Il ‘ritorno’ degli inglesi in Sicilia con Palermo calcio. Ma ci sono anche americani, russi e tedeschi…

10 dicembre 2018

E’ un dato di fatto: la Sicilia, grazie agli ‘ascari’ che l’hanno governata (o quasi), è una ‘Colonia’. E’ sfruttata dall’Italia. Ma registra anche la presenza di Paesi stranieri. Forse siamo diventati una terra di conquista, a partire dai terreni agricoli? E’ probabile. Ma ci sono anche le miniere e i beni culturali e altro ancora  

Da qualche settimana a Palermo ci si interroga sulla nuova proprietà della squadra di calcio del Palermo. E’ stato appurato che sono inglesi. Sembra si tratti della Global Futures Sports & Entertainment che, a quanto pare, avrebbe acquisito il cento per cento della società.

C’è chi si domanda: perché gli inglesi hanno acquisito la squadra di calcio del Palermo? La risposta dovrebbe risiedere nel binomio investimenti/affari. C’è chi parla di ‘misteri’ e di altro ancora.

Noi, in questo articolo, vogliamo ricordare che gli inglesi vantano in Sicilia una lunga tradizione. Non bisogna dimenticare che l’Inghilterra, per tantissimi anni, è stata la dominatrice del Mediterraneo. E se l’Italia, nel 1860, è diventata tale, ebbene, lo si deve proprio agli inglesi che, per motivi loro – non certo per fare un piacere agl’italiani (che allora nemmeno esistevano) – hanno voluto la cosiddetta unità d’Italia.

Quando il Mediterraneo era un grande ‘lago inglese’, gli inglesi decisero di stabilire con la Sicilia un legame particolare. Non c’è bisogno di scomodare la storia di John Woodhouse, di Benjamin Ingham e dei Whitaker, famiglie inglesi importanti, che hanno giocato un ruolo importante in Sicilia. Al di là di queste storie – ribadiamo, importanti – gli inglesi comandavano in Sicilia.

I Nuovi Vespri hanno dedicato molti articoli al ruolo degli inglesi nella Sicilia del 1860. Abbiamo già pubblicato una ‘Controstoria dell’impresa dei Mille in dieci puntate (CHE POTETE LEGGERE QUI), che in realtà fu solo una sceneggiata orchestrata appunto dagli inglesi.

Ed è in corso di pubblicazione – sempre a puntate – del volume di Giuseppe Scianò “… e nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò Colonia”, Pitti edizioni Palermo (QUI TROVATE LE PRIME QUATTRO PUNTATE).

Perché ricordiamo tutto questo? In primo luogo per ricordare che gli inglesi, in Sicilia, sono di casa: e sono sempre stati di casa come ‘padroni’: e da padroni, dopo la Brexit, hanno deciso di tornare in Sicilia. Perché?

Possiamo solo provare a illustrare qualche ipotesi, senza la pretesa di presentarci con la verità in tasca.

La Sicilia di oggi – è inutile che ci giriamo attorno – è una ‘Colonia’. E’ una doppia ‘Colonia’: in parte italiana, in parte controllata, a ‘pezzi’, da Paesi esteri.

L’Autonomia siciliana non viene applicata e la Regione siciliana, che dovrebbe rappresentare lo strumento dell’Autonomia è un default non dichiarato.

Gli americani, dagli anni dell’armistizio di Cassibile, la considerano una base militare strategica. Oltre a Sigonella e ad altri presidi militari, visibili e invisibili, hanno piazzato nella nostra Isola anche il Muos.

I tedeschi, già alla fine degli anni ’80 del secolo passato, hanno opzionato le miniere di kainite, sostanza dalla quale si ricavano i sali di cloruro di potassio e, soprattutto, di solfato di magnesio (e sono proprio i solfati ai quali sono interessati i tedeschi). Da allora ad oggi nessuno in Sicilia ha riaperto la linea dei solfati: non si può. Dicono che ci penseranno un giorno i tedeschi. Che, così si sussurra, un giorno torneranno a sfruttare anche lo zolfo (la politica siciliana oggi pensa ai musei delle miniere, non a utilizzare lo zolfo…). Un altro obiettivo dei tedeschi – in corso di realizzazione – è il primato nella Grande distribuzione organizzata, guarda caso in un momento in cui questo settore sta entrando in crisi (COME ABBIAMO SCRITTO QUI). E il ritorno nel Palazzo Reale di Palermo (del quale hanno già finanziato alcuni restauri).

I russi della Lukoil si sono posizionati a Siracusa e dintorni e hanno conquistato una fetta del mercato del petrolio raffinato. E a quanto si racconta, grazie ai buoni rapporti che intercorrono tra Trump e Putin, potrebbero espandersi.

I cinesi hanno cercato di intrufolarsi in Sicilia con un aeroporto che avrebbe dovuto vedere la luce nel centro della Sicilia, nell’Ennese. Ma sono stati bloccati (non certo dai siciliani).

E adesso sono tornati gli inglesi (ammesso e non concesso che si siano mai allontanati dalla Sicilia). L’hanno fatto acquisendo la squadra di calcio del Palermo: operazione che sarà stata portata avanti anche grazie a rapporti che non vengono certo a raccontare a noi: ma è certo che, in Sicilia, non mancano avvocati di affari con il pallino degli inglesi.

Un altro elemento è sotto gli occhi di tutti: la crisi dell’agricoltura siciliana. Con un Governo regionale che non sembra in grado di fare qualcosa a sostegno di tale settore.

Benché in crisi, l’agricoltura siciliana ha grandi potenzialità: si pensi solo ai grani antichi della nostra Isola.

Da una parte ci sono tanti agricoltori siciliani in crisi, che prima o poi potrebbero decidere di vendere i terreni (per non parlare degli agricoltori indebitati già ‘aggrediti’ dai creditori, banche in testa); dall’altra parte ci sono tanti investitori stranieri pronti a entrare.

Si dirà: è l’economia globalizzata. Certo. Però se “l’economia globalizzata” entra in un’Isola che, contemporaneamente, è in crisi politica, economica, finanziaria e istituzionale qualche cosa significherà. O no?

Foto tratta da messinaweb.eu       

 

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