico attuale. Legando la sua esperienza e l’attuale momento politico al centenario del celebre appello di don Luigi Sturzo sui “Liberi e forti”: appello che, oggi, per i cattolici impegnati in politica, cade in un momento particolare 

Una vecchia foto ritrae Giuseppe D’Angelo e Piersanti Mattarella. Il primo aveva ricoperto la carica di presidente della Regione siciliana nei primi anni ’60, dopo i tumultuosi giorni del ‘milazzismo’. Il secondo era allora presidente della Regione, o lo sarebbe diventato di lì a poco (non ricordiamo, di preciso, la data di tale foto, né come e dove rintracciarla). Per chi segue fatti, personaggi e cose della politica siciliana è una foto importante. Perché mette assieme non soltanto due politici siciliani di razza, ma perché ricorda due uomini che non hanno avuto timore a sfidare la mafia.

Giuseppe D’Angelo, nato a Calascibetta, provincia di Enna, è stato tra i fondatori della DC, più volte assessore regionale e poi presidente della Regione fino al 1964. Importante – anche se solitaria – la sua battaglia contro gli esattori privati, diventati potenti grazie alle ‘concessioni’ incassate dall’ultimo Governo regionale di Silvio Milazzo (che, lo ricordiamo, guidò tre Governi regionali, uno più traballante dell’altro).

Nel 1967 – nel pieno della sua esperienza politica – D’Angelo non venne rieletto all’Assemblea regionale siciliana. ‘Punito’ dai mafiosi che – come racconteranno alcuni ‘pentiti’ molti decenni dopo – avrebbero voluto pure ammazzarlo.

Piersanti Mattarella, del quale oggi ricordiamo l’anniversario della sua barbara uccisione, avvenuta a Palermo il 6 gennaio del 1980, era molto legato a D’Angelo, tanto che contribuì non poco, nei primi anni ’70, all’elezione dello stesso D’Angelo alla guida della DC siciliana.

Piersanti Mattarella viene eletto consigliere comunale a Palermo nel 1964, quando in città impazzano Salvo Lima (sindaco) e Vito Ciancimino (assessore comunale). Sono anni bui, per il capoluogo siciliano. Ma il suo nome non sarà mai associato al ‘Sacco’ edilizio della città. Anzi forse è proprio su Palermo – sui disastri edilizi di Palermo – che il futuro presidente della Regione comincia a prendere le distanze da Ciancimino, che invece era legato a suo padre, Bernardo Mattarella, parlamentare nazionale della DC e Ministro negli anni ’50.

Piersanti Mattarella viene eletto all’Assemblea regionale siciliana, nel collegio di Palermo, giovanissimo, poco più che trentenne, nel 1967. Chi ha vissuto quegli anni ricorda che in tanti, nel suo partito, lo davano per non eletto, sia perché troppo giovane, sia perché il padre, proprio in quel periodo, era oggetto di una campagna non certo elogiativa da parte del sociologo Danilo Dolci.

Entrato nel Parlamento siciliano, Piersanti Mattarella, che aveva alle spalle una solida preparazione (era laureato in Giurisprudenza a Roma e assistente di Diritto privato all’università di Palermo), non impiega molto tempo per mettersi in luce. Lo fa anche scrivendo per un periodico d’ispirazione cattolica molto battagliero: Sicilia Domani, animato da Franco Nicastro.

Comincia sulle colonne di Sicilia Domani – periodico che è stato una fucina di idee politiche innovative – una battaglia contro il clientelismo. E contro le degenerazioni della politica. A Piersanti Mattarella – per citare una delle sue battaglie politiche – l’elezione degli assessori non piaceva proprio.

Prima della legge elettorale del 2001, che ha introdotto in Sicilia l’elezione diretta del presidente della Regione e le nomine degli assessori da parte del presidente, il presidente della Regione veniva eletto dall’Ars che, successivamente, eleggeva anche i 12 assessori. Cosa, questa, che dava luogo a un mercanteggiamento di poltrone di governo.

A Mattarella l’elezione degli assessori regionali con il ‘suk’ dei voti – “Io contribuisco a farti eleggere e tu, da assessore, mi dai questo e quello” – non andava giù. Ed è stato tra i primi – nei primi anni ’70! – a parlare e a scrivere che gli assessori avrebbero dovuto essere nominati direttamente dal presidente della Regione, anche al di fuori dell’Assemblea regionale siciliana! (cosa che oggi avviene).

Piersanti Mattarella è stato un precursore in tante battaglie che ancora oggi sono al centro del dibattito politico. Sugli assessorati regionali ha anticipato, in un certo senso, i grillini: sosteneva che dodici assessorati regionali erano uno spreco: ne sarebbero bastati – diceva – otto e, forse, anche qualcuno in meno.

Se veramente si vuole ricordare Piersanti Mattarella e comprenderne appieno il grande messaggio politico che ha lasciato alle generazioni successive, sono importanti due cose: le dichiarazioni programmatiche rese in Assemblea regionale siciliana dopo la sua elezione a presidente della Regione e il discorso pronunciato a Sala d’Ercole nel giorno in cui l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, venne in visita in Sicilia.

Piersanti Mattarella viene eletto presidente della Regione nel febbraio del 1978, dopo aver occupato, per lunghi anni, il ruolo di assessore regionale al Bilancio. Viene eletto con 77 voti su 90 (tanti allora erano i deputati dell’Ars): elezione unica nella storia dell’autonomia siciliana per il largo consenso che riscuoteva in Assemblea regionale: il segno che anche i suoi avversari lo stimavano.

Nelle dichiarazioni programmatiche ci sono temi centrali ancora oggi attuali. C’è un’idea di programmazione intesa non in termini ‘sovietici’, ovvero come pianificazione degli interventi economici sui modelli comunisti, ma come problematica ricerca delle grandi opzioni sulle quali concentrare risorse finanziarie ed energie. Messaggio oggi ancora attualissimo, visto il modo pedestre con il quale si utilizzano i fondi europei (trasformati in modo proditorio, se non truffaldino, in spesa corrente, spesso di natura clientelare!).

Se fosse vissuto, Piersanti Mattarella avrebbe veramente riformato la Regione siciliana: avrebbe riformato di certo l’attività burocratica (sui dirigenti pubblici i criteri che stava mettendo a punto erano molto rigidi: altro che legge regionale numero 10 del 2000!).

Si era messo in testa anche di avviare una grande azione di decentramento amministrativo: se fosse vissuto, oggi la Regione avrebbe meno competenze delle attuali e i Comuni avrebbero già delegato molte competenze alle Circoscrizioni.

La verità è che, con la scomparsa di Mattarella, la Regione siciliana ha interrotto un percorso che non è stato mai ripreso. In tanti, spesso, citano la sua formula diventata famosa: “la Sicilia con le carte in regola”. Questa formula è molto più complessa di come oggi viene illustrata.

Piersanti Mattarella era un uomo politico siciliano che conosceva benissimo lo Statuto: con il suo stile pacato, con molta probabilità, non avrebbe fatto le barricate per applicare l’articolo 31 dello Statuto: ma se fosse vissuto avrebbe sicuramente messo mano agli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto – leggere i rapporti finanziari tra Stato e Regione – e avrebbe applicato, in uno con la riforma della burocrazia, l’articolo 15 dello stesso Statuto.

Bellissimo il suo discorso tenuto in Assemblea regionale siciliana il giorno della visita del Presidente Pertini nella nostra Isola. Già allora Piersanti Mattarella era molto provato. Intanto, nella primavera del 1978, aveva perso il suo riferimento politico di una vita: Aldo Moro. La tremenda vicenda conclusasi con la sua uccisione, ovviamente, l’aveva molto provato.

Ma nonostante ciò – e nonostante i problemi che gli creavano i comunisti, che volevano a tutti i costi entrare al Governo della Regione, pur sapendo che gli americani non avrebbero gradito tale eventualità: ricordiamoci che si era nel novembre del 1079 – Piersanti Mattarella terrà un discorso importante, grintoso, ricco di spunti politici innovativi e, soprattutto, teso alla valorizzazione dell’Autonomia siciliana (QUI IL DISCORSI DI PIERSANTI MATTARELLA NEL GIORNO DELLA VISITA DI SANDRO PERTINI IN SICILIA).

I ricordi, ma anche il presente. Perché oggi il messaggio di Piersanti Mattarella è più che mai attuale: lo è per la necessità di rilanciare l’Autonomia siciliana: lo è per l’esigenza di una programmazione degli interventi economici che non può venire meno anche in momenti di crisi: e lo è, anche, per quello che sta succedendo dentro quella sorta di ‘teratologia’ politica nota come Partito Democratico.

Nel PD – e questo è dibattito di questi giorni – Nicola Zingaretti diventerà il segretario nazionale. E, sia perché è un ex comunista, sia per far dimenticare i danni prodotti dal renzismo, dovrà, per forza di cose, spostare a sinistra il baricentro di questo partito.

Questo significa che i cattolici che sono finiti dentro il PD – ma soprattutto gli elettori cattolici del PD – non avranno più molti motivi per restare in questo partito. Si apre, così, uno spazio di riflessione politica per i cattolici, anche alla luce del fallimento del Partito Popolare Europeo, trasformato, in questi anni, in una ‘matrioska’ con dentro gli interessi delle multinazionali, del liberismo sfrenato e del ‘rigore’ economico e monetario: l’esatta negazione del popolarismo sturziano.

Al disfacimento del PD e del PPE si associa la fine ormai prossima del PSE, il grottesco Partito Socialista Europeo che, in questi anni, ha persino superato il PPE in servilismo, diventando una sorta di ‘tappetino’ del liberismo.

Il caso vuole che, quest’anno, cada il centenario del celebre appello di don Luigi Sturzo sui “Liberi e forti”. L’appello, pietra miliare della storia dei cattolici impegnati in politica, riletto oggi, potrebbe dare ai cattolici impegnati in politica un motivo in più per ripensare il ruolo da esercitare in Italia.

Il 2019 potrebbe aprire un nuovo dibattito, provando a ritrovare lo spirito del 1919, se è vero che, allora, le parole di Sturzo chiamavano a raccolta tutti i “Liberi e forti”, senza distinzione di confessione o credenza. E l’Italia politica di oggi pullula di ‘anime’ che non sanno più a quale Santo rivolgersi (e, soprattutto, di elettori che non sanno chi votare).

Foto tratta da ilsole24ore.com

 

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